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L'ordinamento giuridico, all'art. 889 c.c., stabilisce una distanza minima di un metro per i tubi di acqua pura, lurida, di gas e simili e una distanza minima di due metri dal confine per le cisterne, i pozzi e le fosse di latrina e di concime.
La distanza dei tubi dal confine, in particolare, per garantire il passaggio di acqua e gas deve infatti rispettare specifici accorgimenti ma soprattutto previste distanze.
Il motivo è di facile intuizione: garantire il rispetto delle necessarie norme di sicurezza e igiene nei rapporti di vicinato, ma anche assicurare il rispetto delle norme tecniche, atte a consentire il regolare funzionamento degli impianti.
Posizionamento tubi distanze e misure - foto Getty Images
Le distanze dei tubi dal confine con il vicinato si definiscono distanze legali minime. Ciò significa che, qualora non siano rispettate le distanze di due metri o di un metro, vige una presunzione legale assoluta di pericolosità.
In altri termini, se un tubo è posizionato a una distanza inferiore è automaticamente considerato pericoloso e contrario alle norme di legge, senza che sia richiesto un accertamento concreto di una potenzialità dannosa dell'opera posta a distanza inferiore a quella legale.
Al contrario dovrà essere oggetto di prova la necessità di adottare misure maggiori per evitare eventuali danni risarcibili.
Occorre precisare che l'elenco riportato dalla norma citata non deve intendersi tassativo, nel senso che il rispetto delle distanze minime per il posizionamento non deve ritenersi applicabile specificamente solo alle cisterne, ai pozzi e alle fosse di latrina e di concime o alle tubature, ma a qualsiasi manufatto destinato o destinabile al passaggio di sostanze fluide, liquide o gassose, a condizione che tale flusso sia costante.
Il riferimento al passaggio costante di flusso consente di inserire nell'ambito di applicazione della norma i tubi che trasportino qualsiasi genere di liquido, ivi compresi, i canali fognari coperti e le grondaie.
Esulano dall'applicazione di tali distanze le bombole di gas per uso domestico, nonché le canne fumarie per la dispersione dei fumi delle caldaie e gli impianti di aria condizionata.
Il riferimento contenuto nella prima parte della norma, relativo ai pozzi deve essere inteso in senso ampio, in quanto comprensivo di pozzi di acqua viva e i pozzi di raccolta o di smaltimento, nonché i pozzi trivellati e i pozzi scavati.
Non rientrano invece in tale nozione, i fossi, che sono invece assoggettati alle distanze di cui all'art. 891 c.c.
Da qualche anno, sulla interpretazione della nozione di cisterne, ai fini dell'applicazione delle distanze minime, la giurisprudenza nazionale appare concorde nel ritenere adottabile una visione meno ristrettiva rispetto al passato, ritenendo di considerare cisterna non i soli manufatti interrati e adibiti alla raccolta e conservazione delle acque piovane, solitamente indicati, ma anche ogni manufatto in muratura, anche non interrato, destinato alla raccolta di acqua, indipendentemente dal mezzo con il quale viene introdotta.
Non rientrano nell'ambito di applicazione delle distanze legali di cui all'art. 889 c.c. le vasche per la fermentazione del mosto o per la conservazione del vino, difettando in tali casi il presupposto di flusso continuo, salvo il caso in cui sussista un concreto pericolo di infiltrazioni nel fondo altrui.
Altra importante precisazione riguarda gli impianti di riscaldamento a termosifone per uso domestico, la caldaia, il bruciatore e il deposito di carburante, che in linea di principio sono soggette a previsioni normative specifiche.
L'applicazione delle distanze minime dei tubi dal confine non può considerarsi cosi netta in condominio, in relazione ai quali occorre operare dei distinguo.
Se i tubi e le condutture devono essere posizionati fra unità immobiliari dei singoli proprietari è previsto il rispetto delle distanze già descritte, compatibilmente con la struttura condominiale.
In tali casi è il giudice a dover valutare se l'osservanza di tale norma sia o meno esigibile, data la struttura dell'edificio.
Tubazioni condominio - foto Getty Images
La disciplina delle distanze deve invece ritenersi non operante nel caso in cui si utilizzino per il posizionamento parti comuni, come a esempio, i muri perimetrali, con un impianto a servizio esclusivo di un appartamento e si tratti di impianti assolutamente necessari, per garantire la piena utilizzabilità dell'immobile indipendentemente dallo scopo e dalla destinazione d'uso.
Ai fini del calcolo delle distanze di tubi e condutture è necessario tenere in considerazione molteplici aspetti che variano a secondo del pozzo, cisterna o latrina al caso specifico e in relazione alle eventuali presenze di “ostacoli” frapposti.
In linea generale, per il calcolo della distanza vale la regola generale secondo la quale, la distanza deve misurarsi dal perimetro interno dell'opera nel punto più vicino al confine.
Ciò posto, più complesse potrebbero rivelarsi le misurazioni e nello specifico il computo per quanto concerne i fossi. In particolare, per le fosse di latrina e le fosse di concime, la distanza deve essere calcolata dalla fossa e non considerando il luogo di latrina.
In presenza di un muro divisorio, i criteri di misurazione rimangono del tutto invariati.
L'unica differenza attiene al punto di partenza dal quale deve essere computata la distanza minima, ovvero:
Altro importante aspetto di non poco conto riguarda il fatto che tali distanze devono essere rispettate non solo quando vi siano due proprietà confinanti appartenenti a soggetti privati, ma anche allorquando le aree dove si intende posizionare tubi, condutture e cisterne siano confinanti con luogo pubblici (come a esempio le strade pubbliche comunali) o con edifici pubblici ospitanti attività inerenti alla amministrazione pubblica.
Come in precedenza rilevato, le distanze dei tubi dal confine sono considerate legali e assolute, nel senso che il mancato rispetto fa scattare la presunzione di pericolosità senza onere di prova di aver subito effettivamente un danno.
Tale danno, infatti, infatti considerato in re ipsa, ovvero automatico per inottemperanza del limite.
Tale interpretazione deve riguardare anche l'ultimo disposto dell'art. 889 c.c., dove si stabilisce che sono salve in ogni caso le disposizioni dei regolamenti locali.
Gli enti locali hanno la facoltà di prevedere misure diverse per le più svariate ragioni, a esempio, per caratteristiche strutturali ed estrinseche del territorio in una determinata zona.
Il potere di derogare a tali misurazioni deve tuttavia intendersi nel senso che l'ente locale può prevedere misure più ampie, rispetto ai limiti legali, che devono, pertanto, essere intesi come minimi e conseguentemente modificabili solo in aumento.
La previsione normativa che attribuisce al Comune tale potere deve interpretarsi nel senso che i regolamenti locali possono stabilire una distanza maggiore ma mai una distanza minore.
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