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I pavimenti alla veneziana, o meglio terrazzi secondo l'antico nome tradizionale, sono pavimenti monolitici in calce di origini molto antiche, addirittura risalenti all'antica Pompei.
La loro massima diffusione si ebbe tuttavia nella Veneziarinascimentale, quando venne perfezionata la tecnica originale raggiungendo risultati estetici sorprendenti.
Le materie prime sono economiche e reperibili facilmente: grassello di calce aerea; cocciopesto, cioè scaglie di tegole, vecchi mattoni o frammenti di terracotta macinati finemente; ciottoli e frammenti di marmi colorati spesso provenienti dagli scarti di estrazione o di lavorazione della pietra e occasionalmente conchiglie o tessere di pasta vitrea colorata.
La tecnica di lavorazione, estremamente laboriosa, è tuttavia molto complessa e richiede la manodopera molto qualificata dei terrazzieri, gli artigiani specializzati nell'esecuzione dei pavimenti alla veneziana.
Si tratta quindi di un pavimento di pregio che non è mai caduto in disuso: fino al Settecento era infatti riservato soprattutto ai grandi saloni dei palazzi gentilizi, alle chiese o agli edifici pubblici principali; ma già nell'Ottocento lo troviamo anche nelle villette o appartamenti signorili in stile liberty, nei portici di molti centri storici e sui marciapiedi, androni o cortili.
Ne esistono inoltre diverse tipologie:
- seminati, cioè pavimenti non decorati con piccoli ciottoli di marmo in tinta unita o policromi;
- seminati di piccoli ciottoli di fiume, attestati nelle pavimentazioni di alcuni portici del centro storico di Bologna;
- pavimenti con bordure o decorazioni geometriche in due o più colori contrastanti;
- pavimenti con elementi figurativi, generalmente di ispirazione vegetale o stemmi araldici;
-pavimenti a tecnica mista, con bordure o inserti decorativi realizzati a mosaico oppure a commesso, cioè con tarsie di marmi variamente pregiati.
Il repertorio decorativo è vastissimo: motivi geometrici come semplici fasce, greche, trecce, scacchiere e zig zag, usati come bordure o accostati e ripetuti in una composizione modulare; decorazioni vegetali come fiori stilizzati, festoni e ghirlande di foglie, gigli, corone d'alloro e girali d'acanto; piccoli animali; date; scritte commemorative; simboli sacri o perfino intere scene figurative.
Anche oggi i pavimenti alla veneziana riscuotono molto successo.
Tre sono le tendenze principali:
- riprodurre fedelmente i modelli tradizionali come propone ad esempio Asin Pavimenti
- creare splendide scene figurative come Terrazzi Veneziani
- reinventare liberamente il seminato tradizionale.
A questo riguardo vorrei segnalare due interessanti realizzazioni: un coloratissimo pavimento in cui scaglie irregolari di vetro giallo, rosso, blu e azzurro risaltano su uno sfondo uniforme grigio antracite e la sistemazione esterna del museo garibaldino di Forte Arbuticci a Caprera, dove una grandissima Italia stilizzata in un bel rosso vivo risalta su un candido mare.
Ancora oggi la tecnica di lavorazione è rimasta sostanzialmente invariata e richiede manodopera esperta. La malta viene generalmente preparata in cantiere secondo formule codificate da secoli di sperimentazioni e miglioramenti, ma i macchinari moderni hanno notevolmente semplificato il lavoro.
Per prima cosa occorre predisporre il piano di posa: se si esegue il pavimento su un solaio di legno si devono infatti stuccare tutte le sconnessure del tavolato e successivamente proteggerlo con teli di pvc per impedire la caduta di materiali al piano inferiore, mentre nel caso di una volta strutturale in pietra o mattoni occorre pareggiare e costipare il riempimento alla perfezione.
A questo punto si realizza il sottofondo, un primo strato preparatorio con spessore compreso tra 10 e 20 cm formato da cocciopesto, pietrisco e grassello di calce in proporzione 4:1.
