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La delibera con cui l'assemblea di condominio decide di eseguire interventi all'interno delle proprietà esclusive è nulla, in quanto invade la sfera dei singoli e va ledere i loro diritti di proprietari.
Questo in sostanza il principio consolidato e riaffermato (tra l'altro) dalla sentenza n. 14300 della Corte di Cassazione dell'8 luglio 2020.
Il caso specifico su cui si è espressa la Corte, come stiamo per vedere, riguarda un intervento di miglioramento degli impianti elettrici ai sensi della Legge n. 46/1990.
In particolare, oggetto del giudizio è l'impugnazione da parte di alcuni condomini di una delibera condominiale e la contestazione (tra l'altro) della decisione, assunta secondo le regole delle maggioranze assembleari e non all'unanimità, di eseguire lavori di adeguamento dell'impianto elettrico all'interno delle singole abitazioni.
In sede di Legittimità, la Corte accoglie il ricorso proprio in riferimento alla detta contestazione.
Con il motivo di ricorso, sul punto si contesta che la deliberazione di approvazione della voce di spesa è da ritenersi nulla:
siccome conculcante i diritti dei singoli condomini sulle porzioni di proprietà esclusiva; che al riguardo nessuna valenza ha la prefigurazione in guisa eventuale e futura dei danni alle porzioni di proprietà esclusiva. Cassazione n. 14300/2020
Alla base della decisione vi è il principio secondo il quale per le norme in materia di condominio:
i poteri dell'assemblea non possono invadere la sfera di proprietà dei singoli condomini, sia in ordine alle cose comuni che a quelle esclusive Cassazione n. 14300/2020
salvo che detta ingerenza non sia autorizzata specificatamente dai condòmini, nei singoli atti di acquisto o con l'approvazione del regolamento di condominio.
Il principio, in effetti, è stato più volte affermato ed è pressoché consolidato: possiamo risalire indietro nel tempo fino alle decisioni di Legittimità nn. 9157/1991, 621/1977, 454/1974 e 2695/1969 (richiamate dalla sentenza della Corte di Cassazione n. 13780/2004).
D'altronde, la normativa condominiale esiste e si applica in ragione dell'esistenza di parti comuni che servono le unità di proprietà esclusiva secondo la previsione dell'art. 1117 c.c., e proprio al fine, in estrema sintesi, di gestire quelle parti comuni; ma la singola proprietà resta un limite insuperabile dalla maggioranza.
La Corte, nella sentenza qui in commento, richiama sul punto la decisione di Legittimità n.9157/1991, ove si specifica altresì che i condomini non possono con la maggioranza decidere di disporre una diversa collocazione delle tubazioni comuni dell'impianto di riscaldamento all'interno di in un locale di proprietà esclusiva, con pregiudizio di tale proprietà, senza conseguire il consenso del proprietario interessato.
La sentenza richiama altresì un altro precedente, quello costituito dalla sentenza di legittimità n. 26468/2007, che, richiamato il principio generale citato, esclude la nullità di una delibera condominiale di diniego dell'installazione di sul lastrico condominiale di un'antenna ricevente promessa a contratto nei confronti della società conduttrice di un immobile, posto che il regolamento contrattuale vietava la locazione ad attività commerciali, dal momento che il regolamento condominiale contrattuale vietava di destinare le unità abitative ad attività di impresa.
Nel caso di interferenza nella sfera di proprietà esclusiva del condomino, la delibera è nulla, dunque impugnabile in ogni tempo (e non entro trenta giorni come nel caso delle delibere annullabili), come ha ormai statuito da tempo la giurisprudenza (si v. la storica sentenza n. 4806/2005 delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione).
A nulla vale poi in senso contrario l'osservazione per cui la sostituzione degli interruttori era diretta solo a migliorare o ammodernare l'impianto, come invece asserito nella sentenza di secondo grado e nemmeno l'asserito carattere eventuale e futuro del pregiudizio subito dai condomini.
E infatti, anche in questo caso, la competenza dell'assemblea riguarda le cose comuni e a quelle si deve limitare.
La Corte spiega che la norma di riferimento, cioè l'art. 1120 c.c., legittima sì la maggioranza a disporre miglioramenti, ma solo limitatamente alle cose comuni.
Così prevede testualmente l'art. 1120 co. 1 c.c.:
I condomini, con la maggioranza indicata dal quinto comma dell'articolo 1136, possono disporre tutte le innovazioni dirette al miglioramento o all'uso più comodo o al maggior rendimento delle cose comuni. art. 1120 co.1 c.c.
Inoltre, osserva la Corte, il pregiudizio a carico dei condomini non è solo eventuale e futuro, ma attuale, atteso che la consulenza tecnica d'ufficio ha rilevato che alcuni condomini, se vorranno inserire altre sicurezze, dovranno sostenere ulteriori oneri per spostare gli impianti.
Con l'accoglimento del motivo di ricorso la sentenza impugnata è quindi cassata e il giudizio rinviato ad altra sezione della stessa Corte d'Appello affinché decida la questione alla luce di quanto statuito in sede di Legittimità.
In conclusione, le decisioni che coinvolgono le unità immobiliari di proprietà esclusiva non possono essere assunte solo da alcuni, secondo le regole della maggioranza, ma all'unanimità.
In realtà, come le sentenze menzionate affermano, il limite del rispetto del diritto di proprietà sussiste anche in relazione alle parti comuni.
Ad esempio, con la sentenza n. 13780/2004 si è statuito che la ricostruzione di una parte comune (nella specie un muro) secondo termini sostanzialmente diversi da quelli preesistenti, incide sulla sfera di proprietà dei singoli condomini. Considerando che i poteri dell'assemblea, individuati tassativamente dal codice civile, non possono invadere la sfera di proprietà dei singoli condomini, le relative delibere sono invalide.
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