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Se due parti si mettono d'accordo sulla possibilità, per il proprietario di un fondo, di esercitare una servitù di veduta sul predio confinante, ciò vuol dire che per l'esercizio di tale diritto può costruirsi un balcone?
Che cosa significa servitù di veduta?
Essa può essere definita come il diritto del proprietario di un fondo di affacciarsi e guardare sul predio vicino.
La servitù, è utile ricordarlo, è un diritto reale di godimento su cosa altrui.
Il titolare della servitù lo è in quanto proprietario del fondo che se ne avvantaggia, così come il proprietario del fondo servente è gravato dalla servitù in ragione della titolarità di tale predio.
Conseguenza di questa affermazione è che il diritto di servitù circola assieme al fondo cui è connesso.
Tizio che è il proprietario del fondo Alfa che ha servitù di veduta sul fondo Beta è titolare della servitù fintanto che è titolare del suddetto fondo. Se il fondo viene ceduto a Caio, è Caio a divenire titolare di questo diritto. Lo stesso discorso vale anche per il fondo servente; ma torniamo al diritto di veduta.
Poiché è evidente che la veduta limita la riservatezza di un fondo, il codice civile ha previsto ben precise norme in materia di distanze delle vedute dirette e dei balconi dal predio vicino.
Il tal senso la norma di riferimento è rappresentata dall'art. 905 c.c., che recita:
Non si possono aprire vedute dirette verso il fondo chiuso o non chiuso e neppure sopra il tetto del vicino, se tra il fondo di questo e la faccia esteriore del muro in cui si aprono le vedute dirette non vi e la distanza di un metro e mezzo.
Non si possono parimenti costruire balconi o altri sporti, terrazze, lastrici solari e simili, muniti di parapetto che permetta di affacciarsi sul fondo del vicino, se non vi è la distanza di un metro e mezzo tra questo fondo e la linea esteriore di dette opere.
Il divieto cessa allorquando tra i due fondi vicini vi è una via pubblica.
Si tratta di una norma derogabile dall'accordo tra le parti.
Il balcone, ossia il prolungamento dell'unità immobiliare che consente l'affaccio, non ha solamente la funzione di consentire la veduta ma anche quella di aumentare la superficie utilizzabile dell'unità immobiliare.
Esso, poi, se di tipo aggettante (ossia che fuoriesce rispetto ai muri perimetrali) occupa anche la proiezione verticale del fondo sottostante, che, per legge (art. 840 c.c.) è di proprietà del titolare del predio.
Rispetto a quest'ultima ipotesi è bene specificare che il proprietario del fondo sul quale si affaccia il balcone deve dare l'autorizzazione alla sua costruzione, salvo il caso in cui essa avvenga ad altezza tale da non avere interesse ad escluderla.
È bene, inoltre, ricordare la costruzione di un balcone necessita delle autorizzazioni amministrative e nello specifico per provvedervi è necessario il permesso di costruire; la concessione di tale autorizzazione non è di per sé sufficiente a poter agire in tal senso.
I provvedimenti autorizzatori, infatti, sono sempre rilasciati facendo salvi i diritti dei terzi; il caso di cui ci stiamo occupando, come vedremo qui di seguito, rappresenta una di quelle ipotesi in cui tali diritti possono essere opposti al titolare del permesso.
Svolte queste necessarie premesse di carattere preliminare, torniamo alla domanda posta in principio.
La risposta al quesito è negativa, a meno che questa modalità di esercizio della servitù non venga specificamente pattuita; in sostanza, non sempre al riconoscimento dell'esercizio del diritto di veduta corrisponde la facoltà di costruire un balcone.
La Cassazione, in tal senso, ha specificato che la servitù di veduta e quella esercitata mediante un balcone aggettante sul fondo gravato soddisfano interessi e determinano pesi differenti, di guisa che la prima non include totalmente la seconda.
Infatti, la veduta esaurisce la propria utilitas nella maggiore amenità arrecata al fondo dominante (cfr. Cass. n. 4042/79), lì dove il balcone aggettante associa a tale vantaggio quello ulteriore costituito dall'incremento di superficie dell'unità immobiliare cui accede, e della quale costituisce un prolungamento (cfr. su tale ultima notazione, Cass. nn. 6624/12, 15913/07 e 14576/04).
In questo contesto, specificano i giudici di piazza Cavour, il peso gravante sul fondo servente nel caso di costituzione di servitù di veduta, è differente a seconda del suo esercizio tramite apertura di una finestra o di costruzione di un balcone.
Nella prima ipotesi, infatti, il proprietario del fondo servente subisca solamente uno svantaggio in termini di privatezza; nel secondo caso egli è costretto a sopportare anche la diminuzione del suo diritto a sfruttare il proprio fondo per tutta la sua altezza.
Ne consegue che il titolo negoziale costitutivo di una servitù di veduta ed affaccio non implica di per sè - assenti specifiche indicazioni di segno diverso e tenuto conto che la nozione di affaccio è comune tanto alle vedute dirette, quanto ai balconi - la facoltà del proprietario del fondo dominante di esercitare la veduta tramite un balcone aggettante, la cui realizzazione viola, pertanto, l'art. 840 c.c. (in senso conforme, v. Cass. n. 1955/89, che ha ricollegato la violazione di detta norma all'arbitraria veduta realizzata mediante la realizzazione di un balcone invasivo dello spazio aereo sovrastante il suolo altrui) (Cass. 24 agosto 2012 n. 14620).
In definitiva: chi ha ottenuto il riconoscimento del diritto di veduta può costruire un balcone per esercitarlo solamente se tale manufatto è espressamente contemplato: diversamente dovrà accontentarsi di una finestra.
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