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Nella vita quotidiana accade spesso che persone interessate ad un immobile si rivolgano ad un'agenzia immobiliare, che questa faccia incontrare le parti o faccia semplicemente visionare l'appartamento all'interessato, ma che poi non si raggiunga alcun accordo se non parecchio tempo dopo e senza l'impulso dell'agente, ma di altri soggetti o per semplice iniziativa delle parti.
Come ci si regola in questi casi? Sorge o no il diritto alla provvigione per l'agente immobiliare che per primo curò il rapporto?
Per quanto qui interessa, secondo il codice civile è mediatore colui che mette in relazione due o più parti per la conclusione di un affare, senza essere legato ad alcuna di esse da rapporti di collaborazione, di dipendenza o di rappresentanza (art. 1754 c.c.).
All'agente spetterà la provvigione (da ciascuna delle parti) se l'affare viene concluso per effetto del suo intervento (art.1755 c.c.).
Va da sè dunque che per valutare caso per caso correttamente se al mediatore spetti la provvigione, è necessario capire cosa dobbiamo intendere per conclusione dell'affare e per effetto dell'intervento del mediatore.
Per conclusione dell'affare, ai fini della provvigione, dobbiamo intendere un'operazione che comporti un'utilità economica; il negozio deve essere stipulato in maniera giuridicamente idonea a conseguire il risultato voluto dalle parti; cioè, il contratto relativo (tipo il preliminare di vendita), ai fini del riconoscimento della provvigione, non può essere nullo o annullabile (v. ad es. Cass. n. 8555/2006).
Deve trattarsi dunque della costituzione di un vincolo che dia diritto ad agire per l'adempimento dei patti stipulati o in difetto per il risarcimento del danno. Ad esempio, un contratto preliminare, nullo in quanto non redatto in forma scritta, non è stato considerato elemento sufficiente per il riconoscimento della provvigione (v. Cass. n. 10553/2002, o Cass. n. 18779/2005, o ancora Cass. n. 22000/2007).
Il committente è sempre libero di concludere o meno l'affare e, in caso negativo, se cioè egli rifiuti di raggiungere l'accordo, il mediatore non potrà vantare alcunchè, residuando a suo favore solo il diritto al rimborso delle spese di cui all'art. 1756 c.c. (v. Cass. n. 5095/2005, o Cass. n. 11244/2003); essendo altrimenti necessario, per riconoscere la provvigione anche in assenza di raggiungimento dell'affare, secondo alcune decisioni, un patto ulteriore, consistente nell'impegno al pagamento dell'attività ancorato non al raggiungimento dell'affare, ma all'impegno dell'organizzaione dell'agente nella ricerca del terzo interessato all'affare (v. Cass. n. 2067/2002).
Deve sussistere, tra il raggiungimento dell'affare e l'intervento del mediatore, un comprovato nesso di causalità, nesso tanto più difficile da dimostrare quanto più ci allontani nel tempo dal conferimento dell'incarico all'agente e quanto più intervengano nella catena degli eventi che portano all'accordo altri soggetti, quali ad esempio, altri mediatori.
È stato alle volte deciso che il diritto alla provvigione deve essere riconosciuto anche quando l'attività non è stata fattore determinante ed esclusivo per il raggiungimento dell'affare, ammettendosi che essa sia potuta ad esempio consistere in una mera attività di segnalazione, poi valorizzata dalle parti con l'effettiva conclusione del contratto (Cass. n. 709/2010).
Inoltre è stato deciso che non è importante che le trattative o la redazione del contratto vedano l'intervento del mediatore, essendo sufficiente che questi abbia fatto incontrare le parti e che queste abbiano raggiunto l'accordo per effetto del suo intervento (v. Cass. n. 23438/2004); peraltro nè il decorso del tempo, nè l'intervento di altri sono considerati elementi tali da escludere a priori il contributo causale del mediatore dell'inizio (v. Cass. n. 15014/2000).
È stato però escluso il suo contributo quando pur avendo questi fatto incontrare le parti, non sia poi tra le stesse sorto alcun accordo, se non dopo molto tempo, in seguito a impulso di terzi o delle parti stesse (v. Cass. n. 5952/2005 e da ultimo Cass. n. 15/1120) e ciò in quanto la ripresa delle trattative sia intervenuta per effetto di iniziative nuove assolutamente non ricollegabili alle precedenti e da queste condizionate, sicché possa escludersi la rilevanza dell'originario intervento del mediatore (Cass. n. 15/1120).
Così come, al contempo, per la riconoscibilità dell'intervento del mediatore, è stato deciso che la conclusione dell'affare può avvenire anche dopo la scadenza del contratto di mediazione, purchè il mediatore abbia messo in relazione i contraenti con un'attività causalmente rilevante ai fini della conclusione stessa dell'affare (Cass. n. 23842/2008).
Ai sensi dell'art. 1758 c.c., quando si perviene alla conclusione dell'affare grazie all'intervento di più mediatori, ciascuno di essi avrà diritto a una quota della provvigione. La giurisprudenza ritiene che perché la norma possa applicarsi, tale apporto plurimo possa essere congiunto o distinto, contemporaneo o successivo, concordato o autonomo, in base allo stesso incarico o a più incarichi (v. Cass. n. 16157/2010 e Cass. n. 5952/2005).
In sostanza si tratta di riscostruire, tutte le volte, l'andamento dei fatti, e poi individure il ruolo che vi ha avuto l'agente. In giudizio tale attività sarà operata dal giudice.
Date le difficoltà intuibili che si presenteranno nell'accertamento dell'apporto di ogni causa nella serie dei fatti, e data dunque l'incognita circa i possibili esiti del giudizio in merito al rilievo dell'apporto del mediatore nel nesso causale, in situazioni controverse, sarebbe conveniente puntare a chiudere la vicenda con un accordo stragiudiziale tra le parti coinvolte.
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