Riconosciuto il diritto al risarcimento danni per vizi dell'immobile

Con ordinanza 24230 dello scorso anno, la Corte di Cassazione riconosce il risarcimento del danno a favore dell'acquirente di un immobile che presenta dei vizi
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Risarcimento del danno per vizi dell'immobile


Il risarcimento del danno a favore dell'acquirente di un immobile è dovuto anche in presenza di vizi che non risultino impeditivi all'utilizzo dello stesso.

Risarcimento danni per immobile con vizi

A statuire tale principio è stata l'ordinanza della Corte di Cassazione numero 24230, depositata il 4 ottobre dello scorso anno. Peraltro, già nel precedente mese di aprile, il Supremo Collegio aveva deciso in materia, in modo conforme, con la sentenza numero 10048.


I vizi denunciati e risarcimento danni


Con atto di citazione, gli acquirenti delle unità immobiliari comprese in un fabbricato sito in Castelfranco Emilia, avevano chiamato in giudizio, innanzi il Tribunale di Modena, l'impresa di costruzioni che aveva realizzato il manufatto e i suoi soci, questi ultimi in via sussidiaria rispetto alla società.

I ricorrenti intendevano ottenere dal giudice la condanna dei convenuti al risarcimento del danno derivante dai vizi e difetti riscontrati sull'immobile compravenduto, o in subordine, nel caso di accertata impossibilità di conseguire l'abitabilità delle unità immobiliari acquistate dagli attori, per la risoluzione del rispettivi contratti di compravendita e la condanna alla restituzione del prezzo.

In particolare, gli attori lamentavano, innanzitutto, che l'edificio nel quale erano ubicati gli immobili da loro acquistati non aveva conseguito l'abitabilità; inoltre, presentava fessurazioni nei muri esterni e conseguenti problemi di statica; peraltro, non era dotato di impianto fognario a norma di legge, infatti il Comune aveva intimato i convenuti, con ordinanza, a presentare un progetto di modifica da eseguirsi entro 90 giorni e a comunicare, all'esito, la fine lavori.

Immobile danneggiato da problemi di umidità

Si costituivano in giudizio anche il progettista e il direttore dei lavori e tutti i convenuti contestavano a vario titolo la loro responsabilità per i vizi allegati dagli attori.

Nel corso del giudizio, venivano espletati prima un A.T.P., poi una C.T.U. e la prova orale, e all'esito il Tribunale accoglieva la domanda condannando la ditta costruttrice, e in via sussidiaria uno dei soci, al risarcimento del danno causato agli attori.

Proponeva appello uno dei soci e la Corte di Appello di Bologna, con la sentenza impugnata, rigettava il gravame confermando la sentenza di prime cure.

La Corte territoriale, dopo aver escluso la sussistenza di profili di decadenza o prescrizione poiché i vizi erano stati effettivamente conosciuti dagli attori soltanto a seguito dell'A.T.P., confermava la qualificazione dell'azione ai sensi dall'art.1669 c.c. e I'esperibilità di essa tanto contro il proprietario che nei confronti di costruttore, progettista e direttore dei lavori e respingeva le critiche sollevate dall'appellante all'operato del C.T.U.
Famigli Giovanni propone ricorso per la cassazione dì detta decisione affidandosi a cinque motivi.


Ruolo e compiti del CTU


Preliminarmente, risulta utile riportare alcuni passaggi della motivazione che, richiamando alcuni arresti giurisprudenziali di legittimità, individua in maniera puntuale ruolo e compiti del CTU, spesso protagonista in giudizi che hanno ad oggetto immobili.

E così, gli ermellini ricordano che:

nello svolgimento delle indagini affidategli il consulente tecnico può assumere informazioni da terzi ed acquisire ogni elemento necessario a rispondere ai quesiti ed il giudice, purché si tratti di fatti cosiddetti accessori e non di fatti costitutivi della domanda o delle eccezioni, può utilizzarli per il proprio convincimento anche se siano stati desunti da documenti non prodotti dalle parti.


Danni causati all'immobile da tubature difettose

E ancora:

il consulente tecnico, nell'espletamento del mandato ricevuto, può chiedere informazioni a terzi ed alle parti, per l'accertamento dei fatti collegati con l'oggetto dell'incarico, senza bisogno di una preventiva autorizzazione del giudice e queste informazioni, quando ne siano indicate le fonti, in modo da permettere il controllo delle parti, possono concorrere con le altre risultanze di causa alla formazione del convincimento dei giudice.



Quando parte il termine per la prescrizione


Con particolare alla fattispecie oggetto del giudizio, secondo il ricorrente, la Corte di Appello avrebbe dovuto accogliere l'eccezione di prescrizione dell'azione e ritenere insussistenti i profili di responsabilità, posto che gli attori avevano conseguito il possesso degli immobili nel 1994 ed avevano denunziato i vizi di cui è causa per la prima volta soltanto nel 1999.

Non sarebbe condivisibile, secondo il ricorrente, l'interpretazione della Corte territoriale, che ha collocato la piena conoscenza dei vizi nel febbraio 1999, allorquando gli attori hanno avuto contezza della relazione tecnica eseguita dal perito da essi incaricato per la verifica dell'edificio.