Dopo averlo lisciato e ben costipato si passa quindi alla stesura della coperta o coprifondo, un secondo strato preparatorio di minore spessore (circa 2-4 centimetri) costituito da una miscela di tre parti di cocciopesto e una di grassello di calce aerea: anche il coprifondo va accuratamente battuto più volte e lisciato con la cazzuola per ottenere una superficie perfettamente orizzontale.
Si lascia quindi riposare per un paio di giorni e si esegue la stabilitura, l'ultimo strato preparatorio: di spessore variabile in base delle dimensioni dei ciottoli di marmo ma normalmente non superiore a 1-2 cm, è formato da grassello di calce aerea e polvere di marmo in rapporto di 1:2. Variando il colore del marmo e/o aggiungendo dei pigmenti inorganici si ottengono effetti estetici particolari.
A questo punto inizia la fase più importante, detta semina, che darà al pavimento il suo tipico aspetto. É un'operazione fondamentale perché una semina malfatta produce decorazioni imprecise e asimmetriche restituendo un pavimento scadente.
Per prima cosa si traccia la decorazione da realizzare: se il motivo è formato da semplici fasce, sono sufficienti regoli e fili a piombo, ma se il disegno è molto complesso si usano sagome in legno simili a stampi o si ricorre alla tecnica dello spolvero. Il bozzetto della decorazione viene riportato in scala 1:1 su grandi fogli di carta che vengono fittamente bucherellati con un punteruolo: appoggiando il cartone sulla superficie è sufficiente ripassare i contorni con uno straccio intriso di carboncino per riportare esattamente il disegno voluto.
Per un seminato questa fase non è però necessaria.
Si posano quindi i ciottoli o le scaglie di marmo secondo i colori del bozzetto.
Nel caso di un seminato, di fasce o campiture in tinta unita vengono semplicemente gettati con cura entro i contorni prestabiliti, ma per i particolari più minuti la posa si esegue manualmente con una procedura molto simile a quella del vero e proprio mosaico.
Una volta completata questa operazione si passa alla rullatura, fondamentale per inserire meccanicamente la semina all'interno della stabilitura fino al raggiungimento di un impasto compatto e apparentemente monolitico.
Viene quindi eseguita la battitura per costipare e consolidare l'intero massetto pavimentale.
Subito dopo si procede a una prima lisciatura della superficie ancora fresca, faticosissima operazione tuttora condotta dai terrazzieri veneziani più esperti, trascinando sulla superficie un attrezzo chiamato orso, formato da un lungo manico in legno con una pietra molare fissata a un'estremità. Vengono quindi stuccate e riempite tutte le fughe, bolle e soluzioni di continuità tra i ciottoli della semina con un'impasto di grassello di calce e cocciopesto, polvere di marmo colorato ed eventuali pigmenti. Una seconda lisciatura, condotta in più fasi con attrezzi sempre più piccoli, completa il lavoro.
A questo punto è finalmente il momento dei trattamenti finali, costituiti da una spalmatura preliminare con olio di lino cotto per impermeabilizzare la superficie ed esaltare i colori e dalla successiva lucidatura finale, anticamente eseguita con stracci di juta.
Il pavimento finito appare quindi perfettamente liscio, lucido, compatto e con i colori molto brillanti.
Un terrazzo eseguito a regola d'arte ha inoltre una certa flessibilità naturale, ma se la superficie è molto estesa si inseriscono alcuni giunti formati da sottili listelli di ottone o acciaio, normalmente disposti in corrispondenza delle soluzioni di continuità della decorazione oppure al centro della stanza, cioè nel punto di maggiore deformazione della trave maestra di un solaio in legno.
Recentemente, questa tecnica di esecuzione si è notevolmente semplificata, perché l'uso di malte cementizie garantisce tempi di presa notevolmente inferiori mentre l'uso di levigatrici meccaniche e lucidatrici ha notevolmente velocizzato le ultime fasi.
Tuttavia, i risultati migliori si ottengono ancora oggi con una lavorazione completamente manuale.
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