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Parliamo di un caso molto frequente nella pratica e di sicuro interesse per molti.
Dopo il decesso dei genitori, i figli si attivano spesso per vendere la casa di famiglia; ma, spesso, non si tratta di un immobile ereditato nel senso tecnico: si tratta, invece, di un immobile donato dal genitore mentre era ancora in vita.
Si tratta di un'operazione che in quel momento è conveniente, ma che si rivela poi scomoda quando i donatari decidono di vendere l'immobile.
Diventa insomma più difficile riuscire a trovare soggetti disponibili ad acquistare l'immobile.
Infatti, se il bene in vendita risulta donato, l'acquirente, giustamente, diventa più prudente e spesso lascia perdere l'operazione, perché è notorio che l'acquisto di un bene donato potrebbe riservare sorprese per niente piacevoli.
Ora che la popolazione invecchia e gli immobili venduti sono spesso il frutto di donazioni, è consigliabile dunque agli aspiranti acquirenti di informarsi per sapere bene cosa vuol dire acquistare un bene donato.
Quello della donazione è infatti uno degli argomenti più delicati in termini di rischio negli acquisti di beni. A essa bisogna badare con molta attenzione e nel caso farsi consigliare d assistere da un esperto che sappia indirizzarci correttamente. Un esperto di diritto che non abbia alcun interesse nella vendita dell'immobile.
Qui parliamo di un aspetto specifico della questione, solo uno dei tanti, si badi, ma assai frequente nella pratica, dato che la vita media si è allungata e le seconde nozze in tarda età non sono rare.
Parliamo dei diritti che in caso di successioni ereditarie il secondo coniuge del defunto può accampare nei confronti di una casa donata prima del matrimonio; donazione che solitamente ha come beneficiari i figli di prime nozze.
Tale operazione appare a molti come un modo per escludere, un dì, dall'eredità del bene donato, il secondo coniuge e rassicurarsi rispetto ai timori di un matrimonio di interesse.
Come agli acquirenti sembra in quel caso di potere essere al riparo da eventuali rivendicazioni sul bene da parte del secondo coniuge.
Ma si tratta di un errore. Non è così!
Sebbene la legge non sia sul punto esplicita, per la giurisprudenza i diritti successori del nuovo coniuge valgono anche nei confronti della casa donata prima delle nozze (non risultano a chi scrive decisioni di legittimità in senso contrario).
Con il presente articolo, premessi alcuni cenni sulle norme più rilevanti, riporteremo dunque la posizione di alcune sentenze. Rimandiamo, poi, come sempre per la soluzione dei casi concreti alla consulenza di professionisti esperti.
Quali sono i diritti di successione del secondo coniuge riguardo a un bene donato prima del matrimonio?
Egli è infatti un erede a cui è riservata una quota prevista dalla legge e che non può essere intaccata dal privato in nessun modo, nemmeno con le donazioni; secondo i giudici, nè con le donazioni successive, nè con quelle anteriori al matrimonio.
Il secondo coniuge (se non vi è stato divorzio o separazione con addebito di colpa) è infatti un erede legittimario, ai sensi dell'art. 536 e ss. c.c. e la quota che gli spetta per legge è detta quota di riserva.
Dispone l'art. 555 c.c. che le donazioni il cui valore eccede la quota di cui il defunto poteva disporre sono soggette a riduzione sino al raggiungimento della quota.
Inoltre, ai sensi dell'art. 556 c.c. al fine di determinare la quota disponibile si forma una massa dei beni che appartenevano al defunto al momento della morte (al netto dei debiti) e si aggiunge fittiziamente il valore di beni che sono stati donati in vita (v. Cass. 4445/2016 e 1373/2009).
Dispone poi l'art. 563 che
se i donatari contro i quali è stata pronunciata la riduzione hanno alienato a terzi gli immobili donati e non sono trascorsi venti anni dalla trascrizione della donazione, il legittimario, premessa l'escussione dei beni del donatario, può chiedere ai successivi acquirenti, nel modo e nell'ordine in cui si potrebbe chiederla ai donatari medesimi, la restituzione degli immobili... art. 563 c.c.
