Al momento del conferimento dell'incarico dell'amministratore di condominio, l'assemblea decide anche sulla eventuale retribuzione del proprio legale rappresentante.
L'amministratore di condominio è regolarmente nominato se la deliberazione è approvata con un numero di voti che rappresenti la maggioranza degli intervenuti e almeno la metà del valore dell'edificio (art. 1136, secondo e quarto comma, c.c.).
Al momento del conferimento dell'incarico l'assemblea decide anche sulla eventuale retribuzione del proprio legale rappresentante.
La Cassazione si è soffermata sul senso della locuzione eventuale retribuzione spiegando che i rapporti fra amministratore e condominio sono regolati dalle disposizioni sul mandato: in particolare, per quanto riguarda la retribuzione, dall'art. 1709 cod. civ., secondo cui - contrariamente a quanto stabilito dal corrispondente art. 1753 del codice civile previgente e, per quanto riguarda espressamente l'amministratore del condominio, dall'art. 16 del r.d.l. 15 gennaio 1934, n. 56 - il mandato si presume oneroso.In tale contesto normativo, l'art. 1135, n. 1, cod. civ., che considera "eventuale" la retribuzione dell'amministratore, va inteso nel senso che l'assemblea può determinarsi espressamente per la gratuità (Cass. 16 aprile 1987 n. 3774).
Proprio questa riconduzione del rapporto amministratore - condominio nell'ambito del contratto di mandato, recentemente confermata anche dalle Sezioni Unite del Supremo Collegio (cfr. Cass. SS.UU. n. 9148/08), rende più chiare delle problematiche di usuale ricorrenza al momento della cessazione del rapporto fiduciario: il recupero delle somme dovute all'amministratore.
Queste possono essere distinte in due differenti tipologie:
a) somme dovute a titolo di compenso per l'attività svolta;
b) somme che l'amministratore ha anticipato per erogare le spese necessarie alla normale fruizione dei servizi comuni.
Quanto alle prime la legge è chiarissima, nelle norme disciplinanti il contratto di mandato il codice civile afferma che la misura del compenso, se non è stabilita dalle parti, è determinata in base alle tariffe professionali o agli usi; in mancanza è determinata dal giudice (art. 1709 c.c.).
Un esempio chiarirà il concetto: si pensi a Tizio, amministratore del condominio Alfa, che al momento della nomina e dell'approvazione del preventivo di spesa di veda riconosciuto, per l'attività che da svolgere nell'anno di gestione un compenso per una somma pari a X euro.
Si ipotizzi che per una serie svariata di ragioni (salvo la revoca anticipata) il professionista non riesca a percepire il compenso per l'opera prestata.In questo caso egli potrà, dimostrando la sussistenza del credito (che in questo caso è indubbia vista la sua approvazione da parte dell'assemblea), agire giudizialmente allorquando non riesca a recuperare bonariamente il giusto dovuto.
Leggermente diversa la situazione nel caso di anticipazioni da parte del mandatario.
Per anticipazione s'intende l'esborso di proprie somme di denaro che l'amministratore fa a vantaggio del condominio.
Non v'è alcun obbligo di legge che imponga al legale rappresentante dei condomini di fare ciò, tuttavia una momentanea assenza di liquidità ed altri svariati motivi possono indurlo ad agire in tal senso.
La legge è chiara nell'affermare che il mandante deve rimborsare al mandatario le anticipazioni, con gli interessi legali dal giorno in cui sono state fatte, e deve pagargli il compenso che gli spetta (art. 1719, primo comma, c.c.).
Qualche problema potrebbe sorgere in relazione all'onere probatorio: l'amministratore uscente, infatti, è tenuto a dimostrare di aver effettuato quella spesa e di averlo fatto con i propri denari.
Ciò vuol dire che, salvo il caso di approvazione del rendiconto, il professionista dovrà dar prova dell'esborso (es. presentazione fattura di spesa che ha pagato) e dimostrazione di averlo fatto con proprie somme (quindi dando dimostrazione che i soldi fino a quel momento presenti nella cassa condominiale) non erano sufficienti.