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Mettiamo il caso che alcuni condòmini sostengano una spesa riguardane le parti comuni dell'edificio, e poi richiedano il rimborso spese condominiali agli altri; questi ultimi sono tenuti a pagare? È sempre lecita tale richiesta?
Chiaramente no, altrimenti saremmo tutti esposti, nella nostra vita in condominio, alle scelte arbitrarie di uno o più degli altri condòmini. Magari di quelli più puntigliosi o spendaccioni, o ancora, accentratori etc.
Potremmo dire che in questo caso, come vedremo, la legge impedisce che le fissazioni o gli arbitri di pochi possano condizionare la vita degli altri; ma vedremo anche che la stessa legge tempera il difetto opposto, quello della trascuratezza e della tirchieria.
Tornando alla domanda iniziale, ci sono però casi in cui la richiesta di rimborso da parte di chi ha sostenuto di sua iniziativa l'intervento è lecita. Qual è il criterio discretivo?
Traiamo lo spunto del presente articolo da una domanda posta sul forum di lavorincasa.it dedicato al condominio e riguardante le spese richieste per una riparazione da parte di alcuni condòmini.
Nella specie si tratta della sostituzione della serratura di un portone, da sempre difettoso, da parte di due condòmini senza coinvolgere gli altri; i quali infatti ne vengono a conoscenza solo dall'avviso affisso sulla bacheca condominiale che invita a ritirare le nuove copie di chiavi presso il custode. In nessuna assemblea dunque si è discusso dell'argomento.
Perplesso davanti a detta richiesta, un utente del sito ha scritto sul forum chiedendo lumi.
La risposta, come anticipato, va rinvenuta nel criterio previsto dalla legge.
Per la legge, il criterio è da rinvenirsi nella parola chiave urgenza.
Devono dunque essere rimborsate dagli altri condòmini solo le spese definibili come urgenti.
Lo stabilisce espressamente una norma, quella contenuta nell'art. 1134 c.c. che (nella versione riformata dalla L. n. 220/2012) prevede che:
Il condomino che ha assunto la gestione delle parti comuni senza autorizzazione dell'amministratore o dell'assemblea non ha diritto al rimborso, salvo che si tratti di spesa urgente (art. 1134 c.c.).
Cosa dobbiamo ritenere però per spesa urgente? È importante conoscere la risposta a questa domanda, perché chi sostiene una spesa non urgente senza che sia stata deliberata dall'assemblea rischia di tenersela sul groppone, diciamo così.
Chiamata in più occasioni a risolvere controversie sorte proprio dal mancato rimborso di spese sostenute da alcuni condòmini, e dunque a dare contenuto alla parola urgenza, la Corte di Cassazione ha spiegato che:
ai fini dell'applicabilità dell'art. 1134 c.c., va considerata urgente la spesa che deve essere eseguita senza ritardo (Cass. 26 marzo 2001, n. 4364);
- è urgente la spesa, la cui erogazione non può essere differita senza danno o pericolo, secondo il criterio del buon padre di famiglia (Cass. 12 settembre 1980, n. 5256);
- per aver diritto al rimborso della spesa affrontata per conservare la cosa comune, il conòomino deve dimostrarne l'urgenza, ai sensi dell'art. 1134 cod. civ., ossia la necessità di eseguirla senza ritardo, e quindi senza poter avvertire tempestivamente l'amministratore o gli altri condòmini (Cass. 4 agosto 1997, n. 7181 richiamata da Cass. 23/6/2001 n. 4364) (Cass. n. 4330/2012).
Si è anche statuito che va considerata urgente:
non la spesa che pur sia giustificata dalle condizioni di degrado o di scarsa manutenzione, o di incuria, quanto la spesa la cui erogazione non possa essere differita, senza danno o pericolo, fino a quando l'amministratore o l'assemblea dei condomini possano utilmente provvedere (Cass. n. 14326/2017).
La stessa sentenza afferma poi che:
qualora il condominio versi in una situazione di stasi patologica, cioè in una inerzia operativa stabilizzata, non è consentito al singolo condomino sostituirsi, salvo i casi urgenti di cui s'è detto, agli organi condominiali in via generalizzata (Cass. n. 9177/2017).
Si segnala che nella sentenza n. 17393/2017 è stato incluso nel concetto di urgenza anche il risparmio, e cioè il caso della:
oggettiva convenienza economica di effettuare tutti i lavori necessari nell'unico contesto temporale (Cass. n. 17393/2017).
Anche nel condominio minimo il condòmino cha ha sostenuto una spesa può chiedere il rimborso all'altro solo in caso di urgenza?