Secondo la giurisprudenza della Corte di Cassazione che appare costante, al fine dell'accertamento della quota disponibile dell'eredità bisogna tenere in considerazione tutte le donazioni effettuate in vita dal defunto.
Secondo la giurisprudenza di legittimità, infatti, per determinare la porzione disponibile e quelle riservate ai legittimari, bisogna prendere in considerazione tutti i beni che erano del defunto al momento del decesso, sottratti i debiti, nonché il valore di tutte le donazioni effettuate in vita dal defunto, senza distinzione tra donazioni anteriori e donazioni posteriori al sorgere del rapporto con il defunto (da cui deriva la qualità di erede legittimario).
Da ultimo, la Corte di Cassazione si è espressa in tal senso con la sentenza n. 4445 del 2016, che si è rifatta ad altre sentenze in precedenza emesse dalla stessa Corte e cioè, le n. 1373/2009 e 1122/1982.
L'equiparazione tra le donazioni disposte nei due diversi periodi risponde alla necessità di creare una riunione fittizia della parte del patrimonio di cui poteva disporre il defunto e, dunque, individuare la quota di riserva spettante al legittimario.
Non sono valse – nel giudizio conclusosi con la sentenza n. 4445 citata – le argomentazioni dei donatari, secondo cui tale impostazione violerebbe il principio di eguaglianza, di rango costituzionale (ex art. 3) con l'equiparare i figli al nuovo coniuge: mentre questi acquista la qualità di legittimario al momento del matrimonio, essi l'acquistano con la loro stessa esistenza e la legge
solo nel caso di sopravvenienza di figli (e non nel caso di sopravvenienza del coniuge) prevede - all'art. 803 c.c. - la possibilità per il donante di revocare le donazioni. Cass. 4445/2016
La Corte è invece di diverso avviso; afferma che la posizione di figli e secondo coniuge, ai fini della determinazione della quota di riserva, non è diversa: infatti, spiega, sia i figli che il coniuge di seconde nozze possono chiedere la riduzione della donazioni, comprese quelle precedenti all'acquisto della qualità di legittimario: come il figlio può chiedere la riduzione delle donazioni effettuate prima della sua nascita, altrettanto può fare il secondo coniuge nei confronti delle donazioni effettuate prima del matrimonio con il de cuius.
I ricorrenti rilevano inoltre che la qualità di legittimario del coniuge può avere un inizio e una fine, per cui inizia col matrimonio e cessa con il divorzio e la separazione con colpa; la Corte a sua volta osserva che ciò vale anche per i figli, i quali acquistano la qualità di legittimari con la nascita e la perdono con la morte. Infatti, prosegue, se i figli muoiono prima del genitore, l'azione di riduzione e di reintegrazione nella legittima non può essere esercitata
salvo che i figli premorti abbiano discendenti o altri soggetti legittimati a subentrare loro per rappresentazione (discendenti dei fratelli e delle sorelle). Cass. 4445/2016
Ma, soprattutto, afferma che se è vero che il vincolo è diverso (nel primo caso di sangue, nel secondo dipende dal matrimonio), ciò però non giustifica un trattamento diverso nella determinazione della quota di riserva e nella riunione fittizia delle donazioni.
Osserva la Corte, che la previsione della revocazione della donazione in caso di sopravvenienza di figli (cioè se dopo la donazione il donante ha figli o scopre di avere figli), di cui all'art. 803 c.c. richiamato dai ricorrenti, si fonda sull'opinione comune secondo cui se il genitore avesse avuto figli o avesse saputo dell'esistenza del figlio non avrebbe donato il bene.
La particolarità del legame tra genitori e figli, mentre giustifica la revocazione di cui all'art. 803 c.c., non giustifica però una disparità di trattamento tra i figli e il coniuge in sede di determinazione della porzione disponibile.
Pertanto, viene dichiarata infondata dalla Corte la questione di legittimità dell'art. 556 c.c., in relazione all'art. 3 Cost.
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