Costruzione, ricostruzione, ristrutturazione e distanze

La normativa sopravvenuta sulle distanze nelle costruzioni trova applicazione per le nuove costruzioni e non anche nei casi di ristrutturazione e ricostruzione.
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Tirar giù un edificio per poi ricostruirlo più alto costituisce una nuova costruzione come tale assoggettata al rispetto della normativa sulle distanze previste dai regolamenti locali e dall'art. 873 c.c.


Questo, nel solco del proprio consolidato orientamento, il responso della Corte di Cassazione in relazione ad una controversia risolta con la sentenza n. 21000 del 13 settembre 2013.


La controversia nasce a seguito di un intervento edilizio.


In breve: il proprietario di un immobile lo abbatte e ricostruisce sopraelevandolo di un metro e quaranta centimetri.


Nasce una causa con il vicino: per quest'ultimo si tratta di nuova costruzione conseguente a sopraelevazione con annessa violazione della normativa sulle distanze tra costruzioni.


Per l'autore dell'opera una semplice ricostruzione pienamente legittima.


Distanze tra costruzioni


Ai sensi dell'art. 873 c.c.:


Le costruzioni su fondi finitimi, se non sono unite o aderenti, devono essere tenute a distanza non minore di tre metri. Nei regolamenti locali può essere stabilita una distanza maggiore.


La norma del codice civile, quindi, ha una funzione sussidiaria rispetto ai regolamenti locali che comunque non possono contenere distanze inferiori.


Che cosa deve intendersi per costruzione?


Secondo la Cassazione ai fini dell'osservanza delle distanze legali di cui agli artt. 873 e seguenti c.c., nonché di quelle prescritte dagli strumenti urbanistici o normativi che integrano la disciplina codicistica, deve considerarsi costruzione qualsiasi manufatto non completamente interrato che abbia i caratteri della solidità, stabilità e immobilizzazione al suolo, anche mediante appoggio, incorporazione o collegamento fisso a un corpo di fabbrica preesistente o contestualmente realizzato, e ciò indipendentemente dal livello di posa e di elevazione dell'opera, dai caratteri del suo sviluppo volumetrico esterno, dall'uniformità o continuità della massa, dal materiale impiegato per la sua realizzazione e dalla sua funzione o destinazione (Cass. 28 settembre 2007 n. 20574).


In questo contesto, prosegue la Corte per quanto riguarda gli sporti, le terrazze, le scale esterne o, in genere, i corpi avanzati costituenti aggetti di un edificio, questi, ove siano stabilmente incorporati nell'immobile e non abbiano una funzione meramente decorativa od ornamentale, accrescono la superficie, il volume e la funzionalità dell'immobile cui accedono e rientrano nel concetto civilistico di costruzione, per cui di essi deve tenersi conto ai fini delle distanze, che vanno misurate dal limite dei manufatti aggettanti verso il vicino (Cass. 28 settembre 2007 n. 20574).


Sopraelevazione e ricostruzione


CostruzioneSe esiste uno stato dei luoghi, non ogni modificazione dev'essere considerata rilevante ai fini del rispetto delle nuove norme sulle distanze.


Spieghiamoci meglio: esistono due edifici A e B posti alla distanza di tre metri. Successivamente alla loro costruzione viene modificato il regolamento edilizio locale che prevede una distanza minima di quattro metri. La norma chiaramente varrà per il futuro.


Accade, in questo futuro che il proprietario dell'immobile A deve ristrutturarlo e decide di buttarlo giù e ricostruirlo esattamente come il precedente, piuttosto d'intervenire in modo mirato.


In questo caso non si applicano le nuove norme (4 metri) ma si considera valida la situazione esistente che potrà essere riprodotta.


Ma che succede se l'edificio A viene ricostruito sostanzialmente uguale ma leggermente più alto?


Nel caso risolto dalla sentenza n. 21000 della Cassazione, come detto in precedenza, la sopraelevazione era pari ad 1,40 m.


Il giudice di primo grado e quello d'appello hanno ritenuto l'intervento ricostruttivo alla stregua di una ricostruzione dello status quo ante come tale non soggetto al rispetto delle nuove distanze previste dai regolamenti locali.


La Cassazione s'è mostrata di parere opposto.


Si legge in sentenza: secondo il consolidato orientamento di questa Corte, nell'ambito delle opere edilizie, si ha semplice ristrutturazione ove gli interventi, comportando modificazioni esclusivamente interne, abbiano interessato un edificio del quale sussistano (e, all'esito degli stessi, rimangano inalterate) le componenti essenziali, quali i muri perimetrali, le strutture orizzontali, la copertura.


È ravvisabile, al contrario, una ricostruzione allorché dell'edificio preesistente siano venute meno, per evento naturale o per volontaria demolizione, dette componenti, e l'intervento si traduca nell'esatto ripristino delle stesse, operato senza alcuna variazione rispetto alle originarie dimensioni dell'edificio e, in particolare, senza aumenti della volumetria, né delle superfici occupate in relazione alla originaria sagoma di ingombro.


Nuova costruzioneIn presenza di tali aumenti, si verte, invece, in ipotesi di nuova costruzione, da considerare tale, ai fini del computo delle distanze rispetto agli edifici contigui, come previste dagli strumenti urbanistici locali, nel suo complesso, ove lo strumento urbanistico rechi una norma espressa con la quale le prescrizioni sulle maggiori distanze previste per le nuove costruzioni siano estese anche alle ricostruzioni, ovvero, ove una siffatta norma non esista, solo nelle parti eccedenti le dimensioni dell'edificio originario (Cass. Sez. Un. 19-10-2011 n. 21578; Cass. 11-2-2009 n. 3391; Cass. 27-4-2006 n. 9637) (Cass. 13 settembre 2013 n. 21000).


Gli ermellini hanno quindi concluso che il manufatto sopraelevato doveva essere considerata nuova costruzione e non semplice ricostruzione.

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