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L'assemblea condominiale è la voce stessa del condominio poiché ne rispecchia la valontà. In tal senso, la certezza sulla corretta costituzione è requisito imprescindibile al fine di evitare intoppi nella gestione del condominio.
Non solo: come vedremo, errare nella convocazione dell'assemblea vuol dire rendere contestabile la delibera, che se assunta in violazione delle norme sulla convocazione è annullabile.
A norma del terzo comma del nuovo articolo 66 delle disposizioni di attuazione del codice civile, infatti, l'avviso di convocazione, contenente specifica indicazione dell'ordine del giorno, deve essere comunicato almeno cinque giorni prima della data fissata per l'adunanza in prima convocazione, a mezzo di posta raccomandata, posta elettronica certificata, fax o tramite consegna a mano, e deve contenere l'indicazione del luogo e dell'ora della riunione.
La norma, modificata dalla legge n. 220/2012 (la così detta riforma del condominio) contiene un'elencazione dei mezzi di comunicazione utilizzabili per inviare l'avviso.
La prima pronuncia nota in materia di convocazione dell'assemblea ha specificato che le forme indicate dalla legge sono da ritenersi tassative (Trib. Genova 23 ottobre 2014 n. 3350).
Ciò vuol dire che, contrariamente al passato, non è possibile comunicare a voce la notizia dello svolgimento dell'assemblea e gli argomenti sui quali si andrà a discutere (eccezion fatta per una specifica ipotesi di cui ci occuperemo in seguito) e che, ad esempio, è possibile comunicare l'avviso di convocazione via e-mail solamente nei casi in cui tale comunicazione intercorra tra due caselle di posta elettronica certificata e non semplicemente via e-mail.
L'art. 66, terzo comma, disp. att. c.c., oltre a prevedere tali forme, specifica anche il contenuto dell'avviso. Si legge nella norma che esso deve contenere l'indicazione del luogo e dell'ora della riunione e chiaramente anche della data.
L'omessa o tardiva convocazione e/o incompleta convocazione comportano l'annullabilità della delibera (cfr. art. 66, terzo comma, disp. att. c.c.) e come specifica lo stesso art. 66 disp. att. c.c. (e prima dell'entrata in vigore della riforma del condominio la prevalente giurisprudenza), solo chi non è stato convocato può fare valere la propria omessa convocazione.
Sempre in tema di omessa convocazione, è pacifico in giurisprudenza (si veda tra le tante, Cass. 24131/09) che spetta al condominio l'onere di dimostrare la corretta convocazione del condomino che la contesta.
È possibile convocare l'assemblea condominiale a mezzo e-mail ordinaria?
Secondo il Tribunale di Genova (sentenza sopracitata) l'e-mail ordinaria non assicura questo scopo; a essa deve essere equiparata l'e-mail inviata da una casella Pec a un indirizzo di posta elettronica ordinaria. Per avere lo stesso valore di una raccomandata, si legge nella sentenza n. 3350 a sua volta fondata sul D.P.R. 11 febbraio 2005, n. 68, la Pec dev'essere inviata da una casella di posta elettronica certificata e ricevuta da una casella dello stesso tipo.
Diversamente, se il condomino dovesse lamentarsi di non essere stato convocato, al condominio risulterebbe estremamente difficile provare di aver provveduto a inviare l'avviso di convocazione.
L'avviso di lettura delle normali caselle di posta elettronica, infatti, non ha valore legale e spetta al giudice valutarne la rilevanza in sede processuale. Solo la presenza all'assemblea di un condòmino invitato per e-mail ordinaria sana il vizio di forma.
E se è il condomino stesso a chiedere la comunicazione via e-mail delle convocazioni anche sottoscrivendo un documento attestante tale richiesta?
Nemmeno questo dà certezza alcuna. Motivo? La richiesta in tal senso non è prova di ricezione dei successivi avvisi di convocazione. Chiaramente nessuna contestazione di omesso invio dell'avviso può essere avanzata da chi si presenta in assemblea non contestando alcunché.
A chi dev'essere inviato l'avviso di convocazione dell'assemblea condominiale?
