Le innovazioni e le modifiche delle cose comuni, sia pur molto simili, sono comunque interventi differenti soggetti a diversi regimi di autorizzazione
In condominio, si tratti di opere deliberate dall'assemblea o di interventi posti in essere dal singolo comproprietario, non sempre è agevole distinguere tra innovazioni e semplici modificazioni.
Quando si può parlare delle prime?
Quando di semplici modificazioni?
La Cassazione è tornata sull'argomento con una recente sentenza riprendendo quello che, sostanzialmente, dice da anni.
Si legge in una pronuncia datata 19 ottobre 2012 che le innovazioni, di cui all'art. 1120 c.c., non corrispondono perfettamente alle modifiche, cui in realtà si riferisce l'art. 1102 c.c., atteso che le prime sono costituite da opere di trasformazione della cosa comune, che incidono sull'essenza di essa e ne alterano l'originaria funzione e destinazione, mentre le seconde si inquadrano nelle facoltà che il condomino ha in ordine alla migliore, più comoda e razionale utilizzazione della cosa, facoltà che incontrano solo i limiti indicati nello stesso art.1102 c.c. (così, Cass. n. 2940/63) (Cass. 19 ottobre 2012, n. 18052).
La distinzione, quindi, corre sulla funzione della parte comune soggetta all'intervento modificativo.
Alcuni esempi chiariranno le idee.
Se l'assemblea delibera di installare sul cancello già presente un motorino per automatizzarlo, quell'opera dovrà essere considerata una modificazione ricadente nell'ambito degli interventi straordinari ma non sicuramente un'innovazione.
La funzione del cancello, infatti, resterà sempre quella di porre una barriera all'ingresso nel parcheggio condominiale.
L'assemblea decide di dividere a metà il cortile con dei comuni panettoncini sparti traffico in modo da separare la zona a traffico veicolare da quella pedonale; anche qui nessuna innovazione, visto che il provvedimento è destinato solamente ad incidere sul miglior godimento di una parte dell'edificio già usata in quel modo.
L'assemblea delibera l'installazione di un ascensore nel vano scale.
Quella parte dell'edificio, dopo l'intervento cambierà destinazione e conformazione materiale: è normale considerare quella decisione dell'assise alla stregua di un'innovazione.
Ciò incide e non poco sulle maggioranze necessarie per deliberare simili interventi; si pensi, in tal senso che per un intervento di manutenzione straordinaria, se non di notevole entità, possono essere sufficienti il voto favorevole di un terzo dei partecipanti all'assemblea e un terzo del valore millesimale dell'edificio.
Se, invece, l'intervento è qualificabile come innovativo, le deliberazioni relative devono essere sempre approvate con un numero di voti che rappresenti la maggioranza dei partecipanti al condominio e i due terzi del valore dell'edificio (art. 1136, quinto comma, c.c.).
Lo stesso discorso va fatto in termini di uso della cosa comune da parte del singolo condominio: utilizzare una parte dell'edificio per il proprio interesse non può arrivare fino al punto di stravolgerne la funzione originaria.