La risposta è sì. Lo ha riaffermato la sentenza della Corte di Cassazione n. 620, depositata il 14 gennaio 2019, ma non si tratta di un novità: già altre sentenze avevano statuito in tal senso.
Stabilito, infatti, che anche al condominio minimo si applicano le norme in materia di condominio, nulla osta a che si applichi anche la norma contenuta nell'art. 1134 c.c..
Deve trattarsi però di condominio, dunque, in sostanza, di una struttura dotata di unità immobiliari singole da un lato e parti comuni secondo quanto previsto dall'art. 1117 c.c.
Non rileva, invece, ai fini della definizione di condominio, il numero, cioè il fatto che i condòmini siano solo due: l'importante è che siano almeno due, altrimenti siamo in presenza di un'unica proprietà.
Se si tratta di condominio, non trova quindi applicazione la norma prevista dall'art. 1110 c.c., che attiene al rimborso delle spese nel caso della proprietà in comunione:
il partecipante che, in caso di trascuranza degli altri partecipanti o dell'amministratore, ha sostenuto spese necessarie per la conservazione della cosa comune, ha diritto al rimborso. (art. 1110 c.c.).
In condominio, anche se condominio minimo, dunque, non è sufficiente la trascuratezza degli altri condòmini, ma è necessario che si tratti di una spesa urgente.
La citata sentenza n. 620, riguardante un caso di richiesta di rimborsi per spese di manutenzione e riparazione di un cortile e di un viale d'accesso comuni – spiega, tra l'altro:
Ai fini dell'applicabilità dell'art. 1134 c.c., va dunque considerata urgente non solo la spesa che sia giustificata dall'esigenza di manutenzione, quanto la spesa la cui erogazione non possa essere differita, senza danno o pericolo, fino a quando l'amministratore o l'assemblea dei condomini possano utilmente provvedere.
Spetta al singolo condòmino, che agisca per il rimborso, dare dimostrazione che le spese anticipate fossero indispensabili per evitare un possibile nocumento a sé, a terzi od alla cosa comune, e dovessero essere eseguite senza ritardo e senza possibilità di avvertire tempestivamente l'amministratore o gli altri condomini, sulla base di accertamento di fatto spettante al giudice del merito (Cass. Sez. 6 -2, 08/06/2017, n. 14326).
Nulla è invece dovuto in caso di mera trascuranza degli altri comproprietari, non trovando applicazione le norme in materia di comunione (art. 1110 c.c.).
Ciò vale anche per i condomini composti da due soli partecipanti, la cui assemblea si costituisce validamente con la presenza di tutti e due i condomini e all'unanimità decide validamente (Cass. n. 620/2019).).
Cosa può fare, dunque, il condòmino che ritenga che le spese vanno effettuate, se queste spese non sono però urgenti, secondo la definizione fornita dalla giurisprudenza?
Deve subire a oltranza la trascuratezza e l'indolenza degli altri?
Fino a che punto, poi, la spesa da necessaria diventi urgente?
Bisogna arrivare a situazioni di urgenza perché si attui l'intervento?
No, non è necessario. L'urgenza è richiesta perché sia legittima l'iniziativa individuale.
Nel caso di semplice necessità, c'è un'altra via che è quella di ricorrere al giudice perché sia questi ad ordinare l'effettuazione dei lavori.
L'azione giudiziale tipicamente prevista per il caso in parola è quella prevista dall'art. 1105, co.4, c.c. secondo cui nel caso in cui non vengono assunti i provvedimenti necessari ai fini dell'amministrazione della cosa comune oppure non si forma una maggioranza, o la decisione assembleare assunta non è eseguita, ogni partecipante può ricorrere alla autorità giudiziaria, la quale decide in camera di consiglio e può anche nominare un amministratore.
Nel caso del condominio minimo dovrà raggiungersi necessariamente l'unanimità.
E anche in questo caso, ove non si raggiunga il quorum di legge, cioè appunto l'unanimità, si dovrà parimenti ricorrere al giudice, sempre ex art. 1105 c.c..
La norma di cui all'art. 1105 c.c. è nel Titolo del codice civile dedicato alla comunione, ma, a differenza dell'art. 1110 c.c. (v. sopra), è applicabile anche al condominio, disponendo l'art. 1139 c..c. che sono applicabili anche al condominio le norme della comunione per quanto non espressamente previsto dalle norme condominiali.
Detti principi, come detto, sono stati già in precedenza affermati ed oggi ribaditi dalla sentenza n. 620 del 2019 della Corte di Cassazione (la quale menziona i precedenti Cass. Sez. 2, 16/04/2018, n. 9280; Cass. Sez. 2, 12/10/2011, n. 21015; Cass. Sez. U, 31/01/2006, n. 2046).
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