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Succede spesso che i genitori diano in comodato ai propri figli un'abitazione.
È un vero classico, mai passato di moda, soprattutto in questi tempi di difficoltà economiche, dopo un passato, diciamo glorioso, caratterizzato da ben altre possibilità nell'acquisto di immobili.
Ma i tempi cambiano e anche quei genitori, una volta abbienti, giovani e in salute, possono avere poi la necessità di richiedere indietro l'immobile dato in comodato.
A chi spetta allora quell'immobile?
Il comodato deve considerarsi cessato con l'obbligo di restituzione del bene oppure no, il contratto non deve cessare?
L'argomento è affrontato dalla Corte di Cassazione nell'ordinanza n. 17332/2018, di cui parleremo a breve.
Nel caso di specie, come in tanti altri, non è dato sapere se si è rotto qualcosa nel rapporto tra le parti o se davvero esse sono state indotte a litigare tra consanguinei sino a giungere al tribunale a causa di pesanti problemi economici.
In ogni caso, il fatto che genitori e figli giungano a tale grado di scontro da richiedere l'intervento del tribunale per risolvere un problema è un fenomeno che colpisce sempre la pubblica opinione.Chi scrive si permette di ricordare che quello in parola potrebbe essere uno di quei casi in cui l'istituto poco apprezzato della mediazione potrebbe riuscire a risolvere il problema, riappacificando le parti e rinfondendo principi di buon senso e dunque portando anche alla soluzione del problema giuridico.
Ci riferiamo in particolare alla mediazione civile, peraltro obbligatoria in questo caso, prima di iniziare la causa, ex art. 5, D.Lgs. n. 28/2010.
Uno dei vantaggi della mediazione civile è infatti proprio quello di consentire, se le parti lo vogliono, di affrontare e risolvere anche quei problemi non espressi ma che che costituiscono la vera ragione del litigio, quei problemi non giuridici, quali i problemi relazionali.
Si tralasciano poi tutti gli altri strumenti offerti dalla psicologia per la soluzione di problemi relazionali.
D'altro canto, il recupero dei principi di buon senso è proprio quello che, vedremo, farà anche la Corte di Cassazione nel provvedimento in commento, per quanto, naturalmente, attraverso una motivazione di tipo logico-giuridico, propria dei provvedimenti giudiziali: al di là dei vari passaggi che vedremo più avanti in dettaglio, il concetto posto a base della decisione è infatti quello della solidarietà sociale: insomma, la tutela dell'anziano, in questo caso, è quella che merita maggiore attenzione, per quanto in un contemperamento degli interessi coinvolti.
Vediamo i passaggi essenziali della decisione.
I genitori, soccombenti in primo ed in secondo grado, ricorrono anche in Cassazione e qui hanno la meglio.
In particolare, la Corte d'Appello aveva deciso che i genitori appellanti non avevano dimostrato il carattere precario del comodato e che esso non poteva essere fatto cessare solo per via della loro manifestazione di volontà, dal momento che sussisteva il vincolo della soddisfazione delle esigenze familiari e, inoltre, che non era stato dimostrato l'urgente e imprevedibile bisogno, ma solo la presenza di patologie correlate all'età, e non la necessità di sostenere un esborso mensile di spese consistente al punto da giustificare la restituzione del bene.
Chi scrive evidenzia il contrasto, esistente tra l'affermata assenza di prova del carattere precario e, al contempo l'affermazione, da parte della Corte, dell'esistenza della destinazione a casa familiare.
Al contrario, i ricorrenti affermano che non era loro onere, ma dei convenuti, dimostrare la natura precaria del contratto, in questo caso, che la consegna era avvenuta per la soddisfazione di esigenze familiari.
A loro dire, l'assenza di un contratto scritto dimostrerebbe che tale destinazione era esclusa.
Inoltre, i ricorrenti evidenziano, per quanto qui interessa, la loro età anziana, i modesti redditi di pensione e il fatto che l'abitazione oggetto di comodato sia l'unica risorsa di cui dispongono.
La Corte condivide tali contestazioni e, dunque, decide che è onere del comodatario dimostrare che il comodato è avvenuto per soddisfare esigenze familiari; cita in proposito un suo precedente, la sentenza n. 20448/2014 sul comodato dell'abitazione in caso di coniuge separato convivente con prole minorenne (o maggiorenne non autosufficiente); inoltre, rileva che il bisogno che ai sensi dell'art. 1809 c.c. giustifica la richiesta di restituzione non deve essere grave, ma imprevisto, dunque successivo alla stipula del comodato, e urgente; ergo, non solo la necessità di un uso diretto, ma anche il peggioramento delle condizioni economiche del comodante,
che giustifichi la restituzione del bene ai fini della sua vendita o di una redditizia locazione, consente di porre fine al comodato, ancorché la sua destinazione sia quella di casa familiare, ferma, in tal caso, la necessità che il giudice eserciti con massima attenzione il controllo di proporzionalità e adeguatezza nel comparare le particolari esigenze di tutela della prole e il contrapposto bisogno del comodante Cass. n. 17332/2018).
La Corte rammenta poi che già con il suo precedente n. 24838/2014 è stato sancito che la destinazione a casa familiare deve essere provata e che in difetto, debba darsi priorità alla soluzione della cessazione immediata del contratto.
In conclusione la Corte accoglie il ricorso affermando che era onere dei comodatari dimostrare che il contratto si fosse concluso per soddisfare le esigenze della famiglia; che la resistente non avesse contestato che l'immobile in questione fosse l'unico nella disponibilità dei ricorrenti.
La Corte inoltre osserva che l'età avanzata dei ricorrenti, avrebbe dovuto esser considerata un fattore determinante della decisione: non solo perché essa è portatrice di problemi di salute e della necessità di sostenere maggiori spese mediche, ma anche e tanto più in considerazione della data risalente del comodato e dell'età dei figli dei convenuti, (uno dei quali divenuto maggiorenne).
Aggiungasi, osserva la Corte, che sui figli grava l'obbligo di assistenza verso i genitori anziani (ai sensi dell'art. 433 c.c.) e non viceversa: non è dunque possibile
porre sulle spalle di questi ultimi una sorta di onere permanente di contribuzione al mantenimento delle più giovani generazioni (Cass. n. 17332/2018).
Menzioniamo alcuni cenni circa le principali norme coinvolte nella controversia in oggetto.
Per quanto a noi interessa, il comodato è quel contratto disciplinato dagli artt. 1803 e ss. c.c. che consiste nella consegna di una cosa (mobile o immobile) da una persona ad un'altra perché la utilizzi per il tempo o per l'uso stabilito, con l'obbligo di restituire la cosa (v. art. 1803 co.1 c.c.).
Per quanto riguarda la restituzione, l'art. 1809 c.c. dispone invece che che il comodatario deve restituire la cosa alla scadenza del termine, oppure in mancanza di termine, quando ha cessato di servirsene secondo quanto stabilito a contratto.
Se, tuttavia, prima che scada il termine o che il comodatario cessi l'uso convenuto, sopraggiunge
un urgente e impreveduto bisogno al comodante, questi può esigerne la restituzione immediata (v. art. 1809, co.2, c.c.).
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