Prima dell'entrata in vigore della riforma del condominio, la legge faceva riferimento ai condòmini. Con la legge n. 220/2012 l'art. 1136 c.c. così come l'art. 66, terzo comma, disp. att. c.c. fanno riferimento agli aventi diritto.
Tale cambiamento ha portato a due interpretazioni così riassumibili:
a) nessuna sostanziale variazione rispetto al passato;
b) l'avviso di convocazione dev'essere inviato a chi ha diritto a partecipare in relazione allo specifico punto all'ordine del giorno (es. conduttore, usufruttuario, ecc.).
Ad avviso di chi scrive la norma potrebbe anche lasciare intendere che esistono persone che non hanno diritto a partecipare in relazione allo specifico punto in discussione: si pensi al condòmino che abbia promosso una causa (o eventualmente un tentativo di mediazione) contro il condominio e all'assemblea che deve decidere in merito alla questione.
L'avviso di convocazione dev'essere indicato nel luogo specificato dal condòmino in sede di redazione della scheda di anagrafe condominiale (cfr. art. 1130 n. 6 c.c.) o in mancanza, all'indirizzo di residenza.
È legittimo l'invio dell'avviso di convocazione presso un altro condomino che, per prassi consolidata, ha sempre ricevuto tale comunicazione?
Secondo la Corte di Cassazione potrebbe; l'uso del condizionale è dovuto alla particolare situazione nella quale ciò dovesse avvenire. Insomma una situazione da valutarsi caso per caso.
Si legge in una sentenza resa dagli ermellini l'1 aprile 2008 che qualora sia accertata nel corso del giudizio l'esistenza di una prassi (con ciò intendendosi un regolare ripetersi di comportamenti precedentemente accettati nello svolgimento di analoghi rapporti) in base alla quale l'avviso di convocazione di assemblea condominiale, destinato ad uno dei condomini non abitanti nell'edificio condominiale, viene consegnato ad altro condomino, suo congiunto, tale prassi, […], non può ritenersi illegittima […] con la conseguenza che l'avvenuta consegna dell'avviso di convocazione al congiunto, deve ritenersi regolare essendo l'atto - recapitato in tal guisa e pervenuto nella sfera di normale ed abituale conoscibilità del destinatario - idoneo a creare nello stesso una situazione giuridica di oggettiva conoscibilità con l'uso della normale diligenza, sua e del consegnatario designato, conforme alla clausola generale di buona fede, che regola i rapporti giuridici intersoggettivi ed impedisce, rendendolo illegittimo ed immeritevole di tutela, ogni abuso di diritto (così Cass. 1 aprile 2008, n. 8449).
Prima dell'entrata in vigore della legge n. 220/2012, le norme che disciplinavano il condominio negli edifici non contenevano alcuna specifica indicazione in merito al così detto ordine del giorno dell'assemblea, ossia l'elencazione degli argomenti sui quali l'assise era chiamata a deliberare.
Norma di riferimento, pertanto, veniva considerata l'art. 1105, terzo comma, c.c. (dettata in materia di comunione ma pacificamente applicabile al condominio in virtù del rimando contenuto nell'art. 1139 c.c.) a mente del quali i convocati dovevano essere messi a conoscenza dell'oggetto della deliberazione prima dello svolgimento dell'assemblea.
Per il condominio, affermavano dottrina e giurisprudenza, tale informazione doveva essere contenuta nell'ordine del giorno che doveva essere comunicato ai condòmini almeno cinque giorni prima della data fissata per la prima convocazione.
Tali indicazioni sono state tradotte in legge, come abbiamo detto in precedenza, tant'è che oggi l'art. 66, terzo comma, disp. att. c.c. chiarisce che l'ordine del giorno dev'essere specificamente indicato nell'avviso di convocazione.
La legge non dice se all'avviso di convocazione devono essere allegati i documenti collegati agli argomenti posti in discussione (e quindi menzionati nell'ordine del giorno).
In assenza di specifiche indicazioni del regolamento condominiale, la risposta dev'essere negativa.
La giurisprudenza, quando è stata chiamata a pronunciarsi sull'argomento, ha affermato che la legge non dice nulla in merito e anzi la previsione del termine di gg. 5 tra l'avviso di convocazione e la data dell'assemblea ha proprio lo scopo di consentire al condomino di partecipare consapevolmente all'assemblea, documentandosi sugli argomenti da trattare e richiedendo eventualmente all'amministratore l'esibizione della documentazione ritenuta necessaria a tale fine (Trib. Genova 8 febbraio 2012).
