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Molte norme del codice civile rinviano spesso al concetto di frutti.
Rileva conoscere questo concetto per chi si occupa di tematiche relative all'abitazione?
Sì, come vedremo.
L'art. 2912 c.c., ad esempio, stabilisce che Il pignoramento comprende gli accessori, le pertinenze e i frutti della cosa pignorata.
Per frutti dobbiamo intendere anche i corrispettivi della locazione (art. 820 co. 3 c.c.).
Ne consegue che in caso di pignoramento di un immobile locato, il proprietario non può più riscuotere i canoni di locazione, i quali saranno anch'essi oggetto di pignoramento (v. ad es. Trib. A. Piceno, 22 febbraio 2010).
Un altro esempio, con riferimento al contratto di vendita (v. art. 1470 e ss., c.c.), è dato dall'art. 1477 c.c., co.2, il quale prevede che Salvo diversa volontà delle parti, la cosa deve essere consegnata insieme con gli accessori, le pertinenze e i frutti dal giorno della vendita (v. art. 1477 c.c. co.2).
La Corte di Cassazione ha fatto di recente applicazione di tale norma condannando un soggetto che durante una procedura esecutiva aveva tagliato degli alberi da pioppo presenti sul fondo facente parte di un complesso immobiliare (v. Cass. n. 14765/2014).
Un altro esempio è per l'usufrutto (v. artt. 978 e ss. c.c.) all'art. 984 c.c., ove si prescrive che i frutti – naturali e civili - spettano all'usufruttuario o, se vi è successione tra proprietario e usufruttuario durante uno stesso periodo produttivo, si ripartiscono tra i due in proporzione al tempo del diritto.
In tal caso si ripartiscono anche le spese per la produzione e il raccolto.
È stato ad esempio deciso che l'usufruttuario può ricavare i frutti anche dalla locazione (v. Cass. n. 6168/1991).
Gli esempi sono davvero tanti; il lettore medio non può che avere un'idea vaga del concetto.
Andando a senso, si penserà a qualcosa che appunto costituisce il prodotto di qualcos'altro.
Si penserà certamente ai frutti presenti in natura (le fragole, le banane, etc...), consapevoli che forse potrebbe trattarsi di un caso di omonimia e che i frutti in natura in questo caso potrebbero non c'entrare alcunchè.
Vediamo allora di chiarirci le idee e dare alla parola il significato che ha nel codice civile, con le eventuali distinzioni del caso.
Innanzitutto specifichiamo che i frutti sono regolati basilarmente dagli artt. 820 e 821 c.c. e poi da una serie numerosa di norme sparse nel codice, che in questa sede è impossibile menzionare e tuttavia andrebbero consultate, a seconda degli specifici casi.
Gli artt. 820 e 821 c.c. prima di tutto contengono una distinzione tra frutti naturali e frutti civili e poi dettano le norme generali circa l'acquisto della proprietà degli stessi.
I frutti naturali sono, ai sensi dell'art. 820 c.c., quelli che provengono direttamente dalla cosa, vi concorra o no l'opera dell'uomo; come, dunque, i prodotti agricoli, la legna, i parti degli animali, i prodotti delle miniere, cave e torbiere (v. art. 820 co. 1 c.c.).
Evidentemente l'elenco non è tassativo.
Fino alla separazione i frutti sono parte della cosa.
Se ne può però disporre come di cosa mobile futura (v. art. 820 co. 2 c.c.).
Dunque, i frutti naturali acquistano una propria individualità solo dopo la separazione dalla cosa che li ha prodotti; fino ad allora appartengono al proprietario della cosa da cui derivano, il quale però ne può disporre anche prima.
In tal caso troveranno applicazione le norme che regolano la disposizione di cosa futura.
In particolare, la vendita di cose future è regolata dall'art. 1472 c.c. a mente del quale Nella vendita che ha per oggetto una cosa futura, l'acquisto della proprietà si verifica non appena la cosa viene ad esistenza. Se oggetto della vendita sono gli alberi o i frutti di un fondo, la proprietà si acquista quando gli alberi sono tagliati o i frutti sono separati.
Il riferimento pare essere al prodotto naturale in generale, per il quale appunto si dice che fino a quando non sia staccato dalla cosa madre, è insuscettibile di proprietà separata; dunque la vendita ha natura obbligatoria: il passaggio avviene cioè solo alla separazione (v. Cass. n. 2827/1987).
Anche se da alcune sentenze è stato deciso che l'autonomia giuridica dei frutti vi sia non alla separazione ma quando i frutti sono maturi, cioè seperabili (v. Cass. n. 883/1963).
I frutti naturali sono dunque del proprietario, salvo che la proprietà non sia attribuita ad altri (ad esempio, per l'art. 896 co.2 c.c. Se gli usi locali non dispongono diversamente, i frutti naturalmente caduti dai rami protesi sul fondo del vicino appartengono al proprietario del fondo su cui sono caduti; anche in tal caso, però, la proprietà si acquista con la separazione).
Chi acquisisce i frutti è tenuto a rimborsare chi ha sostenuto le spese per la produzione e il raccolto (v. art. 821 co.2 c.c.).
Dispone poi l'art. 1472 al co.2: Qualora le parti non abbiano voluto concludere un contratto aleatorio, la vendita è nulla, se la cosa non viene ad esistenza.
Il contratto è aleatorio se la vendita è soggetta alla condizione che la cosa futura venga a esistenza.
La donazione di cose future è invece regolata dall'art. 771 c.c., per il quale La donazione non può comprendere che i beni presenti del donante.
Se comprende beni futuri, è nulla rispetto a questi, salvo che si tratti di frutti non ancora separati (v. art. 771, co. 1 c.c.).
I frutti non separati sono dunque considerati come cose future e in questo caso trattati dalle legge diversamente dalle altre cose future.
I frutti civili sono invece quelli che si ritraggono dalla cosa come corrispettivo del godimento che altri ne abbia.
Tali sono gli interessi dei capitali, i canoni enfiteutici, le rendite vitalizie e ogni altra rendita, il corrispettivo delle locazioni.
I frutti civili consistono insomma nell'utilità che si può trarre da un bene quando il godimento è di altri.
Gli interessi dei capitali sono, per semplificare, gli interessi che si possono chiedere per una somma di denaro.
I canoni enfiteutici sono i canoni che nell'enfiteusi deve pagare l'enfiteuta, ovvero colui che, ha l'obbligo di migliorare il fondo del concedente e pagare un canone, acquisendo in sostanza il diritto di godimento del fondo stesso, al pari del proprietario.
Si tratta di una figura giuridica ormai poco diffusa (v. artt. 957 e ss. c.c.).
Le rendite vitalizie, come si deduce dall'espressione, sono contratti nei quali una parte si impegna a corrispondere all'altra una somma di denaro in proporzione al numero dei giorni vissuti da colui (o coloro) sulla cui vita viene costituita (v. artt. 1872 e ss. c.c.).
Trattasi di contratti che possono essere a titolo oneroso, nel caso in cui il pagamento del denaro avviene dietro alienazione di un bene o dietro cessione di un capitale, oppure a titolo gratuito tramite donazione o testamento.
Infine, il corrispettivo nella locazione è sostanzialmente il canone dovuto dal conduttore (v. artt. 1571 e ss. c.c.).
I frutti civili si acquistano invece giorno per giorno in ragione della durata del diritto (v. art. 821 co.3 c.c.).
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