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Costituisce pratica assai diffusa, soprattutto nelle locazioni immobiliari a uso abitativo, che il proprietario di un immobile accordi uno sconto del canone di affitto a favore dell'inquilino, ottenendo in cambio la ristrutturazione dell'appartamento o l'esecuzione di migliorie.
Da un punto di vista fiscale la variazione del canone di locazione assume rilevanza?
La risposta è sì. Proviamo a capire in che termini.
Come noto, una delle principali obbligazioni dell'affittuario, oltre alla corresponsione del canone di locazione, consiste nell'obbligo di consegna dell'immobile nelle stesse condizioni (salvo il normale deterioramento dovuto all'utilizzo nel tempo) in cui si trovava prima della locazione.
Ciò nondimeno, il codice civile prevede, e dunque legittima, una serie di azioni e comportamenti dell'inquilino finalizzate a migliorare o innovare l'immobile oggetto di contratto di affitto.
Tali modifiche devono essere concordate con il proprietario per evitare spiacevoli situazioni al termine della locazione, ovverosia al momento della restituzione dell'immobile, che in alcuni casi possono giustificare la richiesta si risarcimento da parte del proprietario.
In linea generale, gli eventuali interventi dell'inquilino non devono alterare lo stato della cosa locata, né da un punto di vista funzionale o strutturale né inerente il decoro.
La definizione di miglioria è stata coniata dalla giurisprudenza, la quale ha individuato nel miglioramento, le opere che con sistemazioni diverse apportano all'immobile un aumento di valore, accrescendone in modo durevole il godimento, la produttività e la redditività (in tale senso, Cass., 14 luglio 2004, n. 13070; Cass., 14 maggio 1998, n. 4871).
L'opera di miglioramento è differente dalla trasformazione che presuppone una attività preordinata ad alterare, da un punto di vista anche strutturale, il bene cui si riferisce, al fine di renderlo sostanzialmente diverso rispetto a quello originariamente locato, ovvero da mutarne la natura.
Ulteriore necessaria distinzione riguarda le addizioni, disciplinate dall'art. 1593 c.c. che consistono in opere che si aggiungono al bene concesso in locazione da cui sono facilmente distinguibili e in alcuni casi separabili.
Effettuata tale preliminare distinzione fra miglioria, addizione e trasformazione, veniamo ora ad analizzare cosa accade se nell'ambito di un contratto di locazione siano eseguite opere di miglioria.
Occorre precisare come, per espressa previsione normativa dell'art. 1593 c.c., l'affittuario non ha diritto a una indennità per i miglioramenti apportati all'immobile locato.
Un eventuale riconoscimento dell'indennità a favore dell'inquilino deve essere previamente accordata dal proprietario e corrisponde alla minor somma tra l'importo della spesa e il valore del risultato utile al tempo della riconsegna.
Ulteriore modalità per indennizzare il conduttore potrebbe essere quella di compensare i deterioramenti all'immobile locato, purché verificatisi senza colpa grave, con i miglioramenti.
Quanto sopra è espressamente previsto dalla legge e disciplinato all'art. 1593 c.c.
È possibile, tuttavia, che nella pratica immobiliare il conduttore impegnatosi a realizzare le migliorie sull'immobile locato sia ripagato con una riduzione del canone di locazione.
Facciamo un esempio. Supponiamo di avere un contratto di locazione in cui è indicato un canone pari a 600 €. Supponiamo ancora che le parti si accordino in favore di una riduzione, per alcune mensilità, della quota pari 400 €.
Tale riduzione è calcolata come controprestazione dei lavori di ristrutturazione eseguiti dall'affittuario quali, a esempio, la sostituzione degli apparecchi igienico-sanitari con altri più nuovi e più funzionali, o ancora, l'installazione di una porta blindata.
In questo caso, il proprietario dell'immobile dovrà dichiarare al Fisco il canone di locazione integrale o quello scontato?
In altri termini, ai fini fiscali, in sede di calcolo dell'Irpef concorre tutto il canone pattuito in origine nel contrattoo quello scontato?
La risposta non è così immediata.
Per rispondere ai suddetti quesiti, occorre operare un netto distinguo.
Se la miglioria si traduce in un vantaggio permanente all'immobile locato di cui, pertanto, anche il proprietario può usufruirne al termine dell'affitto, in tale caso, questi è tenuto a dichiarare al Fisco il canone di locazione integrale, dichiarato nel contratto di locazione.
Nel nostro esempio, bisogna dichiarare 600€, indipendentemente dalla effettiva percezione di una quota di canone ridotta di 400 €, quale controprestazione dell'intervento di miglioria, realizzato dal conduttore.
Situazione opposta si verifica allorquando la miglioria, realizzata dal conduttore non comporta un vantaggio per il proprietario, ma per il solo inquilino durante il corso della locazione.
In questo caso, la riduzione del canone di locazione non può ritenersi compensata dalla ristrutturazione o del lavoro di miglioria, non potendo il proprietario usufruirne al termine della locazione.
Il locatore dovrà dichiarare al Fisco il canone di locazione effettivamente percepito e, pertanto, versare le relative imposte sui redditi calcolate sulla sola quota di locazione ridotta.
La risposta a questo interrogativo è no!
Non vi è l'obbligo di provvedere alla registrazione dell'accordo di riduzione del canone se, è bene precisare, la modifica riguarda solo ed esclusivamente l'ammontare della quota concordata per il godimento dell'unità immobiliare.
La variazione del quantum del canone non comporta una modifica sostanziale del contratto di locazione, non determina una novazione del contratto di locazione con successiva costituzione di un nuovo rapporto giuridico.
Ne consegue che, nei confronti dell'Amministrazione finanziaria, non sussiste alcun obbligo di registrazione del nuovo accordo avente a oggetto la riduzione del canone di locazione, così come indicato nel negozio giuridico registrato.
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