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Saranno i film americani o sarà l'esigenza pratica, ma la villetta con giardino senza posto auto, gazebo, deposito degli attrezzi attrezzi dedicato o similia è per molti come un cielo senza stelle.
Un quadro poco espressivo in attesa della nostra personalizzazione, il nostro tocco d'artista.
Senza scherzare tropppo, accade molto spesso che tali realizzazioni vengano sanzionate dall'autorità vigilante divenendo poi oggetto di giudizi amministrativi.
Il contenzioso in materia è vasto, infatti.
Oggi in particolare ci dedichiamo a una delle ultime sentenze emesse in materia, la n. 1644 del 18 luglio 2017 del Tribunale Amministrativo della Lombardia.
In tale sentenza il TAR Lombardia ha stabilito che per la realizzazione di un pergolato in metallo destinato a posto auto è necessario il permesso di costruire o comunque il titolo edilizio.
E che, comunque, essendo stata realizzata in assenza di qualsivoglia titolo, l'opera non può che essere demolita, come ordinato dall'autorità comunale.
Vediamo più da vicino la questione.
Ci troviamo nel comune di San Siro (in provincia di Como) dove una coppia di proprietari di una villetta con giardino riceve l'ordine di demolizione del pergolato in ferro da loro realizzato per il posto auto.
Si tratta, in particolare, di una struttura di ferro ferma al suolo e costituita da travi in ferro e fili in acciaio teso sui quali è intento dei proprietari di far crescere i rampicanti al fine di creare ombra, in particolare nella stagione calda.
L'ordine di demolizione è emesso dal Comune in quanto l'opera è stata realizzata in assenza di permesso di costruire ed è pertanto ritenuta abusiva.
La coppia propone opposizione contro l'ordine demolitorio comunale presso il Tribunale Regionale Amministrativo.
La motivazione con cui difendono il proprio operato è che si tratta di un
semplice arredo esterno TAR Lombardia n. 1644/2017
senza rilievo da un punto di vista edilizio: essa rientra dunque nell'attività edilizia libera o al più tra gli interventi ammessi alla DIA, per i quali la sanzione prevista in caso di realizzazione abusiva è una sanzione pecuniaria (e non la demolizione).
Il ricorso in primo grado non viene accolto: i giudici danno infatti ragione al Comune con la motivazione che la struttura non è facimente amovibile e occupa una parte significativa di spazio.
Essa risulta, infatti, ancorata al suolo tramite dei bulloni (e d'altronde se l'intento è che vi si sviluppino dei rampicanti è chiaro che essa è stata costruita con la prospettiva di non essere disancorata dal suolo così facilmente).
Inoltre, la struttura occupa una parte importante di spazio, essendo larga oltre 30 mq ed essendo alta 2,34 m, data anche la sua destinazione di parcheggio per autovetture: l'opera insomma impatta in maniera significativa nello spazio.
A proposito di non precarietà dell'opera, il tribunale amministrativo si riporta a un'altra sentenza, quella del Consiglio di Stato n. 1619 del 2016.
Tale sentenza, richiamandosi alla lettura delle norme di legge (art. 3, co.1 lett. e.5, DPR 380/2001, il TU dell'edilizia) afferma che la precarietà dell'opera, dunque la non necessità del titolo, è data non dalle caratteristiche costruttive come materiali leggeri e modalità di fissaggio al suolo, ma dalla destinazione data all'opera: se la destinazione non è precaria l'opera nemmeno lo è.
E infatti, l'art. 3-co.1, lett. e.5 include tra le nuove costruzioni, per quanto qui interessa, anche struttura come ad es. roulottes o camper destinati a essere utilizzati
come abitazioni, ambienti di lavoro, oppure come depositi, magazzini e simili, a eccezione di quelli che siano diretti a soddisfare esigenze meramente temporanee art. 3, co.1, lett. e.5
Quella sentenza si riferiva, escludendone la precarietà proprio per la destinazione, ad altra struttura amovibile di cui si parla spesso, cioè le pergotende.
L'importanza dell'opera (da un punto di vista della dimensione della costruzione) la rende una nuova edificazione, dunque ne richiede il permesso di costruire.
Diverso sarebbe il discorso, proseguono i giudici, se si fosse trattato come in altri casi di strutture leggere e facilmente amovibili.
Sul punto, la sentenza richiama altre sentenze emesse dal Consiglio di Stato, la n. 306 del 2017 e la n. 5409 del 2011.
La prima ha escluso la qualifica di gazebo (per il quale viene esclusa la necessità del titolo edilizio) a una struttura con tre pilastri in muratura; la seconda esclude la definizione di pergolato (che sarebbe opera irrilevante da un punto di vista edilizio) per una struttura in pilastri e travi in legno di importanti dimensioni che ne fanno presumere la permanenza nel tempo.
Al di là della questione relativa a quale fosse il titolo più adatto, se il permesso di costruire o la DIA, la conclusione dei giudici non cambia: anche se fosse stata ritenuta ammissibile la semplice DIA comunque l'opera si sarebbe dovuta demolire, in quanto è l'assenza totale di titolo edilizio in una zona sottoposta a vincolo paesaggistico che giustifica l'ordine di demolizione (menziona) sul punto la sentenza n. 62 del 2013 del Consiglio di Stato e l'art. 27, co.2, DPR 380/2001 e la sentenza n. 1472 del TAR di Napoli del 2017.
In particolare, per la sentenza n. 62 del Consiglio di Stato citata, l'art. 27, d.P.R. n. 380 del 2001 conferisce al Comune un potere di vigilanza e controllo sull'attività urbanistica ed edilizia, imponendo l'adozione di provvedimenti di demolizione con riguardo ad opere eseguite in zone vincolate senza i relativi titoli abilitativi, al fine di ripristinare la legalità violata.
Si tratta di un potere-dovere privo di discrezionalità, che va esercitato anche nei confronti di opere soggette a DIA, che siano
prive di autorizzazione paesaggistica CdS n. 62/2013
In quel caso si trattava di tre tende da sole solari poste dinnanzi a un esercizio commerciale, prive di titolo edilizio in una zona a vincolo paesaggistico.
Nonostante si concludesse per la necessità della DIA e non, come affermato dal comune con l'ordinanza demolitoria, di permesso di costruire, il Consiglio di Stato confermava comunque l'ordine demolitorio, dal momento che l'opera era stata in ogni caso costruita senza il relativo titolo edilizio e paesaggisico.
Ricordiamo che con la riforma del TU dell'edilizia a opera del Decreto SCIA 2, la DIA, Denuncia di Inizio Attività è stata eliminata e le nuove costruzioni sono soggette a permesso di costruire.
Si consiglia di rivolgersi sempre ad un esperto per la soluzione dei casi concreti.
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