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Tra i costi da sostenere, in relazione alle esigenze della vita quotidiana, quello della bolletta dell'acqua è tra i più importanti.
Per le abitazioni in condominio, poi, a questa spesa si accompagnano spesso malumori dovuti agli importi da versare.
Per sintetizzare in un unico termine, quando arriva la richiesta di pagamento da parte dell'amministratore molti di noi dicono: è troppo!
È utile, allora, capire come deve essere ripartita la spesa per la bolletta dell'acqua e quali siano le norme di riferimento.
Prima di analizzare la disciplina normativa è necessaria una premessa.
Quella delle spese condominiali è materia disponibile, ossia i condomini con accordo unanime posso decidere dei criteri di ripartizione personalizzati in deroga a quelli previsti dalla legge.
Che cosa significa ciò?
Significa che il regolamento di condominio (contrattuale), o una delibera adottata con il consenso di tutti i comproprietari, possono stabilire che le spese della bolletta dell'acqua siano suddivise, ad esempio:
a) in parti uguali;
b) sulla base dei millesimi di proprietà;
c) in relazione al numero degli occupanti l'unità immobiliare, ecc.
Quando manca quest'accordo è necessario fare riferimento alla legge.
Tre sono le norme di rilievo:
1) l'art. 146, primo comma lett. f, d.lgs n. 196/03 - rubricato Risparmio idrico che sostituisce, abrogandolo, l'art. 5 della legge n. 36 del 1994 - a norma del quale:
Entro un anno dalla data di entrata in vigore della parte terza del presente decreto, le regioni, sentita l'Autorità di vigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti, nel rispetto dei principi della legislazione statale, adotta norme e misure volte a razionalizzare i consumi e eliminare gli sprechi ed in particolare a:
f) installare contatori per il consumo dell'acqua in ogni singola unità abitativa nonché contatori differenziati per le attività produttive e del settore terziario esercitate nel contesto urbano;
2) il decreto della presidenza del consiglio dei ministri (d.p.c.m. n. 62 del 4 marzo 1996), il quale prevede che:
La misurazione dei volumi consegnati all'utente si effettua, di regola, al punto di consegna, mediante contatori, rispondenti ai requisiti fissati dal decreto del Presidente della Repubblica 23 agosto 1982, n. 854, recepente la direttiva comunitaria n. 75/33.
Là dove esistono consegne a bocca tarata o contatori non rispondenti, deve essere programmata l'installazione di contatori a norma.In relazione a quanto disposto dall'articolo 5, comma 1, lettera c), della legge 5 gennaio 1994, n. 36 (oggi art. 146 comma 1 lett f) d.lgs 152 del 2006 N.d.A.), dove attualmente la consegna e la misurazione sono effettuate per utenze raggruppate, la ripartizione interna dei consumi deve essere organizzata, a cura e spese dell'utente, tramite l'installazione di singoli contatori per ciascuna unità abitativa.
E' fatto obbligo al gestore di offrire agli utenti l'opportunità di fare eseguire a sua cura, dietro compenso e senza diritto di esclusività, le letture parziali e il riparto fra le sottoutenze e comunque proporre procedure standardizzate per il riparto stesso.
Quello che si introduce, per legge, è il così detto sistema di ripartizione per consumi effettivi.
In sostanza nel condominio, accanto al contatore generale (che solitamente è quello di riferimento per l'ente erogatore è quello che fa fede ai fini della fatturazione) e facendo salve le eventuali diverse disposizioni del regolamento contrattuale o di una deliberazione unanime, devono esserci dei contatori per ogni singola unità immobiliare (così detti contatori di sottrazione) al fine di poter ripartire la spesa in base ai consumi effettivi.
Che cosa può fare il condomino che vuol far applicare questa norma di legge?
Se si è in presenza dei summenzionati regolamenti o delibere, è necessario, prima di ogni cosa, provvedere alla loro modifica che deve essere approvata con il consenso di tutti i partecipanti al condominio.
