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Il D.L. 47 del 2014, meglio noto come Piano casa o emergenza abitativa, convertito con Legge n. 80/2014, prevede vari strumenti volti al sostegno al problema dell'emergenza abitativa.
Tra questi strumenti, alcuni mirano a favorire il trasferimento di alloggi di edilizia residenziale pubblica e di alloggi sociali da un lato e l'acquisizione della proprietà da parte di persone che versano in condizioni economiche disagiate dall'altro.
Ad esempio, l'art. 8 prevede il Riscatto a termine dell'alloggio sociale.
Vediamo innanzitutto cosa sono gli alloggi sociali.
L'alloggio sociale è definito dal D.M. del 22 aprile 2008 come l'unità immobiliare adibita ad uso residenziale in locazione permanente che svolge la funzione di interesse generale, nella salvaguardia della coesione sociale, di ridurre il disagio abitativo di individui e nuclei familiari svantaggiati, che non sono in grado di accedere alla locazione di alloggi nel libero mercato.
L'alloggio sociale si configura come elemento essenziale del sistema di edilizia residenziale sociale costituito dall'insieme dei servizi abitativi finalizzati al soddisfacimento delle esigenze primarie.
Secondo l'articolo in esame, dunque, le convenzioni che disciplinano la locazione degli alloggi sociali possono prevedere la clausola di riscatto dell'immobile e le relative condizioni economiche.
L'articolo prevede dei paletti che le convenzioni devono rispettare e cioè: il riscatto può essere effettuato solo dopo sette anni dall'inizio della locazione; il diritto è esercitabile solo da chi sia privo di altra abitazione adeguata alle esigenze del nucleo familiare; il divieto di rivendere a terzi perdura per cinque anni.
Inoltre, fino a che si compia il termine per il riscatto il conduttore può imputare parte dei corrispettivi pagati al locatore in conto del prezzo di acquisto futuro dell'alloggio e per altra parte in conto affitto e le imposte correlate alle somme percepite in conto del prezzo di acquisto futuro dell'alloggio nel periodo di durata del contratto di locazione costituiscono un credito d'imposta.
La norma rinvia a un decreto ministeriale la disciplina delle clausole standard dei contratti locativi e di futuro riscatto, le tempistiche e gli altri aspetti ritenuti rilevanti nel rapporto, nonché le modalità di determinazione e di fruizione del credito d'imposta.
Le norme si applicano ai contratti di locazione stipulati dopo l'entrata in vigore del D.L. n. 47/2014; il D.L. n. 133/2014 ha poi esteso le medesime disposizioni ai contratti di locazione con clausola di trasferimento della proprietà vincolante per ambedue le parti e di vendita con riserva di proprietà, stipulati successivamente alla data di entrata in vigore della presente disposizione (co.5-bis, art.1, D.L. 47/2014).
L'efficacia di tale estensione è però subordinata all'autorizzazione della Commissione Europea di cui all'art. 107 del Trattato sul Funzionamento dell'Unione Europea (TFUE); autorizzazione di cui si è in attesa.
La Ue dovrà valutare se si tratta di aiuti di stato compatibili con il mercato interno, ai sensi dello stesso art. 107 (che li ammette solo a determinate condizioni), oppure no.
Oltre al riscatto, il decreto n. 47/2014 contiene anche altre misure volte a favorire l'acquisizione della proprietà di beni immobili da parte di soggetti in condizioni economiche svantaggiate.
Tra queste abbiamo le cessioni nell'edilizia residenziale sociale, di cui all'art. 10.
Detto articolo, con riferimento specifico al nostro tema, dà tre mesi alle regioni per stabilire, se non già disciplinati da precedenti norme o da convenzioni già stipulate, tra gli altri, i prezzi di cessione per gli alloggi concessi in locazione con patto di futura vendita, e la durata del vincolo di destinazione d'uso, ferma restando la durata minima di quindici anni per gli alloggi concessi in locazione e di otto anni per gli alloggi concessi in locazione con patto di futura vendita o con patto di riscatto.
L'art.10 allarga un po' la nozione di alloggio sociale, il quale, ai fini dell'applicazione specifica della norma viene definito come l'unità immobiliare adibita ad uso residenziale, realizzata o recuperata da soggetti pubblici e privati, nonché dall'ente gestore comunque denominato, da concedere in locazione, per ridurre il disagio abitativo di individui e nuclei familiari svantaggiati che non sono in grado di accedere alla locazione di alloggi alle condizioni di mercato, nonché alle donne ospiti dei centri antiviolenza e delle case-rifugio di cui all'articolo 5-bis del decreto-legge 14 agosto 2013, n. 93, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 ottobre 2013, n. 119.
Sempre ai fini dell'art.10, si considera altresì alloggio sociale l'unità abitativa destinata alla locazione, con vincolo di destinazione d'uso, comunque non inferiore a quindici anni, all'edilizia universitaria convenzionata oppure alla locazione con patto di futura vendita o assegnazione, per un periodo non inferiore ad otto anni.
