|
Succede spesso che chi fa un pagamento parziale della somma che deve indichi anche cosa precisamente intende pagare e dichiari anche che non intende pagare le altre (perché, ad esempio, le contesta).
Un caso frequente è quello del condòmino che paga solo una parte degli oneri condominiali e al contempo dichiara che gli altri, a suo avviso non sono dovuti.
É lecito tale comportamento?
O il creditore può fare di testa sua?
Secondo l'art. 1193 c.c. nel caso vi siano più debiti della medesima specie e avvenga un pagamento parziale, il debitore può scegliere e indicare al creditore quale debito sceglie di saldare in quel momento.
Elementi necessari per l'applicazione delle norme in commento sono la presenza di più debiti (e non un debito unico) della medesima specie: cosa si intende con tale espressione?
Deve trattarsi di una pluralità di rapporti obbligatori aventi a oggetto prestazioni omogenee.
Non può applicarsi nè se il debito è unico, nè se è di più debitori.
Può applicarsi, si è deciso, tra più creditori se uno di essi è legittimato a ricevere il pagamento anche per l'altro (v. Cass. n. 14594/2005).
L'indicazione è valida - e dunque il creditore non può opporsi - solo se effettuata al momento del pagamento e non può avvenire successivamente; se avviene successivamente è dunque necessario un accordo con il creditore (v. ad es. Cass. n. 3941/2002).
L'accordo sarà necessario anche al momento del pagamento se il debitore vuole imputare il pagamento prima al capitale e poi agli interessi e alle spese (v. art. 1194 co.1 c.c.).
Il codice indica poi i criteri che il creditore deve seguire se tale indicazione non avviene.
Dunque, nell'ordine, egli dovrà imputare il pagamento al debito scaduto; tra più debiti scaduti, a quello meno garantito; tra più debiti ugualmente garantiti, al più oneroso per il debitore; tra più debiti ugualmente onerosi, al più antico.
Se tali criteri non soccorrono, l'imputazione è fatta proporzionalmente ai vari debiti (art. 1193 c.c., co.2).
I criteri offerti dal codice valgono solo per i debiti non prescritti (v. ad es. Cass. n. 3941/2002).
I criteri offerti dal codice intervengono a risolvere una situazione di incertezza, laddove, cioè, nè il debitore nè il creditore abbiano esercitato le facoltà di imputazione previste dal codice (v. Cass. n. 474/1975).
Infatti, anche il creditore ha la possibilità di imputare il pagamento effettuato, ma tale imputazione è incontestabile solo se fatta al momento della quietanza e senza che vi sia stata contestazione in quel momento (v. art. 1195 c.c.).
L'imputazione effettuata dal creditore – a differenza di quella effettuata dal debitore - è valida, dunque, solo se vi è l'accordo dell'altra parte.
Se manca la contestazione del debitore, l'imputazione del creditore è valida e non possono applicarsi i criteri legali di cui all'art. 1193, c.c. co. 2 (v. Cass. n. 14766/2008).
Una delle fattispecie più frequenti riguarda l'imputazione effettuata dal creditore a debiti che il debitore ha contestato.
Capita anche che dopo avere effettuato tale imputazione, il creditore faccia valere il debito restante davanti al giudice e ottenga il decreto ingiuntivo di pagamento; ovviamente il debitore farà opposizione affermando di avere pagato il debito per cui il creditore ha ottenuto il decreto ingiuntivo.
La questione è tipica dei rapporti di condominio: succede infatti molto spesso che il condòmino moroso paghi solo una parte del dovuto e che di sua iniziativa il creditore, cioè il condominio tramite l'amministratore, attribuisca il pagamento ai debiti che sceglie lui, debiti contestati dal condòmino.
Come detto, la vicenda finisce spesso in Tribunale.
Come si districa a quel punto la matassa?
Innanzitutto, è stato chiarito che i condòmini possono al momento del pagamento parziale indicare quali debiti intendono pagare, escludendo i debiti contestati.
Da un lato vi è l'idea secondo cui i debiti condominiali costituiscano tutti un unico debito, trovando la loro ragion d'essere in un'unica causa, costituita dall'obbligo di contribuzione delle spese di cui all'art. 1123 c.c. (per il quale Le spese necessarie per la conservazione e per il godimento delle parti comuni dell'edificio per la prestazione dei servizi nell'interesse comune e per le innovazioni deliberate dalla maggioranza sono sostenute dai condomini in misura proporzionale al valore della proprietà di ciascuno, salvo diversa convenzione).
Se la premessa è che i debiti condominiali costituiscano un unico debito, conseguentemente si conclude che a detti debiti non possano applicarsi le norme di cui agli artt.1193 e ss. c.c. (in tal senso avevano ad esempio deciso i giudici del secondo grado, poi cassato da Cass. n. 5038/1998).
Dall'altro vi è invece l'idea, che sembra prevalere, secondo cui trattasi comunque di diversi debiti, per cui è valido l'esercizio di opzione operato dal condòmino che abbia contestato di dovere pagare alcune voci.
Si veda in proposito le sentenza della Corte di Cassazione n. 5038 del 2013 che dichiara il seguente principio di diritto: il condomino, eseguendo un pagamento per spese condominiali può imputare i pagamenti ai debiti per singoli esercizi e può escludere, attraverso lo strumento dell'imputazione di pagamento, che le somme pagate vengano imputate a crediti contestati.
Il debito è dunque unico, nell'ambito delle annualità delle spese ordinarie, ma è diverso tra spese ordinarie di diverse annualità, e tra spese ordinarie e spese straordinarie e in genere tra debiti soggetti a contabilità separata (ad es. tra spese ordinarie e acqua o riscaldamento).
Anche nel caso degli oneri condominiali la scelta circa cosa pagare resta dunque sempre al debitore e nella fattispecie, al condòmino.
|
||