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La cessione di un vincolo matrimoniale comporta una serie di effetti, primo fra tutti la suddivisione dei beni che segue norme diverse a seconda che i coniugi abbiano optato per la separazione o comunione dei beni.
La gestione e la suddivisione dei beni dipende, dunque, strettamente dal regime patrimoniale dei coniugi: separazione o comunione dei beni.
Nel primo caso, non vi sono particolari difficoltà: i beni acquistati prima della contrazione del vincolo matrimoniale e quelli acquistati in costanza di matrimonio in separazione dei beni rimangono nella titolarità del coniuge che ha effettuato l'acquisto.
Diversa e più complessa potrebbe rivelarsi la situazione in cui il regime patrimoniale dei coniugi sia la comunione di beni.
In questi casi come gestire comunione dei beni e separazione?
Una ipotesi su cui si è spesso pronunciata la giurisprudenza riguarda una situazione particolare, ma frequente a giudicare dalle sentenze emesse sul punto, riguardante la cessazione del matrimonio e l'assegnazione della casa costruita in costanza di coniugio su un terreno di proprietà esclusiva di un solo coniuge.
Nel momento in cui ci si accinge a contrarre matrimonio si impone una valutazione: come regolare i rapporti patrimoniali, quale regime scegliere: comunione dei beni o separazione?
Se nel corso del matrimonio si ha intenzione di costruire una casa su un terreno dell'altro coniuge è bene tenere a mente che, in caso di separazione, l'immobile edificato non confluisce in comunione di beni ma rimane di proprietà del coniuge proprietario del terreno.
È questo il principio che sembra essere al momento confermato in più occasioni dalla giurisprudenza. Vediamo le ragioni di tale prevalente orientamento.
Granitica giurisprudenza sembra concorde nel confermare che l'immobile costruito su fondo dell'altro coniuge sia di proprietà di questi, in forza del principio di accessione.
L'accessione, disciplinata dall'art. 934 c.c., è un modo di acquisto della titolarità della proprietà a titolo originario, che di fatto consente al proprietario del suolo di acquisire ipso iure anche la proprietà dell'immobile edificata sul terreno, già al momento dell'incorporazione.
In altri termini, mediante l'accessione si attua una sorta di confusione fra il bene principale (terreno) e il bene che accede su di esso (casa).
Tale confusione si pone a favore del proprietario del bene principale, ovverosia il terreno (Cass., Sez. Un.,16 febbraio 2018, n. 3873), salvo che non sia diversamente stabilito.
La nuova costruzione, infatti, non può considerarsi come un bene nuovo e distinto dal suolo sul quale insiste, ma deve considerarsi una vera e propria espansione del terreno sul quale insiste, anche da un punto di vista giuridico.
Il problema relativo all'attribuzione della casa costruita sul fondo del coniuge sorge in considerazione del raccordo con quanto stabilito dall'art. 177 c.c. secondo cui rientrano nella comunione legale gli acquisti effettuati dai due coniugi insieme o separatamente durante il matrimonio.
Tale disposizione è applicabile a eccezione dei casi in cui i beni abbiano carattere personale, che ai sensi dell'art. 179 c.c. rimangono di proprietà del singolo coniuge (Corte Appello Palermo sez. II, 14 giugno 2017, n.1130).
Secondo la giurisprudenza, a norma di cui all'art. 177 c.c. non trova diretta e immediata applicazione nel caso di un'abitazione costruita su un fondo di proprietà esclusiva di un solo coniuge (Cass., 09 marzo 2018, n. 5843).
In tali casi, secondo la giurisprudenza, la casa costruita su fondo altrui anche in costanza di matrimonio non è ricompresa nella comunione dei beni, ma rimane di proprietà del proprietario del fondo che acquista, mediante accessione, la proprietà anche della casa.
Pur essendo l'orientamento della giurisprudenza univoco in tal senso, l'ordinamento predispone una serie di tutele a favore dell'altro coniuge non proprietario dell'immobile.
L'art. 934 c.c., come rilevato, stabilisce l'acquisto della proprietà della casa da parte del coniuge che vanta un diritto sul terreno, salvo che non sia disposto diversamente.
Sul punto, la giurisprudenza riconosce la possibilità di derogare al principio di accessione mediante una specifica pattuizione fra i coniugi che possono stabilire una diversa ripartizione dei beni.
È evidente che tale diverso accordo fra le parti deve essere redatto con atto da notaio.
In favore dell'altro coniuge la giurisprudenza riconosce anche un diritto di natura obbligatoria: all'altro coniuge non proprietario del fondo spetterà un diritto di credito, tendenzialmente determinato sulla base degli importi sostenuti per la costruzione (Cass., 09 marzo 2018, n. 5843).
Per la determinazione di tale calcolo può essere preso in considerazione il valore dei materiali utilizzati al prezzo di mercato e il costo della manodopera al momento in cui è realizzata la costruzione, tenendo conto della ordinaria rivalutazione Istat (Cass., 30 maggio 2013, n.13603).
Tale importi per poter essere ripetuti a favore dell'altro coniuge devono essere comprovati mediante apposita documentazione.
Il diritto di credito previsto a favore del coniuge non proprietario, non comprende le spese sostenute dall'altro coniuge non proprietario, per le spese di miglioria della casa costruita in costanza di matrimonio.
Tali tipologie di spese si considerano finalizzate a rendere più confacente alle esigenze della famiglia l'abitazione messa a disposizione. Per tale motivo, essendo sostenute per il soddisfacimento dei bisogni familiari non possono essere ripetute a favore del coniuge non proprietario.
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