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I colori delle facciate sono fondamentali perché da sempre hanno caratterizzato interi paesaggi, epoche o stili architettonici. L'immagine della città e dell'ambiente antropico è infatti intimamente connessa all'aspetto dei suoi edifici, a sua volta strettamente dipendente dai materiali, dalle tecniche costruttive e dalle tradizioni culturali del luogo.
Da questo punto di vista, nell'architettura minore italiana possiamo osservare due opposte tendenze: l'uso di facciate che riprendono le sfumature dominanti dell'ambiente o che viceversa se ne distaccano nettamente.
Il primo caso riguarda ad esempio le case con muri di pietra o mattoni a vista, che tuttavia in origine erano quasi certamente intonacati, o gli intonaci a tinte neutre.Nel centro storico di Venezia domina ad esempio il colore rosato delle malte di cocciopesto; nell'Italia meridionale prevalgono il bianco, il beige o il nocciola chiaro delle varietà di calce locale.
Non mancano tuttavia moltissimi esempi di facciate dai colori estremamente vivaci: nella campagna bolognese molte case venivano tinteggiate di giallo ocra o di un rosso cupo chiamato appunto bolognese, mentre le costruzioni dell'Isola di Burano o di molti paesi della Liguria presentano una varietà di colori decisamente sorprendente.
Perfino gli edifici di molte importanti città apparivano vivacemente colorati: nel centro storico di Siena molte facciate presentano tuttora vistose tracce di tinteggiature gialle, rosse, rosa, bianche, verdi o azzurre. Si assiste anzi a un preciso cambiamento nei colori dominanti: nel Settecento si preferivano infatti i colori freddi e soprattutto i toni di verde e di azzurro, che nel secolo successivo furono soppiantati dalle sfumature del giallo, del grigio e del bruno rossiccio a suggerire rispettivamente l'arenaria, la pietra serena e i mattoni faccia a vista.
Attualmente, l'equilibrio tra i colori delle case e l'ambiente circostante appare invece drasticamente compromesso, perché l'architettura razionalista e successivamente postmoderna e contemporanea hanno completamente superato le regole compositive tradizionali basate sull'uso e la reinterpretazione dei cinque ordini classici.
Tuttavia, la scelta della tinteggiatura degli edifici è molto importante, perché un colore sbagliato o dissonante si nota a grande distanza compromettendo l'armonia di un intero paesaggio.
Ma come si decide il colore di un edificio storico?
Per prima cosa si deve ovviamente verificare la presenza di eventuali tracce del colore originario esaminando con attenzione i punti più riparati dalle intemperie, di solito il sottogronda e le zone sotto i marcapiani o i davanzali delle finestre.
Se questo non risulta invece possibile è necessario ricorrere alle campionature contenute negli strumenti di pianificazione urbanistica come i Piani del Colore o i Piani Paesaggistici oppure semplicemente osservare i colori prevalenti dell'edilizia tradizionale del luogo.
In contesti di particolare pregio o in edifici vincolati è infine la Soprintendenza a prescrivere un determinato colore.
Per le facciate storiche risulta inoltre fondamentale scegliere non solo il colore appropriato, ma anche i materiali più compatibili sia per gli intonaci che per le tinteggiature, perché una pittura di ottima qualità su uno sfondo sbagliato o di esecuzione scadente non produce un risultato a regola d'arte.
In passato le facciate degli edifici venivano sempre tinteggiate con pigmenti inorganici a base di ossidi e terre minerali opportunamente diluiti in latte di calce.
I pigmenti più diffusi si ottenevano a partire dal solfato di rame per il verde e l'azzurro; dall'ematite per il rosso e dalla limonite per il giallo; dal nerofumo o polvere di carbone per il nero e infine dal semplice latte di calce per il bianco, il colore più economico in assoluto.
Successivamente, la tinteggiatura era stesa in una o più mani coprenti partendo dai colori chiari ai più scuri; dopo il completamento dello sfondo si passava all'esecuzione di eventuali decorazioni dipinte a trompe l'oeil. Anche l'intonaco era costituito da malta di calce e perciò l'intero sistema di finitura di facciata era molto coerente e aveva una grana decisamente piacevole alla vista.
Queste lavorazioni sono valide ancor oggi perché alcune aziende specializzate in prodotti per le belle arti offrono una vasta gamma di pigmenti e tinteggiature: il catalogo di Antichità Belsito comprende ad esempio una serie completa di pigmenti per affresco in polvere o una ricca scelta di pigmenti inorganici di origine armena, completamente naturali e particolarmente pregiati.
