Cedolare secca per locazioni commerciali: è ammesso il canone variabile?
L'opzione della cedolare secca è consentita dall'Agenzia delle Entrate anche per quegli affitti commerciali che, previa pattuizione delle parti, prevedono una quota variabile del canone. Il caso preso in esame con la risposta a interpello n.340 del 23 agosto scorso riguarda un contribuente che intendeva locare a una società un immobile di categoria catastale C1 stipulando un contratto di locazione commerciale per il quale il canone era caratterizzato da una parte fissa e da una variabile.
Il dubbio che viene sciolto dall'Agenzia delle Entrate riguarda la possibilità, nonostante la componente variabile del canone, di assoggettare il contratto al regime della cedolare secca del 21%.

Partiamo col dire che la Legge di Bilancio 2019 ha previsto la possibilità, per le locazioni commerciali stipulate nel 2019, aventi a oggetto unità immobiliari di categoria catastale C1 con superficie fino a 600 mq, (escluse le pertinenze) di rientrare nell'ambito di applicazione della cedolare secca, misura sostitutiva del regime ordinario. In questi casi è sospesa la facoltà di richiedere l'aggiornamento del canone a qualsiasi titolo, inclusa la variazione ISTAT.
Nella fattispecie esaminata, la parte variabile del canone era pari a 3,4% dei ricavi della società relativi alla parte eccedente un milione di euro.
Il canone, per una parte, veniva correlato al fatturato della società conduttrice. La suddetta previsione rientrava nel divieto disposto dalla Legge di Bilancio 2019?
Fornendo una dettagliata e complessa spiegazione, l'Agenzia delle Entrate conclude che nel caso in questione non si configura un aggiornamento del canone, inderogabilmente non ammesso in presenza di cedolare secca. La previsione contrattuale del canone variabile è riconducibile alla libertà accordata alle parti nella determinazione del contenuto del contratto.
Resta fermo l'obbligo del locatore che voglia optare per il regime di cedolare secca di darne comunicazione al conduttore con lettera raccomandata nella quale egli rinuncia alla facoltà di richiedere l'aggiornamento del canone dovuto.