Edifici, proprietà con vizi e risarcimento del danno

Inoltre, non si tratterebbe di vizi rilevanti ai fini dell'azione ex art. 1669 c,c, poiché gli attori hanno potuto usare le loro abitazioni per oltre vent'anni, e ciò dimostrerebbe la non incidenza dei difetti sul libero godimento del bene, Infine, sempre ad avviso del ricorrente, la Corte territoriale non avrebbe considerato che l'edificio aveva conseguito il certificato di agibilità, né avrebbe graduato la colpa del venditore, del costruttore, del progettista e del direttore dei lavori.

Ma tale doglianza, nelle sue varie articolazioni, è inammissibile secondo i giudici di piazza Cavour. Nel caso di specie la Corte di Appello ha deciso in senso assolutamente conforme alla giurisprudenza di questa Corte, si legge nella motivazione della sentenza:

posto che il dies a quo per il computo dei termini previsti dall'art.1669 c.c. va individuato a partire dal momento in cui l'attore acquisisce la "conoscenza sicura dei difetti e tale consapevolezza non può ritenersi raggiunta sino a quando non si sia manifestata la gravità dei difetti medesimi e non si sia acquisita, in ragione degli effettuati accertamenti tecnici, la piena comprensione del fenomeno e la chiara individuazione ed imputazione delle sue cause, non potendosi onerare il danneggiato della proposizione di azioni generiche a carattere esplorativo.


Quanto poi ai fatto che gli attori abbiano abitato gli immobili di cui è causa:

ciò non esclude l'incidenza dei vizi sul libero godimento del bene, posto che la valutazione va eseguita in termini oggettivi, dovendosi - secondo la costante giurisprudenza di questa Corte - dare rilievo ai vizi che, al di fuori dell'ipotesi di rovina o di evidente pericolo di rovina, pur senza influire sulla stabilità dell'edificio, pregiudichino o menomino in modo rilevante ii normale godimento, la funzionalità o l'abitabilità del medesimo.


Più precisamente, la Cassazione sottolinea che:

i gravi difetti che ai sensi dell'art.1669 c.c, fanno sorgere la responsabilità dell'appaltatore nei confronti dei committente e dei suoi aventi causa consistono in quelle alterazioni che, in modo apprezzabile, riducono il godimento del bene nella sua globalità, pregiudicandone la normale utilizzazione, in relazione alla sua funzione economica e pratica e secondo la sua intrinseca natura.


A tal fine, secondo la Cassazione, rilevano anche vizi non totalmente impeditivi dell'uso dell'immobile, come ad esempio quelli relativi all'efficienza dell'impianto idrico o alla presenza di infiltrazioni e umidità, ancorché incidenti soltanto su parti comuni dell'edificio, e non sulle singole proprietà dei condomini.


Responsabilità solidale


Altro profilo di interesse del provvedimento riguarda la doglianza del ricorrente riguardante la mancata graduazione delle colpe dei diversi soggetti ritenuti responsabili per i vizi.

Ad avviso del ricorrente, la Corte di merito avrebbe dovuto considerare che il progetto non sarebbe mai stato oggetto di censura, le opere sarebbero state eseguite dal reale dominus dell'iniziativa, il costruttore avrebbe eseguito talune lavorazioni all'insaputa della direzione lavori, il ricorrente sarebbe cessato dalla carica dì direttore dei lavori tra la fine del 1994 e l'inizio del 1995.

Di conseguenza, la Corte territoriale avrebbe dovuto escludere o sensibilmente limitare la responsabilità del ricorrente.

Secondo l'ordinanza della Cassazione, la doglianza è inammissibile perché si risolve in una istanza di revisione del giudizio di merito operato dalla Corte di Appello. Inoltre:

difetta della necessaria specificità in quanto il ricorrente afferma, ma non dimostra, che il progetto non sarebbe mai stato oggetto di censura; non indica quali opere sarebbero state svolte dall'impresa di costruzione all'insaputa della direzione lavori; non fornisce elementi idonei a dimostrare la sua effettiva cessazione dalla carica di direttore dei lavori nel periodo fine 1994 - inizio 1995 ovvero in qualsiasi altro momento; non dimostra, infine, di aver sollevato le diverse eccezioni indicate nel motivo nel corso dei precedenti gradi del giudizio.


Effettuati tali rilievi, il giudice di legittimità ricorda che:

in assenza di prova contraria - che il ricorrente non ha fornito - va ravvisata la responsabilità concorrente e solidale di appaltatore, progettista e direttore dei lavori, in applicazione del principio di cui all'art.2055 c.c., tutte le volte in cui il vizio o difetto dipenda da un evento in relazione al quale sussiste un obbligo di controllo o di verifica a carico dì tutti i predetti soggetti.


Nè rileva il diverso titolo al quale si ricollega la responsabilità dei vari soggetti coinvolti nella causazione dei danno, sussistendo comunque la responsabilità solidale di tutti quei soggetti che, prestando a vario titolo la loro opera nella realizzazione dell'opera, abbiano contribuito, per colpa professionale, alla determinazione dell'evento dannoso, costituito dall'insorgenza dei vizi in questione.

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