Unica eccezione a questa procedura: la convocazione a seguito di decadenza dell'amministratore per la perdita dei requisiti di onorabilità previsti dall'art. 71-bis disp. att. c.c.; in tal caso, è sempre tale norma a specificarlo, ciascun condomino può convocare l'assemblea senza formalità (ergo anche in forma orale e senza rispettare i cinque giorni di cui sopra).
Sebbene la legge di riforma del condominio abbia specificamente normato alcuni aspetti legati alla procedura di convocazione, sovente rifacendosi all'elaborazione giurisprudenziale, essa non ha eliminato ogni incertezza rispetto alla fase di convocazione.
Il riferimento è all'individuazione del momento in cui poter affermare con certezza giuridica, che il condomino è venuto a conoscenza dell'avviso (o è stato messo nella possibilità di conoscerlo) nonché alle modalità di computo dei termini.
Tra le sentenze rintracciabili sul punto, il Tribunale di Roma, con una pronuncia resa nel 2009, ha avuto modo di specificare che ai sensi dell'art. 66, comma terzo delle disposizioni di attuazione del codice civile e in mancanza di una diversa previsione di un più ampio termine contenuto nel regolamento condominiale (un termine inferiore non è possibile in quanto l'art. 66 disp. att. c.c. è inderogabile), l'avviso di convocazione dell'assemblea condominiale deve pervenire, a ogni condomino, almeno cinque giorni prima della data fissata per la prima convocazione; tale termine, si legge in sentenza, è stato previsto al fine di consentire, a ogni partecipante al condominio, un intervento consapevole.
In questo contesto, ha proseguito nella propria motivazione il giudice capitolino, deve sottolinearsi che l'avviso di convocazione dell'assemblea condominiale può essere qualificato, in termini giuridici, senza dubbio come un atto unilaterale recettizio, anche se non ha contenuto negoziale.
In conseguenza di ciò a esso dev'essere applicata la così detta presunzione di conoscenza prevista dall'art. 1335 c.c.
Tale presunzione (superabile da una prova contraria che nel caso dell'avviso di convocazione dev'essere fornita dal convocato) fa sì che la conoscenza dell'atto sia riconducibile anche solamente al recapito della comunicazione e non per forza alla sua materiale apprensione (cfr. Trib. Roma 7 luglio 2009 n. 15048).
Quanto al computo dei termini, il Tribunale di Roma ha avuto modo di pronunciarsi in diverse occasioni sull'argomento, affermando che in assenza di una specifica previsione di legge che disciplina le modalità di computo del termine di cinque giorni di cui all'art. 66 disp. att. c.c. deve applicarsi la regola generale dies a quo non computatur, dies ad quem computatur (Trib. Roma 7 luglio 2009 n. 15048 e Trib. Roma 14 gennaio 2015 n. 623).
Traduciamo questa enunciazione di principio in pratica con l'ausilio di un esempio chiarificatore.
Se l'avviso è stato comunicato il giorno 1, il computo dei termini parte dal giorno 2 e i cinque giorni s'intendono rispettati se l'assemblea, in prima convocazione, si svolge a partire dal giorno sei. In sostanza, affinché possa considerarsi valida l'assemblea condominiale, è sufficiente che l'avviso di giacenza dell'avviso di convocazione sia inserito nella cassetta postale del condomino nei termini sopra indicati.
In questo contesto, è utile comprendere che cosa accade se un'unità immobiliare ubicata nel condominio cade in successione a causa del decesso del condomino.
In primis vi è un obbligo di collaborazione dei nuovi condòmini che anche ai fini della regolare tenuta del registro di anagrafe condominiale devono comunicare all'amministratore i propri dati anagrafici e l'indirizzo per il recapito delle comunicazioni condominiali (art. 1130 n. 6 c.c.).
E se i neo-condomini non collaborano o comunque se l'immobile fa parte di un'eredità rispetto alla quale non vi è stata ancora formale accettazione?
In tali ipotesi, la prima cosa da fare è una visura alla conservatoria dei registri immobiliari.
