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Nel corso dell'assemblea non c'erano i numeri sufficienti per revocare l'amministratore ma lui ha ottenuto che si verbalizzasse che era stato riconfermato nella carica in quanto doveva considerarsi fallito il tentativo di revoca.
È legittimo questo modo di fare?
Queste in sostanza la storia e la domanda che mi sono state recentemente raccontate e poste.
La mia risposta è stata negativa:
no, l'amministratore non è confermato solamente perché non s'è riusciti a revocarlo; anche per proseguire il suo incarico dev'essere nuovamente votato.
Con quali maggioranze?
Secondo la Cassazione come ripetutamente affermato [...] (v. Cass. 3797-78; 71-80 ecc.), non solo in caso di nomina o revoca dell'amministratore, ma anche in quello di conferma è necessaria la maggioranza di cui all'art. 1136 4 c.c. civ., trattandosi di delibere che hanno contenuto ed effetti giuridici uguali (Cass. 4 maggio 1994, n. 4269).
Secondo il Tribunale di Roma la conferma dell'amministratore in carica è fattispecie ben diversa da quella della nomina e della revoca in quanto è rielezione dello stesso nella carica precedentemente ricoperta per la cui deliberazione è sufficiente la maggioranza prevista dal III° comma dell'art. 1136 c.c. (così Trib. Roma 15 maggio 2009 n. 10701).
Vista la maggiore autorevolezza della fonte, prendiamo come punto di riferimento la decisione della Corte di Cassazione.
Bene, avvocato, ed allora che cosa posso fare?
Questa la domanda che m'è stata posta come naturale conseguenza della mia risposta.
Le soluzioni, ho spiegato alla persona che s'era rivolta a me, sono due:
a) azione giudiziaria;
b) tentativo di risoluzione della questione per via assembleare.
Nel primo caso la causa vera e propria dev'essere preceduta dal tentativo di conciliazione (d.lgs n. 28/10) presso un organismo abilitato.
L'azione giudiziaria, comprendente in questo caso anche il tentativo di conciliazione, dev'essere proposta entro 30 giorni dalla deliberazione se il condomino era presente in assemblea ed era dissenziente, oppure dalla comunicazione del verbale per gli assenti.
Il costo del tentativo di conciliazione, al netto degli onorari dell'avvocato, varia a seconda del valore e dell'esito di questa procedura; il minimo, ossia in caso di fallimento dell'iniziativa è di 90 euro.
Il costo, intendendo con tale termine le spese vive al netto degli onorari dell'avvocato, per iniziare la causa è di circa € 500,00.
Il tentativo per via assembleare è sicuramente meno oneroso dal punto di vista economico; richiede, però, molta determinazione soprattutto se l'amministratore o gli altri condomini sono particolarmente prepotenti.
In sostanza bisogna far convocare, o autoconvocare (art. 66 disp. att. c.c.), un'assemblea per tentare di ridiscutere sulla nomina illegittima e sostituire la deliberazione precedente.
Questa strada, se percorsa rapidamente, non esclude la prima. Al condomino la scelta su come agire.
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