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Un'importante facoltà concessa dall'art. 885 c.c. al comproprietario confinante è essenzialmente rappresentata dalla possibilità di innalzare un muro di confine tra due proprietà.
Il diritto di innalzamento muro di confine costituisce una lex specialis rispetto al regime della comunione, con la conseguenza che alzare muro confine senza permesso è consentito dalla legge (Cass. n. 237/1997).
Il carattere speciale della norma consente di derogare altresì anche all'ordinario regime di accessione, sicché l'esercizio di muro di confine consente l'attribuzione della proprietà separata ed esclusiva sia della sopraelevazione sia dell'area sovrastante da parte di chi abbia innalzato il muro comune, ferma restando la possibilità del vicino di chiedere la comunione del muro sopraelevato (Cass. n. 3926/1988).
In quanto norma di carattere speciale, non è suscettibile di applicazione in via analogica, con la conseguenza che il comproprietario non può utilizzare lo spazio sovrastante il muro comune in forma diversa dalla sopraelevazione, né costruire in maniera tale da impedire al vicino di utilizzare il muro secondo la sua destinazione e l'esercizio della facoltà di sopraelevazione (Cass. n. 5596/1981).
Nella casistica disciplinata dal citato articolo non rientra l'ipotesi di sopraelevazione di una costruzione non appoggiata al muro comune sul confine, da cui sporgano aggetti sull'area del muro (Cass. n. 4724/1981) e neppure la fattispecie di sopraelevazione di una costruzione unita a un'altra che condividano un muro divisorio, poiché, in tale caso, trova applicazione la normativa in materia di distanze dal confine statuite dal regolamento locale (Cass. n. 10482/1998).
Preliminarmente appare utile anteporre, seppur per brevi cenni e per tratti essenziali, la differenza tra muro di cinta e muro di confine.
Il muro di cinta è un muro che recinge il fondo, separandolo dal vicino per ragioni di sicurezza, igiene o protezione dai venti.
Tale tipologia di muro è disciplinata dall'art. 878 c.c. a norma del quale occorrono due presupposti: il muro deve essere destinato a recingere una determinata proprietà, allo scopo di separarla dalle altre, custodirla e difenderla da intrusioni e inoltre, il muro di cinta altezza massima non deve essere superiore a tre metri.
Ultima condizione affinché un muro di cinta sia considerato tale è rappresentata dal fatto che costituisca un muro isolato, le cui facce emergono dal suolo e sono isolate da ogni costruzione (Cass. n. 8922/2017; Cass. n. 9348/1991).
Il muro di confine o muro divisorio, disciplinato dall'art. 880 c.c. è, invece il muro che serve essenzialmente a delimitare proprietà confinanti.
Per espressa previsione normativa i muri di confine si presumono di proprietà comune fra i confinanti, ai sensi dell'art. 880 c.c. fino alla sommità e, in caso di altezze ineguali, fino al punto in cui uno degli edifici comincia ad essere più alto.
L'obiettivo di tale presunzione è essenzialmente limitare le liti che generalmente potrebbero sorgere tra vicini, per l'estrema difficoltà di accertare, nei singoli casi, la proprietà del muro divisorio.
Ciò nondimeno, la giurisprudenza ha in più occasioni affermato che la presunzione di comunione può essere vinta mediante riferimento a un valido modo di acquisto della proprietà, a titolo originario o derivativo o dimostrando che il muro è stato costruito interamente sul suolo di proprietà esclusiva di uno dei due confinanti.
Non assolvono a tale onere probatorio per superare la presunzione di comunione gli atti notarili di cessione di quota, rinuncia all'usufrutto e divisione che si riferiscano alla proprietà comune di alcune parti dell'immobile e di taluni beni mobili, senza menzione alcuna della comunione del muro divisorio (Consiglio di Stato 27 novembre 1987, n. 743).
In mancanza di prova contraria, la presunzione di comunione spiega piena operatività, anche ai fini del giudizio possessorio (Cass. n. 13275/1999; Cass. n. 1348/1990), risultando irrilevante l'eventuale anteriorità di una delle due costruzioni (Cass. n. 756/1999; C. 177/1993).
Anche se previsto normativamente il diritto di alzare muro confine senza permesso, occorre tuttavia tenere presente che tale facoltà non è esente da qualsivoglia limitazione, poiché anche tale possibilità, per quanto ampia, è in ogni caso soggetta a limitazioni.
Il primo limite che incontra il proprietario che esercita il diritto di cui all'art. 885 c.c., è rappresentato dall'obbligo di rispettare il diritto di veduta ex art. 907 c.c. del proprietario confinante (Cass. n. 6407/1994).
Ulteriore limite è rappresentato dalla costituzione di una servitù a favore del vicino o dei terzi.
In dottrina si è giunti ad affermare che diverso è il caso in cui ci sia non una servitù ma una mera convenzione che esclude la sopraelevazione: tale preclusione si applica al soggetto che ha accettato tale limite e ai suoi eredi ma non nei confronti di eventuali successivi nuovi proprietari.
Deve ritenersi possibile l'innalzamento del muro che delimiti un lastrico solare, solo nel caso in cui questo, per la sua struttura, debba considerarsi non destinato all'esercizio di una servitù di veduta (Cass. n. 854/1986).
Per procedere con l'innalzamento di un muro di confine si può procedere essenzialmente con due tecniche: la prima che consiste nel modificare il muro di confine esistente e la seconda nel rinforzare o aumentare lo spessore del muro.
Nel caso in cui si proceda senza apportare alcuna modifica al muro, il proprietario può utilizzare qualsivoglia tipologia di materiale, anche se diversa dai materiali utilizzati per la parte sottostante e a sostenere le spese di costruzione e quelle di manutenzione.
Il diritto di sopraelevazione può essere esercitato anche aumentando lo spessore o costruendo sulla parte del proprio spessore, poiché diversamente utilizzerebbe la parte di proprietà dell'altro soggetto confinante (Cass. n. 1379/1950).
È importante precisare che tali tecniche sono lecite e dunque realizzabili solo nelle ipotesi in cui consentono al vicino di fare analogo uso del muro stesso e non gli precludano di chiedere in futuro la comunione della parte sopraelevata per la sua intera estensione (Cass. n. 3330/1987).
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