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Quanto è importante che l'agente immobiliare dìa un'adeguata informazione ai clienti?
Quale rilievo giuridico ha l'affidamento che tali persone possono coltivare verso l'agente?
Insomma, se l'affare va in porto a causa delle errate informazioni fornite al contraente dall'agente, questi può comunque pretendere la provvigione? O rischia invece addirittura di dovere pagare il risarcimento dei danni eventualmente prodotti?
La questione causa non poco contenzioso e di recente è stata affrontata dalla sentenza della Corte di Cassazione n. 18140 del 16 settembre 2015.
Nel giudizio poi deciso da tale sentenza l'agente immobiliare chiedeva il pagamento della provvigione che, affermava, gli spettava per avere portato le parti all'accordo in merito alla stipula di un contratto di compravendita immobiliare; vi era cioè stata una proposta di acquisto accettata (dalla proprietaria venditrice).
Tale contratto in realtà era poi venuto meno per reciproco consenso delle parti; nel giudizio, il mancato acquirente si difendeva asserendo che mai avrebbe sottoscritto quel contratto se fosse stato informato di due circostanze: che il bene era stato trasferito per donazione e la veranda su cui si trovava la cucina era abusiva (non condonabile, secondo la ctu).
La Corte d'Appello gli aveva dato ragione, motivando in sintesi che:
tale veranda, per un verso era sicuramente un elemento per il quale l'acquirente aveva firmato (occupando la parte centrale della struttura, data anche l'ampiezza e la destinazione funzionale, trattandosi di una cucina); per l'altro, essendo non condonabile, sarebbe stato il motivo per cui l'acquirente non avrebbe firmato (se avesse saputo) e dunque l'affare non si sarebbe concluso.
dunque, la domanda centrale è: avrebbe dovuto l'agente sapere e soprattutto informare l'aspirante acquirente di tali elementi?
Prima di rispondere alla domanda esponiamo brevemente il quadro delle norme che ci interessano.
La figura dell'agente immobiliare rientra nell'ambito più amplio del contratto di mediazione.
Il contratto di mediazione è disciplinato dagli artt. 1754 e ss. c.c.
Richiameremo qui solo le norme che ci appaiono più rilevanti in relazione all'argomento che trattiamo.
Il primo di detti articoli definisce il mediatore come colui che mette in relazione due o più parti per la conclusione di un affare, senza essere legato ad alcuna di esse da rapporti di collaborazione, di dipendenza o di rappresentanza.
L'agente può pretendere la provvigione se l'affare si conclude per effetto del suo intervento (v. art. 1755 co.1 c.c.); ai sensi poi dell'art. 1757 co.3, se il contratto è annullabile o rescindibile il diritto alla provvigione rimane se il mediatore non conosceva la causa d'invalidità.
L'attività di agente immobiliare è anche disciplinata dalla L. n. 39 del 1989 che, tra l'altro, subordina l'esercizio dell'attività di mediatore nonché il diritto alla provvigione all'iscrizione nel ruolo dei mediatori e un livello specifico di competenza.
Infine l'art.1759 c.c. al primo comma, prescrive che il mediatore deve comunicare alle parti le circostanze a lui note, relative alla valutazione e alla sicurezza dell'affare, che possono influire sulla conclusione di esso.
Come si coordina il dovere di diligenza qui prescritto con le norme generali in materia di corretto comportamento e adempimento (di cui agli artt. 1175 e 1176 c.c.) nei rapporti contrattuali?
In particolare, l'art.1175 c.c. prescrive testualmente che il debitore e il creditore devono comportarsi secondo le regole della correttezza, mentre l'art.1176 c.c. prescrive che nell'adempiere l'obbligazione il debitore deve usare la diligenza del buon padre di famiglia.
Nell'adempimento delle obbligazioni inerenti all'esercizio di un'attività professionale, la diligenza deve valutarsi con riguardo alla natura dell'attività esercitata.
Dunque, con riferimento all'esercizio di un'attività professionale, la diligenza va misurata in relazione al tipo di attività svolta.
Anche perché l'affidamento dell'altra parte contrattuale si gradua in ragione del tipo di attività svolta dal professionista di cui si avvale.
Come detto, il mediatore è tenuto a informare correttamente le parti circa le circostanze a lui note che possono influire sulla conclusione dell'affare; ma, cosa significa concretamente ciò?
Precisamente cosa dobbiamo intendere per circostanze note?
Devono essere conosciute o, invece, conoscibili?
La sentenza n. 18140 citata si riporta al principio (già presente in giurisprudenza) per il quale il dovere di corretta informazione dell'agente va commisurato con il criterio offerto con gli artt. 1175 e 1176 del codice civile, nonché alla luce della disciplina di cui alla L. n. 39 del 1989 che ha posto in risalto la natura professionale dell'attività del mediatore, subordinandone l'esercizio all'iscrizione in un apposito ruolo, che richiede determinati requisiti di cultura e competenza ..., e condizionando all'iscrizione stessa la spettanza del compenso...
Ciò premesso, la sentenza n. 18140 prosegue affermando, conseguentemente, che il mediatore, pur non essendo tenuto, in difetto di un incarico particolare in proposito, a svolgere, nell'adempimento della sua prestazione, specifiche indagini di natura tecnico-giuridica (come l'accertamento della regolarità edilizia ed urbanistica dell'immobile oggetto del trasferimento), al fine di individuare circostanze rilevanti circa la conclusione dell'affare a lui non note, è gravato, tuttavia, di un obbligo di corretta informazione, secondo il criterio della media diligenza professionale, il quale comprende, in senso positivo, l'obbligo di comunicare le circostanze a lui note o comunque conoscibili con la comune diligenza che si richiede al mediatore, nonché, in senso negativo, il divieto di fornire non solo informazioni non veritiere, ma anche informazioni su circostanze delle quali non abbia consapevolezza e che non abbia controllato, poiché il dovere di correttezza e quello di diligenza gli imporrebbero in tal caso di astenersi dal darle.
Ne consegue che, qualora il mediatore dia informazioni su circostanze di cui non abbia consapevolezza e che non abbia controllato, le quali si rivelino poi inesatte e non veritiere, owero ometta di comunicare circostanze da lui non conosciute ma conoscibili con l'ordinaria diligenza professionale, è legittimamente configurabile una sua responsabilità per i danni sofferti, per l'effetto, dal cliente (Cass. 24 ottobre 2003 n. 16009).
Questo dunque, secondo la giurisprudenza, il contenuto del dovere di informativa del mediatore immobiliare.
Infatti, il princio è in altre sentenze della Corte di Cassazione, come ad esempio, la sentenza n. 5107/1999 e la sentenza n. 16623/2010.
Dunque, la mancata ottemperanza al dovere di corretta informativa comporta non solo la negazione della richiesta provvigione ma essa può comportare anche la condanna al risarcimento del danno eventualmente prodotto alle parti dal mediatore (v. ad es. Cass. n. 6926/2012).
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