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Come noto, per abusi edilizi si intendono illeciti di natura amministrativa, aventi in alcuni casi anche rilevanza penale.
Si tratta di illeciti che si ritengono configurati per assenza di titoli abilitativi, in caso di omessa comunicazione preventiva al Comune o ancora allorquando l'opera presenti difformità totali o anche parziali rispetto alla normativa edilizia vigente.
È altrettanto noto che, tali illeciti possono, in presenza di specifici presupposti, essere sanati attraverso una apposita domanda di condono che, di fatto, consenta la sanatoria abusi edilizi.
Ma cosa accade nello specifico caso in cui l'opera abusiva insista su una zona soggetta a vincolo idrogeologico?
Tale opera può essere condonata?
A questi interrogativi ha risposto il Consiglio di Stato, con la sentenza 1 settembre 2021, n. 6140.
Per vincolo idrogeologico si intende essenzialmente la tutela garantita dallo Stato, per determinate zone territoriali caratterizzate da un maggior rischio di danneggiamento, per motivi idrogeologici, rispetto ad altre aree.
Tale tutela si concretizza attraverso la previsione di una serie di autorizzazioni rilasciate da Uffici e controlli eseguiti dalle Autorità competenti in caso di eventuali interventi.
Alla luce di ciò, preliminarmente all'avvio di un cantiere in un simile contesto territoriale, è sempre necessario anteporre un attento studio sui rischi e sui relativi costi, con l'ausilio di tecnici professionisti.
È possibile condonare una opera nel caso in cui essa si trovi in una zona soggetta a vincolo idrogeologico?
Come rilevato, sul punto si è pronunciato il Consiglio di Stato, con una recente (e interessante) sentenza n. 6140/2021, con la quale è stato infatti chiarito un aspetto per molto tempo rimasto controverso.
Il caso sottoposto all'attenzione dei Giudici, riguardava una istanza di condono edilizio, presentata ai sensi del d.l. n. 269/2003, convertito in legge n. 326/2003, c.d. terzo condono), presentato da una società a seguito della installazione di impianti e ripetitori.
L'area, dove sono state eseguite tali opere di installazione, era stata sottoposta a vincolo idrogeologico dopo la presentazione della domanda di condono.
Tale circostanza era stata considerata dalla società non ostativa alla richiesta condono.
Secondo il Consiglio di Stato, il punto di partenza per stabilire se una opera costruita su una area soggetta a vincolo idrogeologico può essere oggetto di condono edilizio è l'analisi della legge sui condoni edilizi.
Nel caso specifico, l'art. 32 del d.l. n. 269/2003, c.d. condono 2003 poneva limiti più stringenti rispetto alle precedenti normative (leggi n. 47/1985 c.d. primo condono edilizio o condono 1985e n. 724/1994 c.d. secondo condono edilizio).
Il nuovo condono edilizio escludeva la possibilità di ottenere la domanda di condono edilizio, con riferimento alle zone sottoposte a vincoli se:
Al riguardo, occorre precisare che tali condizioni ostative devono sussistere congiuntamente.
È questo l'interrogativo centrale sul quale si concentra la sentenza del Consiglio di Stato.
Al riguardo, i giudici stabiliscono che, in linea generale, la sussistenza di un vincolo idrogeologico non comporta l'inedificabilità assoluta sull'area.
Ciò nondimeno, la previsione di tale vincolo comporta la necessità di ottenere, prima della realizzazione dell'intervento, una apposita autorizzazione, rilasciata dal competente Ufficio dell'Amministrazione in aggiunta al titolo abilitativo edilizio (cfr. Cons. Stato, Sez. V, 24 settembre 2009 n. 43731 e Sez. IV, 3 novembre 2008 n. 5467).
La sentenza afferma il seguente principio di diritto: le opere soggette a vincolo idrogeologico non sono condonabili ove siano in contrasto con il suddetto vincolo, anche se questo sia stato apposto successivamente alla presentazione dell'istanza di condono (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 21 dicembre 2012 n. 6662), senza che residui alcun diaframma di discrezionalità in capo all'amministrazione interessata dalla domanda di condono ai fini del suo accoglimento, dovendosi anzi provvedere alla demolizione delle opere abusive.
L'unica strada, secondo i Giudici, per rimediare all'edilizia abusiva è la demolizione dell'opera stessa, ancorché nelle ipotesi in cui il vincolo sia stato apposto in un secondo momento.
L'ordine di demolizione, infatti, ha natura di atto dovuto e rigorosamente vincolato, dove la repressione dell'abuso corrisponde, per definizione, all'interesse pubblico al ripristino dello stato dei luoghi illecitamente alterato.
L'obbligo di procedere alla demolizione dell'opera abusiva prescinde dal trascorrere del tempo.
Essendo un atto vincolato, posto a presidio di un interesse pubblico e conseguente al mero accertamento dell'abusivismo edilizio, l'ordine di demolizione può essere eseguito in qualsiasi momento.
Vale anche allorquando sia trascorso un considerevole arco temporale tra la realizzazione dell'opera e l'accertamento dell'abusivismo, non potendo in tale senso configurarsi una qualsivoglia forma di tutela del legittimo affidamento, stante la natura contra legem ab origine dell'opera e, in quanto tale, non oggetto di condono edilizio (Cons. Stato, 25 maggio 2021, n. 4049).
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