Assegno divorzile e convivenza

Il diritto all'assegno divorzile è sempre più incerto per l'ex coniuge più debole, se dopo il matrimonio va a convivere con un'altra persona e crea una famiglia di fatto.
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La convivenza e l'assegno divorzile nelle sentenze


divorzioIl diritto all'assegno divorzile è sempre più incerto per l'ex coniuge più debole, se dopo il matrimonio va a convivere con un'altra persona e crea una famiglia di fatto.

Il dato ci viene alla recentissima sentenza della prima sezione civile della Corte di Cassazione, la n. 6855 depositata il 3 aprile scorso. In realtà la sentenza prosegue un discorso già iniziato in altri procedimenti, portandolo a compimento.

Secondo il luogo comune, non del tutto errato, la giurisprudenza, almeno sino a oggi, era allineata nel riconoscere il diritto all'assegno divorzile al coniuge più debole, anche in presenza di nuova convivenza, se non formalizzata con il rito del matrimonio.

La cosa genera prevedibili storture, rendendo talvolta odioso per l'ex marito (di solito è lui) l'obbligo dell'assegno in caso di una nuova famiglia della ex moglie.

Egli ha presente che in sostanza, in nome del principio del dovere di assistenza, sta pagando (o almeno sta contribuendo a pagare), ad esempio, le spese dell'abitazione dove vive la nuova coppia convivente.

Peraltro, la situazione di favore viene spesso strumentalizzata dall'ex coniuge che magari, per ripicca, o per comodità, non si risposa.

La questione scoraggia molti uomini dal contrarre matrimonio, dato che oggi le incognite sul futuro del lavoro e le incongite sul futuro della famiglia sono aumentate, mentre al contempo sembra esser costante la conseguenza in caso di cattivo esito del matrimonio: pagamento dell'assegno, a spese normalmente dell'uomo.

Dato tale stato di cose, la sentenza n. 6855 citata è stata salutata con stupore da molte testate giornalistiche, ma, come dicevamo, l'inversione di tendenza era già iniziata da qualche tempo.

Andando a fare un sinteticissimo excursus, la presenza della convivenza è stata considerata, negli anni del tutto irrilevante, se occasionale e priva di miglioramenti economici (v. Cass. n. 23968/2010), oppure un semplice elemento da considerare ai fini della quantificazione dell'assegno, senza che ne venisse messo in discussione il diritto e solo se vi era un miglioramento economico e reddituale dell'ex coniuge (v.ad es. Cass. n. 24858/2008), fino a divenire elemento che esclude il diritto all'assegno, ma solo fino a che dura la convivenza nella sentenza n. 1719 del 2011 del Giudice di Legittimità: in tale ultima ipotesi, finita la convivenza, risorgeva, diciamo così, il diritto all'assegno divorzile.

Tale ultima sentenza è stata a ogni modo rilevante, perché ha fornito l'assist, per usare termini del linguaggio parlato, alla sentenza n. 6855, depositata in questo mese di aprile, la quale, a quanto stabilito dalla citata sentenza n. 17195, aggiunge solo che l'assegno non deve essere pagato, non solo se vi è una famiglia di fatto, ma anche se la convivenza da cui ha tratto origine quella famiglia di fatto viene a cessare.


L'obbligo di assegno divorzile


L'obbligo di pagare l'assegno divorzile è previsto dall'art. 5, co. 6, della legge sul divorzio (intitolata Disciplina dei casi di scioglimento del matrimonio) la n. 878/1970, per il quale la sentenza che pronuncia lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio, tenuto conto delle condizioni dei coniugi, delle ragioni della decisione, del contributo personale ed economico dato da ciascuno alla conduzione familiare ed alla formazione del patrimonio di ciascuno o di quello comune, del reddito di entrambi, e valutati tutti i suddetti elementi anche in rapporto alla durata del matrimonio, dispone l'obbligo per un coniuge di somministrare periodicamente a favore dell'altro un assegno quando quest'ultimo non ha mezzi adeguati o comunque non può procurarseli per ragioni oggettive.