Superata questa fase, o nel caso di assenza di disposizioni pattizie, il condominio può sollecitare l'assemblea a prendere una decisione del genere, oppure, nel caso di disinteresse dell'assise, rivolgersi al giudice affinché sia questo soggetto a ordinare l'adeguamento dell'impianto idrico alle norme di legge.
Per quanto riguarda le varie voci, diverse dai consumi, che compongono la bolletta (es. costi fissi) il primo documento cui fare riferimento è il contratto con l'ente erogatore.
Può accadere, infatti, che nell'accordo sia specificato quante siano le unità immobiliari che compongono il condominio. In questi casi la spesa andrà ripartita secondo i millesimi di proprietà, salvo diverso accordo tra i condomini.
Che cosa accade se esiste solamente il contatore condominiale e fino alla installazione dei contatori di sottrazione individuali?
Al riguardo è necessario fare riferimento all'art. 1123 c.c. e cioè alla ripartizione del costo dell'acqua in base ai millesimi di proprietà.
In tal senso si è espressa anche la Suprema Corte di Cassazione, secondo la quale il sistema dell'art. 1123 cod. civ. non ammette che, salvo diversa convenzione tra le parti, il costo relativo all'erogazione dell'acqua, con una delibera assunta a maggioranza, sia suddiviso in base al numero di persone che abitano stabilmente nel condominio e che resti di conseguenza esente dalla partecipazione alla spesa il singolo condomino il cui appartamento sia rimasto disabitato nel corso dell'anno. Il comma 1 della citata disposizione, infatti, detta un criterio per le spese di tutti i beni e servizi di cui i condomini godono indistintamente, basato su una corrispondenza proporzionale tra l'onere contributivo ed il valore della proprietà di cui ciascuno condomino è titolare (Cass. 1 agosto 2014 n. 17557).
Che cosa accade se i condòmini risultano morosi rispetto al pagamento della bolletta dell'acqua.
Al riguardo è necessario guardare alla problematica da due angoli visuali:
a) quella che riguarda il rapporto tra condominio ed ente di erogazione del servizio idrico;
b) quella che riguarda i rapporti interni alla compagine.
Nel primo caso l'ente a fronte di una situazione di morosità attiva la procedura di messa in mora che può portare alla sospensione dell'erogazione del servizio quale conseguenza del mancato pagamento – totale e/o parziale – anche di una sola bolletta. La sospensione è operata verso tutti i condòmini indistintamente (oggetto dell'intervento, infatti, è il contatore condominiale). Questa procedura che non manca di sollevare polemiche da parte dei condòmini adempimenti quando viene posta in essere è stata criticata anche da associazioni dei consumatori in ragione delle nuove norme dettate dalla così detta riforma del condominio.
Per quanto riguarda i rapporti tra condominio e condòmino, il mal pagatore può star certo che la sua morosità verrà perseguita con un'azione giudiziaria. Laddove la ripartizione del costo dell'acqua sia stato approvato dall'assemblea, non vi sono dubbi sulla possibilità, per l'amministratore di condominio, di ottenere un decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo, così come previsto dall'art. 63, primo comma, disp. att. c.c.
A ciò bisogna aggiungere, poi, che laddove gli venga richiesto l'amministratore deve fornire all'ente gestore del servizio il nome del condomino moroso al fine di consentire l'azione diretta di recupero del credito.
Più dubbia, visto l'essenzialità del bene in questione, la sospensione del servizio idrico da parte dell'amministratore (art. 63 disp. att. c.c.) anche se non sono mancate pronunce giurisprudenziali che l'hanno considerata legittima (cfr. in tal senso Trib. Modena 5 giugno 2015).
In particolare, nella sentenza appena citata è specificato che la sospensione del servizio idrico può essere disposta dall'amministratore anche senza preventiva richiesta giudiziale laddove materialmente sia possibile eseguirla intervenendo su parti di proprietà comune e non su quelle di proprietà del singolo condomino.
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