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Il condomino, ossia il proprietario dell'unità immobiliare ubicata in un edificio con almeno due diversi proprietari, è il soggetto legittimato a concorrere alla nomina dell'amministratore del fabbricato.
Le modalità sono due:
a) per mezzo del proprio voto espresso in assemblea;
b) con ricorso all'Autorità Giudiziaria nei casi previsti dalla legge (art. 1129 c.c.).
Il rapporto giuridico che s'instaura tra comproprietario e amministratore, per costante giurisprudenza, è riconducibile nell'alveo del contratto di mandato.
Il tal senso è stato autorevolmente affermato che l'amministratore del condominio raffigura un ufficio di diritto privato assimilabile al mandato con rappresentanza: con la conseguente applicazione, nei rapporti tra l'amministratore e ciascuno dei condomini, delle disposizioni sul mandato (Cass. SS.UU. n. 9148/08).
Tanto, per chiarire un concetto fondamentale ai fini della corretta gestione del rapporto con il proprio mandatario: egli non è un dipendente del condominio ma piuttosto un suo collaboratore che agisce nei limiti impostigli dalle legge e nel solco delle indicazioni dategli dall'assemblea per la migliore gestione delle cose comuni.
Può accadere che il rapporto fiduciario che s'instaura con l'amministratore, per i più disparati motivi, si deteriori o che comunque per l'importanza delle questioni all'ordine del giorno si debba abbandonare l'informalità da cui molto spesso sono connotati i rapporti con il proprio mandatario.
In sostanza si pone il seguente problema: fino ad un certo punto si comunica con l'amministratore di persona o per telefono ma per determinate questioni, al fine di tutelare al meglio i propri interessi, si rende necessario una forma che dia maggiori certezze e che, come si suole dire, lasci traccia di quanto detto.
La risposta, banale ed immediata, è quella che porta all'utilizzo della forma scritta accompagnata da un metodo di comunicazione che dia certezza della ricezione.
Il riferimento, pare chiaro, è alla raccomandata con avviso di ricevimento, alla così detta raccomandata a mano, alla posta elettronica certificata, ecc.
D'importanza fondamentale, proprio per sortire il migliore effetto possibile, è l'impostazione della missiva in relazione alla vicenda sottesa.
Vediamo più nello specifico cosa s'intende dire.
Dissenso del condomino rispetto alle liti
(art. 1132 c.c.)
In tal caso il comproprietario dovrà esprimere chiaramente che intendere separare la propria responsabilità da quella del condominio, in relazione ad una specifica lite oggetto di deliberazione, per il caso di soccombenza.
Con la lettera di diffida, nella quale solitamente s'usa la formula La invito e diffido ecc. indicando il termine per compiere qualche cosa, il condomino comunica all'amministratore qualche cosa che non va (es. problemi relativi al funzionamento delle cose comuni) invitandolo a porre rimedio e paventando la possibile azione risarcitoria per i danni causati dall'inerzia nell'agire.
In questo caso l'amministratore è inadempiente rispetto ad un obbligo contrattualmente assunto (si pensi alla mancata presentazione del rendiconto di gestione) e lo si invita a rispettare gli impegni assunti pena tutte le iniziative più opportune (ivi compresa quella giudiziale) per ottenere l'accertamento dell'inadempimento e l'eventuale risarcimento del danno.
In questo caso nessuna formula sacramentale ma l'uso della scrittura è comunque utile in quei casi in cui (si pensi alla comunicazione del cambio d'indirizzo per la ricezione degli atti condominiali) la sola informazione orale possa essere ritenuta poco affidabile.
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