Sempre il decreto n. 47/2014 all'art. 3 prevede l'alienazione del patrimonio residenziale pubblico: detto articolo, con il dichiarato intento di assicurare i livelli essenziali delle prestazioni e favorire l'accesso alla proprietà dell'abitazione rimanda a un decreto che fissi le procedure per l'alienazione degli immobili di proprietà degli enti pubblici anche territoriali e degli Istituti autonomi per le case popolari, anche in deroga alle disposizioni procedurali previste dalla legge 24 dicembre 1993, n. 560.
La legge n. 560 del 1993 (poi modificata dalla legge 136/1999) consentiva un piano di vendita da parte delle regioni fino al 75 per cento del patrimonio abitativo vendibile in ogni provincia (a parte gli alloggi delle Poste che sarebbero stati venduti interamente).
Tornando all'art. 3, del D.L. n. 47/2014, esso prevede che il decreto ministeriale dovrà valutare se favorire la dismissione di quegli alloggi siti in condomini dove la proprietà pubblica è inferiore al 50 per cento e di quelli siti in situazioni abitative estranee all'edilizia residenziale pubblica, con il fine di perseguire una razionalizzazione del patrimonio e una riduzione degli oneri a carico della finanza locale.
La stessa norma vincola le risorse derivanti dalle vendite esclusivamente a un programma straordinario di realizzazione o di acquisto di nuovi alloggi di edilizia residenziale pubblica e di manutenzione straordinaria del patrimonio esistente.
Con il D.M. del 24 febbraio 2015 sono state quindi stabilite le Procedure di alienazione del patrimonio di edilizia residenziale pubblica.
Il D.M. assegna agli enti proprietari 4 mesi per la predisposizione di programmi di alienazione, i quali devono essere approvati dalle regioni (passati 45 giorni, l'assenso si dà per reso).
Il D.M. stabilisce che i programmi di alienazione devono innanzitutto favorire la dismissione di quegli alloggi siti nei condomini in cui la proprietà pubblica corrisponde a meno del 50 per cento e di quelli siti in situazioni estranee all'edilizia residenziale pubblica quali aree prive di servizi, immobili fatiscenti.
Secondo il D.M. la procedura dovrà prevedere che gli alloggi siano preliminarmente offerti in vendita agli assegnatari aventi i requisiti di permanenza nel sistema dell'edilizia residenziale pubblica fissati dalle vigenti normative regionali e che siano in regola con il pagamento dei canoni e delle spese; l'offerta deve avvenire al valore che risulta applicando un moltiplicatore pari a 100 alle rendite catastali determinate secondo le normative vigenti al momento di definizione dell'offerta.
Al prezzo così determinato si applica la riduzione dell'1 per cento per ogni anno di anzianità di costruzione dell'immobile, fino al limite massimo del 20 per cento, secondo quanto previsto dalla legge 24 dicembre 1993, n. 560.
Gli immobili che saranno soggetti alla procedura di alienazione dovranno essere individuati dalle Regioni e dai comuni, sentiti gli enti proprietari.
Ricevuta la notifica dell'offerta da parte degli enti proprietari, gli assegnatari comunicheranno entro sessanta giorni la volontà di procedere all'acquisto al prezzo comunicato.
Gli assegnatari che acquistano l'alloggio usufruendo dell'abbattimento del prezzo possono alienare l'immobile solo dopo almeno cinque anni decorrenti dalla registrazione del contratto.
Ove l'assegnatario non intenda acquistare l'alloggio, l'ente verificherà se nello stesso comune ha nel proprio patrimonio un alloggio idoneo a soddisfare le esigenze abitative del nucleo familiare dell'assegnatario in cui trasferire il medesimo.
Il decreto prevede poi che se il trasferimento non è possibile l'assegnatario rimarrà nell'alloggio dove si trova solo se nel suo nucleo familiare vi siano situazioni di estremo disagio riferibili all'età anagrafica dell'assegnatario superiore a 70 anni ovvero che sia o abbia nel proprio nucleo familiare malati terminali o portatori di handicap.
Gli alloggi così liberati sono posti in vendita mediante bandi ad asta pubblica, resi noti nel sito dell'ente proprietario dei beni e della regione.
Le spese delle procedure di alienazione e gli oneri della stipulazione del trasferimento della proprietà spettano a carico degli acquirenti.
Infine, sempre l'art. 3 prevede la possibilità di trasferimento in proprietà anche prima del termine previsto per gli assegnatari degli alloggi finanziati a norma dell'art.18, D.L. n. 152/1991 (convertito con L. n. 203/ 1991) che prevede un programma straordinario di edilizia residenziale da concedere in locazione o in godimento ai dipendenti delle amministrazioni dello Stato quando è strettamente necessario alla lotta alla criminalità organizzata, con priorità per coloro che vengano trasferiti per esigenze di servizi.
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