La Banca della Calce ha invece studiato CalceLatte, una linea di tinteggiature per interni o esterni. É dunque possibile comporre la propria pittura con grassello o latte di calce e pigmenti, o scegliere uno dei prodotti già pronti per l'uso: la tinteggiatura per esterni Easy o per interni Pro; Veggy completamente priva di additivi animali o Milky addizionata con latte o caseina secondo le ricette tradizionali.
La difficoltà maggiore della tinteggiatura a calce è però l'esatta riproduzione del colore voluto.
Nel caso di un edificio esistente, per prima cosa si deve rilevare il colore originale per riprodurlo correttamente mediante uno dei sistemi standardizzati di identificazione e codifica dei colori.
I più diffusi sono due: i codici RAL e Pantone, entrambi costituiti da una sigla e da un nome commerciale per ciascun colore. Si usano generalmente proprio per la produzione e commercializzazione di tinture per tessuti, vernici, pigmenti e coloranti per qualsiasi materiale o superficie.
Dal punto di vista operativo il campionario è costituito da una o più mazzette di cartoncini con specifiche scale cromatiche e particolari schede perforate per il confronto diretto tra la superficie da rilevare e il campione corrispondente.
Il rilievo del colore avviene quindi semplicemente a vista, accostando la mazzetta o appoggiando la scheda perforata alla superficie da esaminare, eventualmente aiutandosi con una lente di ingrandimento in caso di tracce particolarmente minute. Per una maggiore accuratezza e per non falsare il risultato, l'osservazione va ovviamente compiuta alla luce naturale e possibilmente ripetendola varie volte, in diverse ore del giorno e con differenti condizioni di luce.
Una volta trascritto il codice del colore, si può verificare se in commercio esiste già la tinteggiatura desiderata, oppure bisogna riprodurla personalmente.
Nel caso delle tinteggiature a calce per facilitare questa operazione esistono apposite tabelle e campionature di colore contenute nei Piani del Colore di ciascun Comune o fornite gratuitamente dalle aziende specializzate.
Uno dei migliori esempi di questo genere è visibile sul sito de La Banca della Calce: il campionario comprende quindici colori base, per ciascuno dei quali vengono fornite cinque sfumature diverse, per un totale di ben 75 combinazioni. A ciascun campione corrisponde un preciso pigmento e il relativo dosaggio.
Naturalmente, queste tabelle forniscono solo un'idea approssimativa del risultato finale, perché il vero colore di una tinta a calce dipende da molti fattori come il dosaggio del pigmento e il suo giacimento di origine, la diluizione della pittura, il numero di mani e ovviamente la grana e il colore dell'intonaco di fondo.
Prima di procedere alla tinteggiatura è dunque opportuno eseguire alcune prove sul posto, che si possono realizzare con due metodi differenti.
Se ad esempio sull'intonaco esistente si prevede la stesura di una scialbatura di latte di calce o di un sottile intonachino preparatorio è sufficiente procurarsi alcuni tavelloni di laterizio, intonacarli con il medesimo trattamento previsto sulla parete e successivamente procedere alle prove di tinteggiatura. Dopo aver lasciato completamente asciugare, si verifica il risultato finale: occorre infatti ricordare che asciugando la pittura a calce tende a schiarire o a cambiare notevolmente.
Questo metodo presenta un vantaggio e uno svantaggio.Le tavelle sono infatti facilmente trasportabili e perciò si possono realizzare veri e propri campionari da cantiere che riproducono il colore della tinteggiatura in modo decisamente più fedele e realistico di una scheda cartacea, ma risulta molto arduo riprodurre l'esatta vibrazione alla luce della parete finita.
Il secondo metodo prevede invece l'esecuzione di varie prove di colore, costituite da quadrati o rettangoli colorati con lato di almeno 40-50 centimetri, direttamente sulla parete da tinteggiare.
In questo modo è possibile scegliere fra diverse tonalità e valutare il risultato in ogni condizione di luce, ma ovviamente i campioni non sono spostabili né riutilizzabili.
Una volta trovata l'esatta tonalità, non resta che preparare la pittura moltiplicando adeguatamente i dosaggi dei campioni (che avremo accuratamente annotato prima di eseguire le prove di colore) per la quantità di prodotto necessario e quindi tinteggiare la parete.
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