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La scarsa cura delle nostre città tocca sia strutture pubbliche che private.
Capita infatti di imbattersi in ostacoli pericolosi, dati da anomalie varie sul manto stradale, ma anche in altre aree aperte al pubblico.
In tale stato di cose anche camminare a piedi può essere fonte di pericolo.
Si pensi agli incidenti che possono provocare, ad esempio, il basolato non saldo a terra o le buche nascoste da fogliame, oppure le pozzanghere.
Da tali infortuni possono derivare danni alla salute più o meno importanti.
Negli anni si è creato un folto contenzioso che ha dato vita d un vero e proprio filone giurisprudenziale.
In generale, di tali danni risponde colui che ha in custodia il bene, salvo alcune importanti specificazioni.
Mediamente il responsabile è il Comune, ma non solo; alle volte ad esempio, il custode del bene è il condominio.
Secondo l'art. 2051 c.c. infatti Ciascuno è responsabile del danno cagionato dalle cose che ha in custodia, salvo che provi il caso fortuito.
In realtà l'art. 2051 c.c. non è l'unica norma in astratto applicabile alla fattispecie, perché vi è sempre l'art. 2043 c.c., norma generale in materia di risarcimento del danno extra-contrattuale, per il quale Qualunque fatto doloso o colposo, che cagiona ad altri un danno ingiusto, obbliga colui che ha commesso il fatto a risarcire il danno.
L'art. 2051 c.c. è una norma che favorisce la posizione del danneggiato e inasprisce quella del danneggiante: una volta che il danneggiato dà prova del danno e del nesso eziologico con la cosa in custodia (ma varie sentenze richiedono anche la prova dell'imprevedibilità e dell'invisibilità del pericolo), se il custode non si libera dando prova del caso fortuito, deve pagare.
In generale, dunque, il custode del bene paga per il danno da questo prodotto a terzi, a meno che non provi il caso fortuito.
Ma non può escludersi anche la responsabilità del danneggiato.
Infatti, nell'ipotesi di fortuito può rientrare anche l'azione imprudente del danneggiato (v. ad es. Cass. n. 20366/2015).
La norme giuridiche vanno poi lette alla luce dell'intero sistema giuridico e, nella specie, trova applicazione anche un'altra norma, quella contenuta nell'art 1227, co.1, c.c. Se il fatto colposo del creditore ha concorso a cagionare il danno, il risarcimento è diminuito secondo la gravità della colpa e l'entità delle conseguenze che ne sono derivate.
Il risarcimento non è dovuto per i danni che il creditore avrebbe potuto evitare usando l'ordinaria diligenza (v. ad es. Cass. n. 999/2014).Se, infatti, dall'accertamento dei fatti risulta che il danneggiato, utilizzando la comune prudenza avrebbe potuto evitare il danno, la sua posizione diventa più delicata.
Egli rischia di non vedersi riconosciuto tutto il danno, oppure di non vederselo riconosciuto affatto, con l'aggravante a quel punto, se si è in giudizio, di soccombere e dover anche pagare le spese alla controparte.
Se il giudice non ritiene che il danneggiato debba avere il totale ristoro dei danni subiti riconoscendogli la piena ragione, vi sono due esiti possibili:
il giudice può ritenere che il danneggiato abbia concorso alla produzione del danno oppure abbia determinato in toto il danno, con esclusione, in tale secondo caso, del nesso causale tra bene e danno.
Nel primo caso si vedrà un ristoro parziale, nel secondo si vedrà negare in toto il diritto.
In materia, è stata elaborata la figura nota come dell'insidia o trabochetto; tale espressione sta a indicare che l'ostacolo sul percorso dell'utente della strada deve essere oggettivamente non visibile e soggettivamente imprevedibile (v. ad es. Cass. n. 6425/2015).
Secondo alcune sentenze la prova dell'insidia o trabocchetto è necessaria solo in caso di responsabilità ex art. 2051 c.c. (v. ad es. Trib. T. Annunziata, n. 217/2014 e Trib. R. Emilia, n. 1774/2012), mentre secondo altre lo è anche se ci si fa valere ex art. 2043 c.c. (v. ad es. Trib. Bari, n. 2323/2012), secono altre ancora non lo è affatto (v. Cass. n. 24881/2008).
Inoltre, secondo alcune sentenze tale prova è a carico del danneggiato, mentre secondo altre è a carico del custode (v. ad es. Cass. n. 5445/2006).
Tra le ipotesi che possono valere a escludere la responsabilità del custode vi è spesso la circostanza che l'infortunio si sia verificato nei pressi dell'abitazione del danneggiato.
Ciò, con la motivazione che egli conosce o dovrebbe conoscere bene la zona e che quindi, utilizzando la diligenza media, avrebbe potuto evitare l'infortunio.
Recentissimamente l'assunto è stato ribadito dalla Corte di Cassazione nella sentenza n. 21940 del 2015, la quale ha chiuso un giudizio di richiesta di risarcimento del danno causato da caduta sul manto stradale dissestato.
Secondo i giudici, nonostante la buca fosse coperta dall'acqua e la scarsa visibilità notturna, la danneggiata avrebbe potuto evitare il danno, dovendo conoscere, abitando a quaranta metri di distanza dalla buca, lo stato dei luoghi.
Per lo stesso motivo, in casi simili, è dunque spesso esclusa la responsabilità del condominio, custode dei beni, quando l'infortunio avviene nelle parti condominiali (v. ad es. Cass. n. 11592/2010).
In altri casi non è invece ritenuta rilevante la circostanza che lì'incidente avvenga nei pressi di casa, con il conseguente riconoscimento del risarcimento (v. ad es. Cass. n. 15042/2008).
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