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È usuale che gli edifici in condominio dispongano di un cortile.
Di chi è la proprietà di questo spazio?
Che cos'è il cortile?
Qual è la sua destinazione d'uso?
Può essere modificata?
Si tratta delle domande più comuni che si pongono all'attenzione degli addetti ai lavori e dei condomini quando si parla del cortile.
Riguardo al primo quesito va detto che il cortile, ai sensi dell'art. 1117 n.1 c.c., è da considerarsi una parte comune, salvo diversa disposizione contenuta negli atti d'acquisto o nel regolamento di condominio.
In sostanza il cortile è di proprietà di tutti i partecipanti al condominio o di quelli eventualmente individuati dal regolamento o dagli atti d'acquisto.
Passando agli aspetti definitori, vale la pena partire dal significato comune del termine per poi passare a quello tecnico-giuridico.
Secondo il dizionario della lingua italiana il cortile è l'area scoperta compresa in un edificio o delimitata da più edifici sulla quale si affacciano gli ambienti interni di essi (Grande Dizionario di Italiano, Garzanti, 2003).
L'esempio classico, per l'appunto, è quello del cortile interno delimitato dalla facciata interna del condominio composto da uno o più corpi di fabbrica.
La conformazione strutturale degli edifici fa sì che non sempre queste aree siano delimitate dai palazzi cui esse servono.
Per tale motivo la giurisprudenza, facendo propria l'accezione comune del termine cortile, l'ha specificata affermando in più occasioni che il cortile, tecnicamente, è l'area scoperta compresa tra i corpi di fabbrica di un edificio o di più edifici, che serve a dare aria e luce agli ambienti circostanti. Ma avuto riguardo all'ampia portata della parola e, soprattutto, alla funzione di dare aria e luce agli ambienti che vi prospettano, nel termine cortile possono ritenersi compresi anche i vari spazi liberi disposti esternamente alle facciate dell'edificio - quali gli spazi verdi, le zone di rispetto, i distacchi, le intercapedini, i parcheggi - che, sebbene non menzionati espressamente nell'art. 1117 cod. civ., vanno ritenute comuni a norma della suddetta disposizione (Cass. 9 giugno 2000, n. 7889).
Per esemplificare si pensi allo spazio posto sul retro del condominio e delimitato, nella parte non addossata all'edificio, da un'inferriata.
Sempre la Cassazione ha ulteriormente chiarito che è equiparabile al cortile anche quello spazio di piccole o di piccolissime dimensioni, che serve prevalentemente a dare aria e luce a locali secondari (bagni, gabinetti, disimpegni, servizi etc.) (Cass. 7 aprile 2000, n. 4350).
Il riferimento è alle così dette vanelle o pozzi luce. In tali casi, queste zone, salvo diverse disposizioni contenute negli atti d'acquisto o nel regolamento di condominio devono, essendo equiparate al cortile propriamente detto, essere considerate parti comuni.
Se si guarda all'uso che si può fare del cortile molto dipende dalla sua conformazione e dalla sua destinazione originaria. Si pensi a quegli edifici in condominio nei quali il cortile, sia esso antistante, retrostante o interno al palazzo, sia destinato ab origine dal costruttore a giardino condominiale. In tal caso, è chiaro che sarà solo quello l'uso che se ne potrà fare e non anche altri (come ad esempio l'uso parcheggio).
Un simile stato dei luoghi è modificabile? In poche parole è possibile trasformare il giardino (cortile) condominiale in parcheggio?
Una decisione del genere è considerata un'innovazione e come tale è legittima se adottata con le maggioranze all'uopo previste.
E se invece il cortile condominiale non ha alcuna particolare destinazione, come potrà essere utilizzato?
In questi casi tutti i condomini potranno farne l'uso che ritengono più opportuno purché ciò non rechi pregiudizio all'uso che gli altri partecipanti al condominio possono fare (art. 1102 c.c.).
Alcuni esempi chiariranno il concetto.
È possibile posizionare nel cortile condominiale i tavolini e le sedie a servizio di un bar ubicato nell'edificio?
La domanda se la pongono tanti titolari di bar e altrettanti proprietari di appartamenti in condominio.
A volte si raggiunge un accordo, alle volte la questione è risolta alla radice (in un senso o nell'altro) dal regolamento di condominio, alle volte si litiga e si va in causa.
