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Si sente spesso parlare della figura del caposcala del condominio.
Chi è il caposcala? Quali sono i suoi compiti?
Partiamo dal dato certo: il codice civile non disciplina la figura del caposcala, sicché la sua presenza può essere creta attraverso una delibera condominiale ad hoc oppure inserendola nel regolamento condominiale.
La legge rispetto alla gestione del condominio, è utile ricordarlo, prevede tre sole figure:
a) l'amministratore;
b) l'assemblea;
c) il consiglio di condominio.
L'amministratore, lo specifica l'art. 1129, primo comma, c.c., è obbligatorio solamente quando il numero dei condòmini, ossia dei proprietari delle unità immobiliari, è superiore a otto.
Fino a questa soglia la figura dell'amministratore condominiale è facoltativa e se l'assemblea non provvede alla sua nomina non è possibile richiederla all'Autorità Giudiziaria, come per il caso di nomina obbligatoria.
Il consiglio di condominio è un altro organo eventuale nella gestione della compagine.
A differenza dell'amministratore, l'istituzione del consiglio è sempre facoltativa.
L'art. 1130-bis, secondo comma, c.c. si limita a specificare che l'assemblea può provvedere alla nomina di un consiglio di condominio e che tale consiglio dev'essere composto da almeno tre condòmini in quegli edifici di almeno dodici unità immobiliari.
Tale consiglio, dice la norma, ha funzione consultive e di controllo dell'operato dell'amministratore.
L'assemblea condominiale, invece, è organo naturale e permanente.
Essa esiste al di là della volontà dei condòmini che non possono decidere di istituirla o sopprimerla in relazione al numero dei partecipanti alla compagine.
Tutte le decisioni inerenti la gestione del condominio, salvo il caso di accordo scritto unanime intercorrente tra tutti i condòmini, deve passare attraverso l'assise condominiale.
Svolta questa doverosa premessa, passiamo ad analizzare la figura del caposcala condominiale. Di questa figura, si diceva, non esiste traccia nelle norme di rango legislativo e regolamentare.
Nel linguaggio corrente, con il termine caposcala si intende solitamente far riferimento a quella figura di raccordo tra condòmini e amministratore.
Si tratta di una persona, solitamente scelta tra i proprietari delle unità immobiliari (ma nulla vieta che anche un conduttore possa essere nominato caposcala), che si occupa di portare all'amministratore istanze e comunicazioni da parte dei condòmini, una sorta di coadiutore nei limiti delle prerogative stabilite dall'assemblea o dalla prassi.
Solitamente, ad esempio, è il caposcala la persona cui sono affidate determinate chiavi che devono essere tenute presso lo stabile, laddove non esistano altri sistemi di conservazione.
Si è fatto riferimento alla prassi, quale situazione di fatto presente nel condominio, poiché molto spesso la figura del caposcala non è prevista da delibere o dal regolamento condominiale.
Qualora l'assemblea dovesse provvedere a istituire la figura, trattandosi di materia attinente all'amministrazione della cosa comune, che può essere inserita nel regolamento condominiale, ad avviso di chi scrive, così come previsto dal regolamento stesso, la maggioranza per istituirla è sempre quella prevista per l'approvazione/revisione del regolamento, ossia il voto favorevole della maggioranza degli intervenuti all'assemblea ed almeno la metà del valore millesimale dell'edificio (art. 1138, primo e secondo comma, c.c.).
Visto in questo modo, il caposcala è stato considerato alla stregua del consiglio di condominio, una figura consultiva e di controllo dell'operato dell'amministratore (cfr. in tal senso Trib. Milano 26 marzo 1992).
Si è detto che il caposcala ha primariamente funzioni di raccordo tra la figura dell'amministratore e i condòmini.
In questo contesto è lecito domandarsi:
l'amministratore del condominio può demandare al caposcala dei compiti suoi tipici, quale ad esempio la riscossione dei contributi per la gestione del condominio?
Se si, quali sono le responsabilità dell'amministratore e quali quelle del caposcala?
La Corte di Appello di Lecce, Sezione Distaccata di Taranto, si è occupata della questione, dando una risposta chiara, precisa e condivisibile, in quanto fondata sulle risultanze normative attualmente vigenti ed applicabili al rapporto che s'instaura tra amministratore e condominio.
Le norme cui la sentenza (n. 163 del 13 aprile 2015) fa riferimento sono quelle dettate in materia di mandato, ossia le norme applicabili al rapporto amministratore–condominio, e più specificamente alle norme dettate in materia di sostituto del mandatario.
Il così detto sostituto del mandatario è una persona di cui il mandatario, ossia l'amministratore, può servirsi nell'adempimento del proprio incarico. Qualora il sostituto del mandatario sia scelto direttamente dal mandante (assemblea), al mandatario si potranno rimproverare solamente le indicazioni impartite al suo sostituito.
Nei casi in cui vi sia sostituzione non preventivamente autorizzata o non sia necessaria rispetto all'adempimento dell'incarico, il mandante risponde in toto delle azione del suo sostituito.
Qualora vi sia stata autorizzazione alla sostituzione senza indicazione della persona (es. l'assemblea specifica che può esservi un caposcala ma demanda la scelta all'amministratore), allora la responsabilità del mandatario sarà limitata nella scelta.
In buona sostanza, se l'assemblea autorizza un condomino su richiesta dell'amministratore a riscuotere le somme, attribuendogli il così detto ruolo di caposcala (l'investitura non necessita dello specifico riferimento a questa figura), egli agirà come sostituto del mandatario, cioè dell'amministratore, rispondendo dell'operato del caposcala nella misura sopra indicata.
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