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Chiunque abiti un'unità immobiliare o comunque la utilizzi per altri scopi ha quasi sempre a che fare con il pagamento dell'utenza idrica.
Il rapporto con l'ente gestore può avvenire:
a) direttamente, laddove l'utente abbia concluso direttamente il contratto con la società erogatrice del servizio;
b) per mezzo del'amministratore di condominio, laddove il contratto intercorra tra l'ente erogatore e la compagine.
In entrambi i casi è possibile affermare quanto segue: chi non paga rischia, come si suole dire, di vedersi tagliata l'acqua.
Niente sconti: chi non onora il contratto di fornitura non ha diritto a avere l'acqua dai propri rubinetti. Si badi, non è il primo errore quello che può essere determinante ma già due fatture non pagare possono essere sufficienti per interrompere il servizio. E non si pensi di trovare giustificazione dietro l'importanza del bene acqua: chi non paga non può pretendere di avere quel servizio.
Questa è la conclusione, chiara e lapidaria, cui è giunto il Tribunale di Bari con la sentenza della Seconda Sezione Civile depositata in cancelleria il 16 dicembre 2014.
Inadempimento, interruzione della somministrazione e clausole vessatorie: questi i concetti attorno ai quali ruota la sentenza che ha visto come parti l'acquedotto pugliese (AQP) ed un'associazione dei consumatori.
Nella sostanza quello che si chiedeva al Tribunale del capoluogo pugliese era la censura di alcune clausole contenute nel contratto per la fornitura del servizio idrico predisposto da AQP perché vessatorie ed anche l'invalidità di diverse condizioni contenute nel regolamento per il servizio idrico integrato.
Queste clausole, in sostanza, consentono la sospensione dell'erogazione del servizio idrico se dopo il mancato pagamento di due bollette dell'acqua a fronte dell'intimazione di pagamento, l'utente non v'abbia provveduto. In tal caso a seguito del mancato pagamento si può addirittura arrivare alla risoluzione del contratto.
Il Tribunale di Bari ha ritenuto che tutto fosse nella norma.
Partiamo dalla eccezione d'inadempimento nei contratti a prestazioni corrispettive; sono tali quei contratti rispetto ai quali una parte esegue una prestazione a fronte di un adempimento della sua controparte.
Il contratto di fornitura dell'acqua ne è un esempio plastico: paghi e ti fornisco l'acqua. E se non paghi?
L'art. 1460 c.c. ci dice che in questo genere di contratti ognuno dei contraenti può rifiutarsi di adempiere la sua obbligazione, se l'altro non adempie o non offre di adempiere contemporaneamente la propria, a meno che non siano previsti termini diversi in ragione della natura della prestazione o per contratto.
L'appaltatore, se non diversamente convenuto, non può pretendere il pagamento del prezzo prima dell'inizio dei lavori, ma se sono previsti dei pagamenti rateali e questi non arrivano, può sospendere i lavori.
In termini giuridici si dice che all'inadempiente non è dovuto l'adempimento, utilizzando la formula latina inadimplenti non est adimplendum.
Allo stesso modo, è sempre la legge a prevedere la possibilità di risolvere il contratto, purché l'inadempimento non abbia lieve importanza (art. 1455 c.c.).
Nel caso dei contratti di somministrazione, com'è quello di fornitura dell'acqua, la situazione è pressoché identica a quella prevista per i contratti in generale.
L'art. 1565 c.c. specifica che quando la parte che ha diritto alla somministrazione è inadempiente e tale inadempimento è di lieve entità, l'erogatore del bene o del servizio non può sospendere l'esecuzione del contratto senza dare congruo preavviso.
Lo stesso, nella sostanza, dicasi per la possibilità di risolvere il contratto: ciò può avvenire solamente se l'inadempimento ha notevole importanza.
Il tutto, evidentemente, ruota attorno all'individuazione della lieve entità o al contrario della importanza dell'inadempimento che potesse far considerare legittimo oppure vessatorio il comportamento dell'ente erogatore pugliese.
Per il giudice barese nessuna vessatorietà nelle norme, nel contratto e nessuna inosservanza delle regole da parte di AQP.
In buona sostanza è legittimo tagliare l'acqua e successivamente risolvere automaticamente il contratto a chi non paga due fatture e successivamente lasci cadere nel vuoto il sollecito di pagamento e dopo ancora perduri nel mantenere quel comportamento.
Secondo il Tribunale di Bari, infatti, nel caso sottoposto alla sua attenzione (ossia nei contratti e nelle norme che regolano l'erogazione dell'acqua in Puglia) la sospensione non segue al primo inadempimento dell'utente nel pagamento del corrispettivo periodico, e neppure al secondo inadempimento (cioè alla scadenza della seconda fattura), ma successivamente al decorso di 15 giorni dal ricevimento del preavviso qualora non avvenga il pagamento (si aggiunga che tra la scadenza della seconda fattura ed il ricevimento del preavviso da parte dell'utente decorre fisiologicamente un lasso temporale per consentire l'accertamento della morosità, la predisposizione e l'invio del preavviso).
Dunque, rispetto alla disciplina ordinaria in tema di somministrazione, in considerazione del bene primario oggetto della prestazione dell'AQP, non si prevede la sospensione dell'erogazione quale effetto immediato di un inadempimento di lieve entità, ma si attende che l'inadempimento acquisti una certa consistenza, si concreti cioè nell'omesso pagamento di due fatture e, anche dopo la scadenza del termine di pagamento della seconda fattura, la sospensione non è immediata ma solo successiva al decorso di un ulteriore periodo di tempo che va dal ricevimento del preavviso ai 15 giorni successivi senza che la mora sia stata sanata (Trib. Bari 16 dicembre 2014).
Non è chiaro, leggendo la sentenza, se l'importanza dell'inadempimento debba essere valutata solamente in relazione al numero (due) di fatture non pagate o anche all'importo. Non pagare due fatture da 10.000 euro cadauna è la stessa cosa di non pagarne due da 100 euro complessivi?
Vedremo se la decisione verrà appellata e quale sarà l'esito del giudice di appello: la decisione presa dal Tribunale di Bari è basata su una lettura discrezionale delle norme e non è detto che di fronte ad adeguate argomentazioni, anche ricollegate alla natura del bene fornito, il giudizio di appello non possa avere esito differente.
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