In casi del genere, vista la loro ricorrenza, le sentenze che ne seguono assumono particolare rilevanza; è così per una sentenza resa nel 2013 dal Tribunale di Monza.
Il fatto è inquadrabile nell'ambito dei limiti all'uso della cosa comune da parte dei condòmini.
La valutazione della legittimità dell'uso di un bene comune, sebbene sulla base dei principi appena accennati, dev'essere eseguita caso per caso.
Nella fattispecie risolta dal Tribunale di Monza le parti litigavano in merito al legittimo posizionamento dei tavolini di un bar nel cortile condominiale.
Legittimo secondo il titolare dell'attività commerciale, illecita secondo alcuni condòmini; l'ufficio giudiziario brianzolo ha dato ragione a questi ultimi.
Si legge in sentenza che la collocazione di tavolini e sedie, la frequentazione stabile dei clienti, certamente costituisce un uso incompatibile con la simultanea utilizzazione dell'area (sia pure con modalità diverse) da parte degli altri condomini e, segnatamente, da parte dell'attore.
Ciascuno condomino ha facoltà di trarre dal bene comune la più intensa utilizzazione ma i rapporti condominiali devono essere informati al principio di solidarietà, il quale richiede un costante equilibrio fra le esigenze e gli interessi di tutti i partecipanti alla comunione (cfr. Cass. 30.5.2003, n. 8808; n. 17208/2008).
Sussiste quindi il divieto di alterare la destinazione della cosa e di impedire agli altri partecipanti di farne parimenti uso secondo il loro diritto, escludendosi che l'utilizzo del singolo possa risolversi in una compressione quantitativa o qualitativa di quello, attuale o potenziale, di tutti i comproprietari (v. anche Cass. civ., sez. 2, sent. 27 febbraio 2007, n. 4617; sez, 2, sent, 30 marzo 2009 n. 7637/2009).
Principio, che, in casi similari, ha portato al diniego che un cortile di proprietà comune fra fabbricati adibiti a civili abitazioni e destinato soltanto al normale accesso ad essi potesse essere utilizzato dal singolo partecipante anche per l'accesso del pubblico ad un bar aperto nello stabile di sua proprietà esclusiva, nonché per la sistemazione di tavolini per la mescita all'aperto (cfr.: Cass. civ., sez. 2, sent. 5 dicembre 1966, n. 2843) ovvero che un locale adibito a gabinetto comune potesse essere utilizzato da uno dei partecipanti alla comunione anche per uso di decenza degli avventori di un bar aperto in un locale di sua proprietà esclusiva, giacché tale uso, pur non essendo idoneo all'asservimento del bene, modifica la naturale destinazione del gabinetto ad essere utilizzato dai soli comproprietari e altera il rapporto di equilibrio tra i diritti concorrenti dei singoli comunisti (cfr. Cass. civ., sez. 2, sent. 19 novembre 2004, n. 21902) (Trib. Monza 11 giugno 2013 n. 1601).
Dal cortile bisogna tenere distinto il porticato aperto al pubblico: qui la situazione potrebbe mutare, stante anche la destinazione al pubblico passaggio.
In tali casi, fermo restando l'eventuale divieto contenuto nel regolamento condominiale, l'apposizione dei tavolini risulta essere più consona, data la libera transitabilità di quell'area.
Al di là dei tavolini dei bar è lecita l'apposizione di sedie, tavolini, piante o panchine a utilizzo privato nelle parti comuni?
Sempre il Tribunale di Monza, nel settembre del 2012, si occupò della questione, fotografando egregiamente lo stato dell'arte.