Ai sensi dell'art. 2468, primo e secondo comma, c.c., infatti, si devono trascrivere l'accettazione della eredità che importi acquisto dei diritti enunciati nei nn. 1, 2 e 4 dell'art. 2643 o liberazione dai medesimi e l'acquisto del legato che abbia lo stesso oggetto.
La trascrizione dell'accettazione dell'eredità si opera in base alla dichiarazione del chiamato all'eredità contenuta in un atto pubblico, ovvero, in una scrittura privata con sottoscrizione autenticata o accertata giudizialmente. Allo stesso modo, se l'amministratore ha contezza del decesso e conosce i nomi degli eredi che abbiano accettato tacitamente l'eredità potrà comunicare l'avviso di convocazione presso il loro domicilio.
In questo caso, inoltre, a mente del terzo e quarto comma del succitato art. 2648 c.c. se il chiamato ha compiuto uno degli atti che comportano accettazione tacita dell'eredità, si può richiedere la trascrizione sulla base di quell'atto, qualora esso risulti da sentenza, da atto pubblico o da scrittura privata con sottoscrizione autenticata o accertata giudizialmente.
La trascrizione dell'acquisto del legato si opera sulla base di un estratto autentico del testamento. Ciò vuol dire che l'amministratore, se l'assemblea ha deliberato in tal senso, potrà chiedere la trascrizione dell'atto di accettazione tacita ai fini di far chiarezza sull'attuale situazione proprietaria dell'unità immobiliare. Che cosa accade se pur venendo a conoscenza del fatto il mandatario non sia in grado di identificare gli eredi?
Secondo la Suprema Corte di Cassazione l'amministratore il quale sia a conoscenza del decesso di un condomino, fino a quando gli eredi non gli manifesteranno la loro qualità, non avendo utili elementi di riferimento e non essendo obbligato a fare alcuna particolare ricerca, non sarà tenuto ad inviare alcun avviso (Cass. 22 marzo 2007, n. 6926).
Ciò perché, ci dice la Cassazione, sovvertendo il proprio originario orientamento, non esiste alcun obbligo d'indirizzare l'avviso di convocazione presso l'ultimo domicilio del de cuius. Una soluzione di sicuro favore per l'amministratore ma non per gli eredi che alle volte, non per forza per loro colpa, non hanno possibilità di fornire precise informazioni.
Ad avviso di chi scrive, vista la complessità delle norme legate all'apertura della successione e all'immissione nel possesso dell'eredità non ancora accettata, dato che quei beni non possono essere considerati res nullius (cosa di nessuno) è consigliabile inviare sempre una convocazione impersonale agli eredi all'ultimo domicilio noto del de cuius o comunque presso l'unità immobiliare di cui trattasi.
Il codice civile prevede che nel caso di condomini la cui gestione sia demandata ad un amministratore (obbligatoria nei casi in cui i comproprietari siano più di otto, facoltativa nelle altre ipotesi), la competenza a convocare l'assemblea sia rimessa a quest'ultimo.
Ciò tanto per quanto concerne l'assemblea ordinaria così come per quella straordinaria.
Tuttavia mentre per la prima la competenza è da ritenersi esclusiva, nel caso dell'assemblea straordinaria, invece, i condòmini, al ricorrere di determinate condizioni, possono autoconvocarsi.
È chiaro in tal senso il primo comma dell'art. 66 disp. att. c.c., secondo il quale i comproprietari possono indire una riunione se l'amministratore non ha evaso una richiesta in tal senso, qualora la stessa sia stata presentata da almeno due condomini in rappresentanza, quanto meno, di un sesto del valore millesimale dell'edificio (vale a dire di 166,66 millesimi).
Nelle compagini sprovviste di amministratore il problema non si pone in quanto, come specifica il secondo comma dell'articolo testé citato, l'assemblea tanto ordinaria quanto straordinaria può essere convocata a iniziativa di ciascun condomino (art. 66, secondo comma disp. att. c.c.).
È utile specificare che nel caso di assemblea autoconvocata ai sensi del primo comma e secondo comma dell'art. 66 disp. att. c.c. le regole di convocazione, ai fini della validità della successiva riunione, sono le stesse previste per la convocazione effettuata dall'amministratore.
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