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La vita in condominio, si sa, non è sempre facile.
A volte possono sorgere problemi condominiali che spesso possono sfociare in liti condominiali sia fra vicini di casa o con terzi, sia liti tra condomini amministratore.
I motivi sono i più diversi: si possono verificare disturbi condominiali dovuti a vicini rumorosi o a condomini che non rispettano le più elementari norme di comportamento. In caso di problemi condominiali a chi rivolgersi?
Cosa fare in questi casi?
Il primo passo da compiere potrebbe essere quello di rivolgersi all'amministratore di condominio, al quale sono attribuiti una serie di poteri per il rispetto del vivere comune.
In altri casi, da valutare specificamente, qualora le ragioni sottese alle liti condominiali riguardino aspetti più privati, ovverosia che non afferiscono direttamente il godimento delle parti comuni, potrebbe essere utile rivolgersi a un avvocato per far cessare le eventuali vessazioni da parte di vicini di casa.
Come rilevato, il primo e probabilmente più frequente motivo di animosità in condominio è, in molti casi, dovuto al verificarsi di rumori molesti in condominio.
È importante premettere che per valutare possibili azioni contro vicini rumorosi, occorre verificare quanto eventualmente disposto nel regolamento condominiale.
In tale regolamento, infatti, possono essere definite le ore destinate alla quiete e al riposo.
È importante precisare che in linea generale, l'amministratore di condominio non ha potere e/o competenze specifiche con riferimento a liti condominiali fra singoli condomini.
Ciò nondimeno, se nel regolamento condominiale sono regolamentate e stabilite le ore di riposo, l'amministratore ha potere di intervenire, in quanto soggetto a cui è demandato il compito di far rispettare il regolamento condominiale, ai sensi dell'art. 1130, primo comma, n. 1).
In tali casi, l'amministratore può dunque tentare la strada del richiamo verbale o per iscritto per tentare di far cessare rumori molesti in condominio.
Ricorrere all'amministratore di condominio per far risolvere i disturbi condominiali provocati da vicini rumorosi potrebbe spesso non rappresentare la soluzione.
La legge disciplina tali situazioni nell'ambito di rapporti fra privati.
L'art. 844 c.c. disciplina le c.d. immissioni rumorose, che possono essere impedite o limitate se oltre la soglia della normale tollerabilità.
Tale norma, pur riguardando le immissioni rumorose fra proprietari di un fondo, trova certamente applicazione anche in ambito condominiale.
I rumori in condominio possono, in casi forse meno frequenti, anche integrare una fattispecie di rilevanza penale, prevista dall'art. 659 c.p. disturbo delle occupazioni o del riposo delle persone.
Il primo passo da compiere dopo un primo contatto informale, è l'invio di una lettera di diffida per la quale non è necessario, inizialmente, l'intervento di un avvocato.
Nella diffida occorre indicare le proprie generalità, nonché la descrizione più dettagliata possibile degli episodi specifici che hanno particolarmente disturbato la quiete o le nostre attività.
La lettera deve concludere con l'invito alla cessazione dei rumori in condominio e con il conseguente avvertimento che, in caso contrario, si procederà per vie legali.
Qualora tale tentativo non esperisca gli effetti sperati, l'unica soluzione è rivolgersi a un legale per l'instaurazione di un giudizio innanzi al giudice competente.
In tale caso, occorrerà dimostrare mediante testimoni e perizia fonometrica il superamento della soglia di tollerabilità da parte delle immissioni rumorose cagionate dai vicini di casa.
Vi sono alcuni casi in cui l'amministratore può assumere maggiori poteri per gestire e regolamentare la vita in condominio.
Ai sensi dell'art. 1133 c.c., l'amministratore ha il potere di assumere provvedimenti necessari nei confronti dei singoli condomini per l'esercizio delle proprie attribuzioni di cui all'artt. 1130 e 1131 c.c.
In particolare, l'amministratore ha lo specifico compito di adottare atti conservativi dei diritti inerenti le parti comuni, senza preventiva autorizzazione e approvazione da parte dell'assemblea di condominio, potendo altresì agire in giudizio anche per la richiesta di applicazione delle necessarie misure cautelari.
A esempio, l'amministratore può agire in giudizio con azione di ripristino dei luoghi contro l'autore di una costruzione (manufatto) di proprietà esclusiva, in caso di abusiva occupazione di una area condominiale.
Si precisa che la legittimazione ad agire da parte dell'amministratore per la tutela delle parti comuni, mediante atti conservativi, è limitata alla richiesta di ripristino delle parti comuni.
L'amministratore, in linea di principio, non può agire in giudizio anche per la domanda di risarcimento dei danni, che salvo il caso in cui non sia conseguenziale e strettamente connessa alla conservazione dell'immobile, deve essere formulata dai condomini.
L'ordinamento riconosce all'amministratore di condominio importanti poteri rappresentativi e di intervento anche nei confronti di eventuali turbative e ingerenze provenienti da terzi.
In tali casi, l'amministratore può intervenire anche mediante l'instaurazione di un giudizio innanzi all'autorità giurisdizionale competente, senza previa autorizzazione assembleare, allorquando i provvedimenti siano inerenti e finalizzati ad atti conservativi necessari per evitare pregiudizi sulle parti comuni.
A esempio l'amministratore può agire in giudizio contro terzi affittuari di locali di comune proprietà per il recupero di canoni non riscossi.
È importante precisare che, in tali casi, il potere dell'amministratore di condominio di agire in giudizio verso terzi è una azione concorrente rispetto alla legittimazione autonoma del singolo condomino, il quale può recuperare il credito non riscosso, limitatamente alla propria quota.
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