|
L'amministratore di condominio ha diritto a ottenere una retribuzione per il servizio prestato in favore del condominio, salvo differente accordo con l'assemblea.
In buona sostanza, il mandato a gestire le parti comuni dell'edificio si presume oneroso, ma resta sempre possibile, per le parti, concordare la gratuità dell'incarico.
Come si vedrà nel prosieguo, la legge, attualmente, prevede ben precise norme in materia di comunicazione del compenso dell'amministratore condominiale e di conseguenze per ipotesi di mancanze in tal senso.
È fondamentale mettere in evidenza in prima analisi che l'amministratore ha diritto ad essere retribuito.
Il dubbio è sorto in quanto l'art. 1135 c.c. al primo comma specifica che l'assemblea ordinaria annuale delibera sulla nomina o sulla conferma dell'amministratore nonché sulla sua eventuale retribuzione.
La presenza, nella norma, dell'attributo eventuale, ha fatto sì che si dubitasse sulla doverosità del pagamento; insomma, ciò che si avanzava come ipotesi era che in mancanza di indicazioni in merito, il mandato dovesse considerarsi a titolo gratuito.
La Corte di Cassazione ha optato per un'intepretazione differente a quella appena prospettata, ossia partendo dalla natura presuntivamente onerosa dell'incarico di mandato – nell'ambito del quale è riconducibile quello intercorrente tra amministratore e condominio – a meno che non siano le parti a concordare il tal senso (Cass. 16 aprile 1987, n.3774).
Oggi, comunque, all'atto dell'accettazione dell'incarico, ovvero della conferma, l'amministratore deve comunicare il proprio compenso. Vedremo, più avanti, che vuol dire comunicare il compenso e quali siano le conseguenze per il caso di inadempimento.
Non esiste un modo predeterminato dalla legge che consenta di stabilire in che modo si calcola il compenso di un amministratore di condominio.
Le modalità di calcolo del compenso – e si vedrà da qui a breve la misura – è lasciata alla parte offerente, in questo caso l'amministratore, salvo particolari accordi di volta in volta da trovarsi con il condominio.
Come, solitamente, l'amministratore indica il proprio compenso?
Al riguardo le ipotesi che consideriamo potersi indicare come più ricorrenti sono le seguenti:
a) un compenso forfettario annuale, omnicomprensivo;
b) un compenso parametrato al numero delle unità immobiliari;
c) un compenso misto, comprendente una parte forfettaria e una parte variabile in ragione delle mansioni effettivamente svolte.
Si badi: il riferimento alle unità immobiliari, solitamente, sta a individuare in esse tanto gli appartamenti, tanto i box auto. Non mancano ipotesi di offerte nelle quali i box pertinenziali sono considerati un tutt'uno con gli appartamenti dei quali sono posti a servizio.
Nel caso, invece, di conteggio a se stante di questi cespiti, la richiesta di compenso ad esse inerenti è più bassa rispetto a quello richiesto per gli appartamenti.
Quanto alla misura del compenso – croce per tantissimi amministratori che li ritengono, sovente non a torto troppo basso in relazione a mansioni e responsabilità - esso, come si suol dire, è rimesso alla determinazione delle parti in regime di libera concorrenza.
Situazione che, per molti, ha portato ad un costante abbassamento delle retribuzioni richieste.
Esiste una media nazionale nota? No, molto spesso anche in città molto vicine è difficile trovare un prezzo medio.
Chi scrive, spesso ha sentito dire che il prezzo medio nei centri urbani medio piccoli oscilla tra 5/7 euro al mese ad unità immobiliare. Si tratta, però, di informazioni senza alcun valore statistico e riscontrato.
Che si tratti di compenso forfettario, a unità immobiliare, ovvero misto, questo, nell'ambito del preventivo annuale di gestione, dunque del consuntivo, dev'essere suddiviso tra i condòmini.
In che modo?
Il compenso richiesto e percepito dall'amministratore di condominio rappresenta il costo di un servizio (gestione e amministrazione parti comuni dell'edificio) reso in favore dei condòmini.
Ai sensi dell'art. 1123, primo comma, c.c. i costi dei servizi resi nell'interesse comune, salvo differente convenzione (ovvero accordo tra tutti i condòmini) devono essere ripartiti in base ai millesimi di proprietà.
Esprimiamo il tutto guardando a un caso pratico. Tizio, amministratore del condominio Alfa, ha accettato un compenso mensile pari a € 7,00 a unità immobiliari. Le unità immobiliari sono dieci e quindi il compenso mensile è pari ad € 70,00 complessivi per un totale di € 840,00 annuali.
Il costo così individuato andrà ripartito tra tutti i condòmini secondo i millesimi di proprietà. Non, quindi, € 7,00 a testa a ciascun proprietario di unità immobiliare. Medesimo discorso per il compenso forfettario e per quello misto.
Il quattordicesimo comma dell'art. 1129 c.c. specifica che l'amministratore alla nomina e a ogni suo rinnovo (anche quello così detto tacito successivo alla nomina/conferma assembleare espressa) deve specificare analiticamente l'importo dovuto a titolo di compenso per la propria attività.
La stessa norma prevede che l'inadempimento di tale obbligo porti con sé la nullità della nomina stessa.
Solitamente l'adempimento in esame è da dirsi assolto con la presentazione del preventivo che, nella stragrande maggioranza dei casi, è oggetto di esame e approvazione dell'assemblea. Negli anni successivi alla nomina, per lo scrivente, l'adempimento è da dirsi assolto se l'indicazione del compenso è inserita nel preventivo di gestione (o comunque in essa richiamato o a essa allegato in caso di mansionari particolarmente complessi).
Si badi: la nomina va considerata nulla nel caso di mancata comunicazione del compenso, non per l'ipotesi di mancata accettazione. In caso di contrasti su di esso, infatti, come per qualunque altro rapporto di mandato, la decisione spetterà al giudice (art. 1709 c.c.).
|
||