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Uno degli argomenti di maggiore interesse in ambito condominiale è certamente quello della tutela del decoro architettonico dell'edificio.
Quanti dubbi, quante incertezze, quante liti quando si parla di estetica dell'edificio.
D'altronde se il vecchio adagio ci dice che non è bello ciò che è bello, ma è bello ciò che piace un motivo ci sarà pure.
Tuttavia, questo motivo non è detto che regga dinanzi al decoro architettonico dell'edificio: per quanto la soggettività, il giudizio estetico individuale non possa non influenzare la valutazione, la giurisprudenza fissa dei punti certi per valutare l'alterazione del decoro.
Data questa premessa è utile, prima di proseguire oltre, porre due quesiti e dargli risposta:
- che cosa s'intende per decoro architettonico dell'edificio?
- che cosa s'intende per alterazione del decoro architettonico dell'edificio?
In primis va detto che la definizione di decoro è di pura matrice giurisprudenziale: la Cassazione, in più occasioni (su tutte Cass. n. 851/2007) ci ha detto che per decoro architettonico dell'edificio s'intende l'estetica dello stabile caratterizzata dalle sue linee, sia pur estremamente semplici, che per l'appunto ne determinano la fisionomia.
Il decoro architettonico, cioè l'estetica dell'edificio, può dirsi alterato quando un'opera, un'installazione o un'aggiunta di qualunque genere, peggiori l'aspetto dell'edificio.
Il peggioramento deve essere economicamente valutabile (Cass. n. 1286/2010). Insomma, non tutte le modifiche sono alterative dell'estetica. La valutazione va svolta caso per caso.
Date queste coordinate di carattere generale entriamo nel merito dell'argomento.
Ai sensi dell'art. 1138 c.c. il regolamento di condominio deve contenere norme volte alla tutela del decoro architettonico.
Si badi: il regolamento assembleare può disciplinare l'uso delle cose comuni, anche a fini estetici, ma non vietarlo.
Ergo, non vi è dubbio che un regolamento votato a maggioranza dall'assemblea possa dire come e dove posizionare targhe, insegne, ecc., ma non possa a priori vietarlo.
Diverso il discorso per il regolamento contrattuale che, in quanto accettato da tutti i condòmini (prima o dopo l'acquisto è indifferente), può porre limiti così stringenti da arrivare a vietare qualunque modificazione dell'estetica delle cose comuni.
Resta inteso che l'assemblea, al di là delle norme contenute nel regolamento, possa sempre disciplinare, con una delibera ad hoc, singoli aspetti concernenti il decoro architettonico dello stabile.
Ai sensi dell'art. 1130 n. 4 c.c. l'amministratore è tenuto a compiere gli atti conservativi delle parti comuni dell'edificio.
Atti conservativi, cioè attività, materiale e/o giuridica, volta a eliminare o prevenire nocumento alle cose comuni dell'edificio. L'alterazione del decoro è certamente un approdo che l'amministratore è tenuto a evitare, ovvero a eliminare.
In che modo? Difficile dire facendo rimuovere le opere lesive di sua iniziativa: per arrivare a ciò bisogna ottenere un provvedimento giudiziale.
Diverso il caso in cui l'opera gli sia stata annunciata, ma non sia stata ancora eseguita.
In tal caso l'ordinamento pone in capo a chi ritiene di poter essere leso, l'azione così detta di denuncia di nuova opera (art. 1171 c.c.).
Si tratta di un rimedio che pone in capo alla persona la facoltà di denunziare all'Autorità Giudiziaria la nuova opera, purché questa non sia terminata e non sia trascorso un anno dal suo inizio.
Non solo prima dell'inizio (conosciuto perché comunicato ai sensi dell'art. 1122 c.c.), ma anche in corso d'opera, dunque, si può ottenere lo stop alle opere lesive.
Sovente la modificazione dell'estetica dello stabile non è la prima eseguita.
Si pensi al condòmino che installa un'antenna parabolica su una facciata nella quale sono già presenti condizionatori, verande ecc. Quella che in astratto può essere considerata una violazione (l'antenna, specie in particolari contesti può alterare l'estetica dell'edificio) in un contesto così descritto resta tale?
Al riguardo, la Cassazione, quando è stata chiamata a occuparsi della vicenda, ha affermato che il magistrato adito per risolvere la questione, allorquando debba valutare se sussista lesione del decoro architettonico di un edificio condominiale in ragione di un intervento posto in essere dal singolo condomino sulla struttura, non può non considerare anche le condizioni nelle quali versava l'edificio prima del contestato intervento. Ciò in quanto può arrivarsi a ritenere che l'ulteriore intervento contestato e oggetto di valutazione non abbia procurato un incremento lesivo, ove lo stabile fosse stato decisamente menomato dai precedenti lavori (Cass. 8 maggio 2017 n. 11177).
Detta diversamente: l'ultima opera incede sul peggioramento estetico dell'edificio?
Sì, cioè peggiora ulteriormente la situazione?
Allora se ne può ordinare la rimozione.
Non incide, cioè si inserisce in un contesto già degradato non portando aggravamento della situazione?
Allora quell'opera non va considerata lesiva del decoro architettonico.
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