Si legge in sentenza che in tema di condominio, il potere del singolo condomino di servirsi della cosa comune incontra un duplice limite, consistente, l'uno, nel rispetto della destinazione del bene comune, che non può essere alterata dal singolo partecipante alla comunione e l'altro, nel divieto di frapporre impedimenti agli altri partecipanti di farne parimenti uso secondo il loro diritto (Cass. civ., sez. II, 9 febbraio 2011, n. 3188). In questo contesto generale, prosegue il magistrato brianzolo, Ritenuto che le allegazioni dei ricorrenti in ordine alle condotte ascrivibili al [...], asseritamente esorbitanti il duplice limite innanzi evidenziato, segnatamente il collocamento nella corte comune di vasi di piante, di panchine con sedie e tavoli in adiacenza dei muri di proprietà del resistente, e l'apposizione di un cartello cd cave canem, non appaiono integrare gli estremi della violazione del principio di pari uso ricavabile dall'art. 1102 c.c., non apparendo in alcun modo pregiudizievoli rispetto ad un utilizzo della corte secondo la sua naturale destinazione di permanenza e transito al fine di accedere alle proprietà dei ricorrenti, non avendo gli stessi offerto alcuna prova o allegazione in ordine all'esistenza di un diritto di passaggio carraio sulla predetta area cortilizia, e non apparendo precluso l'accesso pedonale alle abitazioni, così come evincibile nella documentazione fotografica allegata (Trib. Monza 20 settembre 2012).
È legittima l'installazione di una tettoia in un cortile comune al fine di adibirla al deposito di biciclette?
Per rispondere alla domanda ci viene in soccorso una sentenza resa dalla Suprema Corte di Cassazione nel mese di luglio del 2011.
In quell'occasione, l'amministratore di un condominio, in presenza delle necessarie autorizzazioni amministrative, aveva dato l'assenso all'installazione nell'area cortilizia di una tettoia con la funzione di deposito biciclette.
Uno dei condòmini si era opposto a tale decisione impugnando la deliberazione e chiedendo che ne venisse riconosciuta la nullità; ciò perché a dire del dissenziente la decisione dell'assise aveva disposto, illegittimamente, dei diritti dei singoli sulle parti comuni. Il Tribunale, in primo grado, aveva rigettato la domanda che, invece, aveva trovato accoglimento nel giudizio di appello. Da qui il ricorso per Cassazione del condominio, che veniva accolto.
In particolare, i giudici di legittimità, rifacendosi al proprio orientamento in tema di nullità e annullabilità delle deliberazioni, hanno affermato che per appurare la nullità la Corte d'appello avrebbe dovuto valutare se la delibera assembleare in questione - con la quale è stata autorizzata la pavimentazione e la copertura mediante una tettoia di una porzione del cortile condominiale al fine di dare ricovero alle biciclette - abbia o meno precluso la funzione principale del cortile comune, che è quella di dare aria e luce alle varie unità immobiliari, e se abbia in concreto determinato una utilizzazione del bene comune soltanto a favore di alcuni condomini (Cass. 7 luglio 2011 n. 15037).
Se così non fosse e se la tettoia fosse destinata all'uso di tutti i condòmini allora la deliberazione non potrebbe essere considerata nulla. In ragione di queste considerazioni la Corte regolatrice ha rinviato la causa al giudice competente per un riesame della vicenda alla luce dei principi prima esposti.
Se un cortile interno al condominio non ha una propria destinazione originaria ma, per la sua conformazione è in grado di ospitare delle autovetture, ogni condomino potrà parcheggiare la propria auto purché tale comportamento non sia lesivo del diritto degli altri condomini a fare lo stesso o a farne un altro uso parimenti lecito (es. utilizzarlo come come spazio deposito).
È chiaro, quindi, che laddove la destinazione d'uso del cortile non sia prevista fin dal principio, al fine di evitare qualsiasi tipo di controversia sull'utilizzazione di questo spazio comune, è consigliabile disciplinarla in sede di adozione del regolamento di condominio.
Di tale presa di posizione ci fornisce conferma la Suprema Corte di Cassazione, la quale ormai da tempo, quando è chiamata a pronunciarsi sull'uso del cortile, afferma che non costituisce violazione della fondamentale regola paritaria dettata dall'art. 1102 c.c. un uso più intenso della cosa da parte del partecipante, che non ne alteri la destinazione nei casi in cui il relativo esercizio non si traduca in una limitazione delle facoltà di godimento esercitate dagli altri condomini, fermo restando che per quanto attiene, in particolare, ai cortili, ove le caratteristiche e le dimensioni lo consentano ed i titoli non vi ostino, l'uso degli stessi per l'accesso e la sosta dei veicoli non è incompatibile con la funzione primaria e tipica di tali beni (Cass., sez. II, 15 giugno 2012, n. 9875) (Cass. 30 aprile 2014 n. 9522).
Insomma in cortile, a determinate condizioni, si può parcheggiare.
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