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È consuetudine parlare della revoca dell'amministratore di condominio.
Si sa che il legale rappresentante dei condomini può essere revocato in qualsiasi momento dall'assemblea (Art. 1129, secondo comma, c.c.).
Non c'è bisogno di un giustificato motivo per fare ciò:
affinché la deliberazione di revoca sia valida, infatti, è sufficiente che sia votata, almeno, dalla maggioranza dei partecipanti all'assemblea che rappresentino quanto meno 500 millesimi.
La revoca, inoltre, può essere disposta, dall'Autorità Giudiziaria, quando:
a) l'amministratore non presenta il conto della propria gestione per due anni consecutivi;
b) non avvisa l'assemblea di provvedimenti amministrativi o giudiziari che esulano dalla sua competenza;
c) vi sono fondati sospetti di gravi irregolarità.
In sostanza, com'è giusto che sia, i condomini sono ben tutelati avendo più di uno strumento per sollevare dall'incarico l'amministratore che per loro è inadempiente.
Che cosa accade a parti invertite, cioè se è l'amministratore a volersi dimettere dal proprio incarico?
La legge non disciplina espressamente questa ipotesi.Certamente non si può arrivare al paradosso di pensare che la carica sia irrinunciabile e che l'amministratore sia obbligato a mantenere l'incarico fino alla sua naturale scadenza (ossia un anno di gestione, art. 1129 c.c.).
Tuttavia questa carenza normativa crea non poca incertezza.
Per rispondere al quesito è necessario comprendere com'è inquadrato a livello giuridico, il rapporto amministratore-condominio.
La Corte di Cassazione, in modo pressoché unanime, afferma che questo rapporto deve essere ricondotto nell'alveo del contratto di mandato.
In pratica i condomini (riuniti in assemblea) conferiscono all'amministratore il mandato di rappresentarli in relazione alla gestione e conservazione delle parti comuni dello stabile (cfr. Cass. SS.UU. n. 9148/08).
Trattandosi di un contratto di mandato, quindi, per capire modi e termini delle dimissioni dell'amministratore, è necessario rifarsi alle norme che regolano questo tipo di contratto.
Come si estingue questo rapporto giuridico?L'art. 1722 c.c., rubricato Cause di estinzione recita, tra le altre cose:Il mandato si estingue:
1) (""); 2) (""); 3) per rinunzia del mandatario; 4) ("").
L'art. 1727 c.c., specificando le conseguenze della rinuncia al mandato afferma che:Il mandatario che rinunzia senza giusta causa al mandato deve risarcire i danni al mandante.
Se il mandato è a tempo indeterminato, il mandatario che rinunzia senza giusta causa è tenuto al risarcimento, qualora non abbia dato un congruo preavviso.In ogni caso la rinunzia deve essere fatta in modo e in tempo tali che il mandante possa provvedere altrimenti, salvo il caso d'impedimento grave da parte del mandatario.
La lettura coordinata di queste norme ci permette di affermare che l'amministratore potrà sempre rinunciare al mandato, non essendo vincolato a rispettare la sua scadenza naturale.
Tuttavia, laddove da questa condotta scaturisca un danno per i condomini, questi saranno legittimati ad agire nei confronti dell'ormai ex amministratore per ottenere il risarcimento del danno causato dal suo comportamento.In ogni caso, fino alla nomina del nuovo amministratore, e salvo il caso in cui i condomini (o uno dei condomini) prendano in carico la documentazione condominiale, il dimissionario sarà tenuto a garantire la gestione ordinaria della cosa comune.
Ciò significa che i condomini potranno continuare a versare le quote condominiali e l'amministratore sarà tenuto ad incassarle al fine di erogare i servizi comuni.
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