|
La rinuncia al diritto di abitazione configura un trasferimento che, se operato a titolo gratuito da parte del coniuge superstite a favore di un altro coerede, come il figlio, rappresenta il presupposto per l'applicazione dell'imposta di donazione e delle imposte ipotecaria e catastale.
Quale forma deve avere la rinuncia al diritto di abitare?
È possibile fruire delle agevolazioni prima casa nel caso di acquisto di altro immobile sito nello stesso Comune dell'immobile preposseduto, in ragione della successione?
Questi sono i quesiti in relazione ai quali l'Agenzia delle Entrate, con la risposta all'interpello 26 ottobre 2022, n. 525, ha fornito importanti chiarimenti su uno specifico caso peraltro particolarmente frequente nella vita quotidiana.
Come noto, ai sensi dell'art. 540, secondo comma, c.c., in caso di morte di uno dei due coniugi, al coniuge superstite sono riservati i diritti di abitazione sulla casa adibita a residenza familiare e di uso sui mobili che la corredano, se di proprietà del defunto o comuni.
Si tratta di una norma posta a tutela del coniuge superstite al fine di consentire a questi di non subire ulteriori conseguenze, derivanti dalla ricerca di un altro alloggio.
Il diritto di abitazione coniuge superstite, di cui al citato art. 540 c.c., riguarda la casa adibita a residenza familiare, ovverosia casa coniugale sulla quale si instaura il diritto di abitazione.
In altri termini, il diritto di abitazione attribuito al coniuge superstite ha a oggetto l'unità immobiliare ove i coniugi vivevano insieme stabilmente, organizzando la vita domestica del nucleo familiare (Cass., 12 giugno 2014 n. 13407), a prescindere dalla residenza anagrafica (Commissione tributaria provinciale di Reggio Emilia 103/2/17), compresa la relativa pertinenza (Cass., 14 marzo 2012, n. 4088).
Ne deriva che, non può fruire del diritto di abitazione il coniuge separato del de cuius che non abitava più presso la casa familiare (Cass., 5 giugno 2019, n. 15277 e Cass., 22 ottobre 2014, n. 22456).
Per completezza, si precisa che il diritto di abitazione compete anche alla parte superstite dell'unione civile, per via dell'espresso richiamo alla disciplina del codice civile operato dal co. 21 dell'art. 1, L. 76/2016 (c.d. "Legge Cirinnà"). In caso di convivenza di fatto, il diritto di abitazione ha carattere temporaneo pari a due anni o per un periodo pari alla convivenza se superiore a due anni e comunque non oltre i cinque anni.
Per comprendere con dovuta chiarezza la posizione dell'Amministrazione finanziaria, occorre descrivere brevemente il quesito posto dall'istante .
Nel caso sottoposto all'attenzione dell'Agenzia, il contribuente rappresenta di essere superstite del coniuge defunto e di aver ricevuto in eredità un immobile al 50% suddiviso con il figlio titolare dell'altro 50% dell'immobile e, per effetto dell'art. 540 c.c., al marito è spettato anche il diritto di abitazione su tale immobile in quanto si trattava della casa adibita a residenza familiare.
L'istante fa inoltre presente che per l'acquisizione della quota della proprietà della casa familiare sono state applicate le agevolazioni prima casa.
Il contribuente istante rappresenta altresì di voler acquistare un nuovo immobile sito nel medesimo Comune, usufruendo delle agevolazioni prima casa e per tale motivo vorrebbe rinunciare al diritto di abitazione medesimo, a favore della figlia.
Preliminarmente, l'Agenzia affronta gli aspetti civilistici della rinuncia al diritto di abitazione, precisando le formalità, che devono essere rispettate per la redazione del relativo atto al diritto di abitare. Ai sensi dell'articolo 1350 c.c., la rinuncia al diritto di abitazione deve farsi per atto pubblico o per scrittura privata, sotto pena di nullità.
Tale atto deve inoltre essere trascritto, ai sensi dell'articolo 2643, comma 1, c.c., in quanto avente a oggetto un diritto reale immobiliare.
Chiariti gli aspetti civilistici, l'Agenzia chiarisce la chiave della risoluzione della questione, affermando che l'atto di rinuncia, seppur a titolo gratuito, è considerato un atto di trasferimento, ai sensi dell'articolo 1, comma 2, Decreto legislativo 31 ottobre 1990, n. 346, a norma del quale deve considerarsi trasferimento anche la rinuncia diritto di abitazione, atteso che in ogni caso è considerato un atto che consente l'arricchimento nella sfera giuridica altrui, come tale, soggetta a imposta ipocatastale (Corte di Cassazione, con ordinanza 28 gennaio 2019, n. 2252).
Riguardo all'agevolazione prima casa, l'Agenzia (circ. Agenzia Entrate n. 44/2001 e circ. n. 18/2013), richiamando un proprio precedente di prassi, chiarisce che il l'acquisto per successione o donazione di un immobile con l'agevolazione prima casa non impedisce di usufruire del beneficio sul successivo acquisto a titolo oneroso di altra abitazione, sito anche nello stesso Comune, ma rappresenta un ostacolo per la costituzione del diritto di abitazione presso altro immobile.
In altri termini, l'agevolazione fiscale per l'acquisto oneroso di un immobile non sarebbe impedita dalla titolarità, in comunione con la figlia, del diritto di proprietà su un immobile nello stesso Comune, ma costituisce ostacolo per il diritto di abitare presso la nuova unità abitativa acquistata con le agevolazioni prima casa.
Alla luce di tali assunti, l'Agenzia afferma che la rinuncia al diritto di abitazione, operata dal padre, a titolo gratuito, a favore della figlia coerede, configurandosi come un trasferimento da un punto di vista fiscale, comporta l'applicazione dell'imposta di donazione (con l'aliquota del 4% oltre la franchigia di 1 milione di euro, tenuto conto del rapporto di parentela in linea retta tra le parti coinvolte), nonché delle imposte ipotecaria e catastale rispettivamente nella misura del 2% e 1%.
Nella risposta all'interpello, si chiarisce altresì anche il calcolo della base imponibile, ai fini della determinazione dell'imposta di donazione, ipotecaria e catastale dovute, con riferimento all'atto di rinuncia.
Il valore del diritto di abitazione trasferito a favore del figlio coerede deve essere calcolato nel 50% del valore del diritto di abitazione alla data dell'atto, dovendo fare riferimento alla misura del 50% corrispondente alla quota di proprietà di abitazione della figlia.
|
||