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Cosa succede se durante i lavori di ristrutturazione intrapresi su un immobile si verificano delle infiltrazioni acqua che danneggiano il vicino?
Chi è tenuto al risarcimento del danno e alla riparazione di quanto danneggiato a causa dell'infiltrazione acqua?
Al fine di chiarire chi sia il responsabile occorre far riferimento alle norme relative ai danni da cose in custodia di cui all'articolo 2051 del codice civile.
Vediamo più nel dettaglio la situazione.
In base a quanto previsto all'articolo 2051 chi possiede o detiene un bene è da considerare responsabile per il danno che sia stato cagionato dalla cosa di cui abbia la custodia, a meno che non dimostri il caso fortuito.
Ruolo centrale nella disposizione è assunto dal concetto di custodia del bene.
La custodia del bene spetta al proprietario o a chi ha la detenzione del bene.
Costoro sono tenuti a vigilare su di esso, controllarlo, gestirlo e farne la corretta manutenzione, al fine di evitare pericoli o danni a carico di altri.
Tale regola vale anche in caso di appartamenti situati in condominio, anzi a maggior ragione in un contesto dove vi sono unità immobiliari vicine, appartenenti ad altri.
Dunque, ciascun titolare dell'unità abitativa ha la responsabilità per eventuali danni che dovessero essere causati ad altri condomini o a terzi connessi all'immobile posseduto o detenuto.
È quanto accaduto nel caso che stiamo per esaminare e sul quale si è pronunciata la Corte di Cassazione con la sentenza n. 21977/2022.
La fattispecie esaminata dalla Corte Suprema concerneva danni da infiltrazioni che provenivano da un appartamento situato al piano di sopra rispetto all'unità immobiliare danneggiata.
Il danno era dipeso da una rottura di tubazioni che si verificava a seguito di interventi di ristrutturazione edilizia intrapresi dalla ditta appaltatrice incaricata dal proprietario.
Chi è il responsabile?
Il titolare dell'immobile oggetto di ristrutturazione ai sensi dell'articolo 2051 codice civile oppure l'impresa edile cui i lavori sono stati affidati in appalto?
In base a quanto asserito dai Giudici di secondo grado, non trovava applicazione l'articolo 2051 codice civile poiché il danno non era causato dall'immobile in quanto tale bensì dalla negligenza dell'appaltatore che si occupava del lavoro di ristrutturazione.
Non dello stesso avviso si è dimostrata la Corte di Cassazione secondo la quale il proprietario dell'immobile deve sempre ritenersi responsabile ai sensi dell'articolo 2051 se il danno, nella fattispecie dovuto alla rottura delle tubazioni, è riconducibile all'immobile di cui è titolare.
Nella fattispecie, dunque, l'evento dannoso risultava strettamente collegato all'immobile stesso, a fronte del suo intrinseco dinamismo e potenziale pericolosità.
Il danno è ascrivibile ai sensi dell'articolo 2051 codice civile e nulla rileva se la rottura delle tubazioni sia avvenuta perché vetusta e guasta oppure perché danneggiata dall'attività della ditta esecutrice.
Sul proprietario custode grava in ogni caso il dovere di vigilare e custodire il bene affinché esso non arrechi danno ad alcuno.
Accertata la responsabilità del committente dei lavori la Corte di Cassazione nella fattispecie esaminata ravvisava un concorso di responsabilità con la ditta appaltatrice.
La condotta umana colpevole posta in essere dall'impresa appaltatrice incaricata di eseguire i lavori di ristrutturazione non può essere esclusa avendo proprio gli operai della ditta posto in essere un comportamento idoneo a cagionare le infiltrazioni.
Nell'ambito dei rapporti interni tra appaltatrice e committente il risarcimento danni per perdita acqua è dovuto in quote uguali.
Quando potrebbe ravvisarsi la sola responsabilità dell'Impresa appaltatrice?
Abbiamo visto che nella fattispecie esaminata il committente veniva condannato al pagamento dei danni in favore della persona lesa.
L'aver consegnato l'immobile all'impresa non libera il committente dalle sue responsabilità. Per il proprietario l'unica prova liberatoria è infatti costituita dal caso fortuito.
Quando la custodia dell'immobile e il potere di fatto sulla cosa si possono trasferire all'impresa edilizia?
Si può ritenere sussistente questa condizione nel caso in cui i lavori non siano ancora ultimati?
Solo in presenza di una condizione si può affermare che la ditta sia l'unica responsabile dei danni cagionati per la rottura della tubazione.
Questo accade nel caso in cui il proprietario dimostri di aver affidato completamente all'appaltatore la custodia del bene sul quale vengono eseguiti gli interventi di ristrutturazione. Come conseguenza del potere fisico sulla cosa acquisito e del connesso obbligo di vigilare contro il rischio di danni a terzi, deriva la responsabilità oggettiva in capo alla ditta appaltatrice.
Non basta a tal fine fornire la prova del contratto di ristrutturazione ancora in corso di esecuzione nel momento in cui si è verificato l'evento dannoso.
Occorre produrre prova positiva della circostanza del totale affidamento dell'immobile all'appaltatore. Dalla stipula del contratto di appalto non si può dedurre tale circostanza.
In conclusione, senza la prova del totale trasferimento del potere di fatto sull'immobile in capo all'appaltatore, non si può escludere la responsabilità del committente proprietario a seguito del dovere di custodia che incombe su di lui con responsabilità oggettiva ai sensi dell'articolo 2051.
La responsabilità trova fonte nel rapporto di custodia, in quanto il danno rappresenta una diretta conseguenza dei lavori eseguiti su detto immobile.
La ristrutturazione in sé non comporta il cessare del potere di fatto sull'immobile da parte del committente sul quale continua a sussistere l'obbligo di vigilare e controllare la corretta esecuzione dei lavori.
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