Aggiungasi, per quanto qui interessa, che tale obbligo viene meno ai sensi del comma 10 dello stesso articolo in caso di nuove nozze (con la conseguente esclusione dall'ambito della norma, secondo un 'interpretazione letterale, del caso della convivenza more uxorio).


Concetto di convivenza e di famiglia di fatto


idea di convivenzaCome si è evidenziato nella importante sentenza n. 17195/2011, la moderna espressione famiglia di fatto non indica soltanto il convivere come coniugi, ma individua una vera e propria famiglia, portatrice di valori di stretta solidarietà, di arricchimento e sviluppo della personalità di ogni componente, e di educazione e istruzione della prole... e si è detto nella stessa sentenza che, ove la convivenza assuma i connotati di stabilità e continuità, e i conviventi elaborino un progetto ed un modello di vita in comune... analogo a quello che di regola caratterizza la famiglia fondata sul matrimonio: arricchimento e potenziamento reciproco della personalità dei conviventi, e trasmissione di valori educativi ai figli (non si deve dimenticare che obblighi e diritti dei genitori nei confronti dei figli sono assolutamente identici, ai sensi dell'art. 30 Cost. e art. 261 c.c., in ambito matrimoniale e fuori dal matrimonio), la mera convivenza si trasforma in una vera e propria famiglia di fatto.

A quel punto il parametro dell'adeguatezza dei mezzi rispetto al tenore di vita goduto durante la convivenza matrimoniale da uno dei partner non può che venir meno di fronte: all'esistenza di una famiglia, ancorchè di fatto. Si rescinde così ogni connessione con il tenore ed il modello di vita caratterizzanti la pregressa fase di convivenza matrimoniale e, con ciò, ogni presupposto per la riconoscibilità di un assegno divorzile, fondato sulla conservazione di esso (v. s.u. 2 punto Cass. 2003 n. 11975).


Quel diritto appartiene al passato, ma potrà tornare in futuro, insomma: si parla infatti di quiescenza del diritto all'assegno, che potrebbe riproporsi, in caso di rottura della convivenza tra i familiari di fatto (tra tante, v. Cass. n. 17195/2011).

La differenza tra il matrimonio e la convivenza sarà che la seconda, ai fini dell'esclusione dell'assegno divorzile, necessita di un accertamento e di una pronuncia giurisdizionale (v. Cass. n. 17195/2011 e Cass. n. 6855/2015).


La novità della sentenza 2015


Quali sono gli sviluppi della sentenza più recente, la n. 6855 in commento? Il più evidente è senza dubbio il fatto che in caso di cessazione della convivenza il diritto all'assegno non ritorna.

Quel diritto, si afferma, ormai si è perso, appartiene al passato, come appartiene al passato la vita matrimoniale; vi si afferma che una famiglia di fatto è espressione di una scelta esistenziale, libera e consapevole... dovrebbe essere necessariamente caratterizzata dall'assunzione piena di un rischio in relazione alle vicende successive della famiglia di fatto, mettendosi in conto la possibilità di una cessazione della rapporto tra conviventi... e va perdipiù considerata la condizione del coniuge che si vedrebbe nuovamente obbligato e che, invece, di fronte alla costituzione di una famiglia di fatto tra il proprio coniuge ed altro partner, necessariamente stabile e duratura, confiderebbe, all'evidenza, nell'esonero definitivo di ogni obbligo. Alla fine dunque, la sentenza n. 6855/2015 nega l'assegno divorzile, per la presenza di una convivenza che aveva portato a una famiglia di fatto (con la nascita di due figli) anche se quella convivenza era poi cessata.

Con questo approdo i giudici si avvicinano di molto, a parere di chi scrive, al concetto di convivenza inteso da chi quella scelta la vive nella società civile tutti i giorni sulla propria pelle: una scelta di vita che non è solo coabitazione o divisione dell'affitto, ma che assomiglia di più a un salto nel vuoto stringendosi per mano e sperando che il paracadute si apra! Ma, al contempo, i giudici si avvicinano anche a una idea di matrimonio più moderna, dove il matrimonio è sempre inteso come un atto con delle conseguenze giuridiche, ma non come un cappio al collo del malcapitato uomo.

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La convivenza può escludere il diritto all'assegno divorzile
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