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Una sentenza della Cassazione penale, la n. 24503 del 9 giugno 2010, ci offre la possibilità di approfondire la questione relativa alle sanzioni per i rumori che causano disturbo alle attività o al riposo delle persone.
Non è raro che gli abitanti di una determinata strada o più nello specifico di un determinato edificio lamentino la presenza di rumori intollerabili.
La rumorosità delle attività viene sanzionata a diversi livelli.
In primo luogo v'è la tutela civilistica.
L'art. 844 c.c. consente di ottenere l'inibitoria della immissioni intollerabili (tra le stesse vanno annoverate quelle rumorose).
In secondo luogo v'è la possibilità di ottenere l'irrogazione di sanzioni amministrative.
Si pensi, per fare un esempio, al vicino di casa che fa effettuare lavori di ristrutturazione senza il rispetto degli orari di lavoro previsti dai regolamenti di polizia urbana.
In tal caso chiunque potrebbe segnalare il fatto alla polizia locale per ottenere il rispetto dei regolamenti e di conseguenza per l'irrogazione delle sanzioni ivi previste.
V'è poi anche il livello di tutela penale.
Si tratta di una extrema ratio, poiché le norme penali, per definizione, intervengono solamente per sanzionare quei comportamenti particolarmente riprovevoli.
La norma cui fare riferimento è l'art. 659 del codice penale a mente del quale:
Chiunque, mediante schiamazzi o rumori, ovvero abusando di strumenti sonori o di segnalazioni acustiche, ovvero suscitando o non impedendo strepiti di animali, disturba le occupazioni o il riposo delle persone, ovvero gli spettacoli, i ritrovi o i trattenimenti pubblici, è punito con l'arresto fino a tre mesi o con l'ammenda fino a euro 309.
Si applica l'ammenda da euro 103 a euro 516 a chi esercita una professione o un mestiere rumoroso contro le disposizioni della legge o le prescrizioni dell'autorità.
Si tratta di un reato contravvenzionale.
Ciò vuol dire che esso, per quanto meno grave rispetto ai così detti delitti, è sempre punibile (cioè non è necessario sporgere querela per ottenere l'attivazione di un'indagine).
Il comportamento illecito potrà essere sanzionato sia a titolo di dolo (detto più semplicemente per aver fatto rumore volontariamente) sia a titolo di colpa (per aver tenuto non volontariamente ma incautamente determinati comportamenti).
L'interesse tutelato è l'ordine pubblico ossia la quiete pubblica e privata.
La norma, a ben vedere, prevede due distinte fattispecie di reato:
a) quella sanzionata dal primo comma, che punisce ogni genere di rumore che reca disturbo alle occupazioni o al riposo delle persone;
b) la seconda, punita dall'ultimo comma, relativa all'esercizio di mestieri rumorosi contro le disposizioni di legge e delle autorità.
La recente sentenza della Corte di Cassazione penale, citata in apertura, specifica in modo chiaro e preciso tale differenza.
In particolare ad essere sanzionato penalmente, ai sensi del primo comma dell'art. 659 c.p., era stato il proprietario di un bar per la musica ad alto volume e gli schiamazzi fino a tarda notte.
L'imputato ricorreva in Cassazione contro questa condanna per ottenere l'assoluzione o quanto meno la più lieve sanzione prevista dal secondo comma poiché a suo dire l'attività svolta rientrava tra quelle rumorose.
La Corte di Cassazione, confermando il proprio orientamento in materia, ha respinto il ricorso affermando che la fattispecie di cui all'art. 659 c.p., comma 2 (che si riferisce ai mestieri naturalmente rumorosi) non è applicabile ad un locale bar- discoteca che non è di per sè rumoroso, ove gestito con il doveroso rispetto.
La giurisprudenza di questa Corte ha invero più volte affermato che i rumori eccedenti la normale tollerabilità provenienti da un locale del genere (per la musica ad alto volume o per gli schiamazzi degli avventori, specie di notte) integrano la violazione di cui all'art. 659 c.p., comma 1, e non quella di cui al comma 2 (cfr. Cass. Pen. n. 1466 in data 06.11.2007, Rv.) (così Cass. 9 giugno 2010 n. 24503).
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