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Accade spesso che i genitori diano in uso al figlio l'appartamento, dove sino ad allora hanno abitato insieme a lui, per andare a vivere altrove, ad esempio in campagna o in una casa più piccola.
Non sempre ciò accade in vista di un matrimonio: il figlio in quel momento può anche essere single.
Succede poi che il figlio si sposi e che quella casa diventi il luogo dove la nuova famiglia cresce.
Accade poi che per qualche motivo i genitori chiedano indietro la casa .
E a quel punto può succedere che il figlio, che nel frattempo ha divorziato, si opponga alla restituzione, insieme alla ex moglie, con la giustificazione che quella casa è oggi sede della nuova famiglia.
È quello che è accaduto nel caso deciso dalla recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 24838 del 21 novembre 2014).
Nel caso di specie è la mamma, rimasta vedova, a richiedere indietro l'appartamento; da un punto di vista giuridico, ella giustifica la richiesta asserendo che trattasi di comodato d'uso gratuito precario, o al più, se secondo la Corte dovesse trattarsi di comodato ad uso di casa familiare, che sussista l'imprevedibilità dei motivi per cui chiede la restituzione. Nei fatti, rimasta vedova e anziana, non se la sente più di vivere in una casa isolata, e vuole ritornare ad utilizzare la vecchia casa.
Nel contratto di comodato una parte (comodante) consegna all'altra (comodatario) una cosa mobile o immobile, affinché se ne serva per un tempo o per un uso determinato, con l'obbligo di restituire la stessa cosa ricevuta. Il comodato è essenzialmente gratuito (v. art. 1803 c.c.). Il comodatario non può servirsi della cosa che per l'uso determinato dal contratto o dalla natura della cosa.
Ai sensi dell'art. 1809 c.c., intitolato appunto Restituzione, il comodatario deve restituire la cosa alla scadenza del termine convenuto o, in mancanza di termine, quando se ne è servito in conformità del contratto. Il comodante può però esigere la restituzione immediata, anche prima che scada il termine o che il comodatario abbia cessato di servirsi della cosa, se gli sopraggiunge un urgente e impreveduto bisogno. Ordinarimente, cioè in caso di fissazione del termine o di uso specifico, la restituzione prima del termine o che si concluda l'uso si può pretendere solo in caso di urgente e imprevidibile bisogno del comodante.
Se però non sono stati specificati nè il termine nè l'uso, si rientra nell'ipotesi di cui all'art. 1810 c.c., per il quale il comodante può pretendere la restituzione senza addurre specifici motivi ed il comodatario è tenuto a restituirla non appena il comodante la richiede.
Questa seconda ipotesi è chiamata anche di comodato precario ed è quella in cui secondo l'attrice si verteva nel caso de quo. Solo in via subordinata e nella pur denegata ipotesi che il giudice la ritenesse un comodato con uso o tempo convenuto, ella sosteneva che comunque le ragioni che la spingevano a chiedere la restituzione del bene erano imprevedbili e dunque legittime, ai sensi dell'art. 1809 c.c.
I convenuti sostengono invece che il bene era destinato ad un determinato uso (di abitazione coniugale) e che come tale il contratto non poteva essere sciolto prima che si verificassero le condizioni e che i motivi per una restitituzione anticipata (caratterizzati dal requisito dell'imprevedibilità, ex art. 1809 c.c.) non esistevano.
Mentre in primo grado venivano accolte le ragioni dell'attrice, in appello, al contrario, venivano accolte quelle dei convenuti.
La Corte di Cassazione, a sua volta, annulla l'appello e accoglie le ragioni dell'attrice con la motivazione che: risulta accertato dagli atti del giudizio che, il contratto di comodato risale a due anni prima del matrimonio, e dunque, deduce la Corte, la destinazione d'uso non poteva rinvenirsi nel matrimonio; dunque, ancora, in assenza di prove o almeno di presunzioni in contrario, deve presumersi che non è stato convenuto l'uso del bene quale residenza coniugale. Si prosegue in sentenza, la giurisprudenza (dalla sentenza Cass. SS. UU. n. 13603 del 21 luglio 2004, in poi) che ha accolto la tesi dei convenuti e cioè che il comodatario ha diritto alla prosecuzione del rapporto finchè perdurano le esigenze familiari, ha ragione di esistere solo se l'intento di destinare l'uso del bene risulti certo ed inequivocabile e che ne sia dunque fornita prova, prova assente nel caso di specie.
Si sancisce, infine, che non essendo possibile prevedere come si invecchierà, se in salute, in solitudine, in povertà, etc., tale evoluzione non può essere considerata un evento prevedibile e dunque insuscettibile di giustificare la richiesta di restituzione anche nel caso di comodato a termine o d'uso specifico (di cui all'art. 1809, co.2, c.c.).
Inoltre, si sottolinea nella sentenza, il nostro ordinamento guarda con sfavore alla circolazione gratuita dei beni, soprattutto di quelli immobili ; ciò comporta che l'esistenza di una effettiva volontà di assoggettare il bene a vincoli e a destinazioni d'uso particolarmente gravosi, qual è quello di cui si tratta, non può essere presunta, ma deve essere positivamente accertata. Nel dubbio, va adottata la soluzione più favorevole alla cessazione del vincolo, considerato anche il sospetto ed il disfavore con cui l'ordinamento considera i trasferimenti gratuiti di beni e di diritti sui beni.
Deve essere invece interpretata ed applicata con larghezza la norma che autorizza il comodante a chiedere la restituzione del bene concesso gratuitamente in uso.
La valutazione del Giudice di Legittimità spiega bene la collocazione del comodato nel nostro ordinamento e pone a confronto l'interesse alla circolazione gratuita dei beni con quello opposto della circolazione onerosa degli stessi e delle esigenze abitative personali, in particolare poi se tali esigenze abitative personali facciano capo ad una persona anziana, sola e bisognosa di cure; per di più a fronte di un'utilizzazione gratuita già protrattasi per anni.
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