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Valore dell'immobile e assegno attribuito al coniuge

Il valore economico della casa familiare va, normalmente, decurtato dall'importo che uno dei due coniugi (o ex) deve corrispondere all'altro, se questi vi abita
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Separazione, divorzio, casa familiare e assegno


assegnazione della casaCome noto, tra le conseguenze più importanti, in sede di separazione tra coniugi prima e di divorzio poi, vi sono l'assegnazione della casa familiare e la disposizione dell'obbligo di pagamento di una somma, detta assegno di separazione o di mantenimento (con la separazione) e assegno divorzile (con il divorzio).

Entrambe le conseguenze sono solo eventuali; la prima è, secondo la giurisprudenza nettamente prevalente, determinata essenzialmente dalla presenza dei figli, mentre la seconda dalle condizioni economiche del coniuge o ex coniuge più svantaggiato.

I due istituti rispondono dunque a esigenze completamente diverse che, però, sul piano pratico rischiano di confondersi.

La casa, infatti, ha comunque un valore economico; dunque vediamo come si regola la giurisprudenza quando assume entrambe le decisioni, cioè l'assegnazione della casa familiare e la determinazione dell'assegno, ovvero, vediamo in che modo, pur considerandone le diverse funzioni, ne fa alla fine una valutazione complessiva per quanto riguarda l'aspetto economico.


Assegnazione della casa familiare


Partiamo allora dall'assegnazione della casa familiare.

Al momento della separazione e successivamente del divorzio, in caso di presenza di figli, soprattutto se minori, la casa familiare viene assegnata al coniuge che starà con loro.

La giurisprudenza maggioritaria ammette, infatti, l'assegnazione della casa familiare solo in presenza di figli ed esclude che detta assegnazione possa esserci (v. ad es. Cass. n. 15367/2015 sul divorzio).

Funzione essenziale dell'istituto dell'assegnazione della casa familiare è quella di conservare il più possibile l'ambiente domestico dove i figli sono cresciuti.

In realtà, il riferimento di legge non dice esattamente questo, ma tant'è.

La legge infatti testualmente stabilisce nella separazione che Il godimento della casa familiare è attribuito tenendo prioritariamente conto dell'interesse dei figli (prima parte, co.1, art. 337-sexies, c.c.) e nel divorzio che L'abitazione nella casa familiare spetta di preferenza al genitore cui vengono affidati i figli o con il quale i figli convivono oltre la maggiore età (co.6, dell'art.6, della L. n. 898/1970).

Come si nota, le espressioni non escludono a priori l'ipotesi dell'assenza di figli.

È ad ogni modo un'altra la sede dove generalmente si dà luogo all'obbligo di soccorso materiale ed è appunto quella della determinazione dell'assegno di separazione e dell'assegno divorzile (v. ad es. Cass. n. 15367/2015 sul divorzio).


Assegno di separazione e assegno divorzile


Come noto, in entrambi i momenti della separazione e del divorzio la legge prevede anche la corresponsione di un assegno a carico del coniuge o ex coniuge che si trova nella situazione di maggiore forza economica nei confronti dell'altro (e/o anche dei figli).

Senza approfondire la questione, si precisa solo che l'assegno non può essere dato al coniuge cui sia addebitabile la separazione


Valore della casa familiare e determinazione dell'assegno


separazione e divorzioAd ogni modo, nella determinazione dell'assegno, si dovrà tenere conto del valore economico della casa assegnata.

In tal senso è orientata la giurisprudenza maggioritaria e comunque così dispone in maniera piuttosto chiara la legge.

Quanto all'assegno di separazione la legge, la prima parte del primo comma dell'art. 337-sexies c.c., dispone infatti che Il godimento della casa familiare è attribuito tenendo prioritariamente conto dell'interesse dei figli.

Dell'assegnazione il giudice tiene conto nella regolazione dei rapporti economici tra i genitori, considerato l'eventuale titolo di proprietà
.

Quanto invece all'assegno divorzile, il co.6, dell'art.6, della L. n. 898/1970 sul divorzio stabilisce che L'abitazione nella casa familiare spetta di preferenza al genitore cui vengono affidati i figli o con il quale i figli convivono oltre la maggiore età.

In ogni caso, ai fini dell'assegnazione il giudice dovrà valutare le condizioni economiche dei coniugi e le ragioni della decisione e favorire il coniuge più debole.


Tra le sentenze di merito si segnala ad esempio la n. 525/2011 della Corte d'Appello di Perugia, in cui, pur confermandosi che l'assegnazione della casa è data solo nell'interesse della prole, cionondimeno si stabilisce che il valore della detta casa debba essere decurtato dll'importo dell'assegno.

Il valore economico della casa può, secondo alcune decisioni, essere quantificato sulla base del canone di locazione determinato dalla legge sull'equo canone (v. ad es. Corte d'App. di Perugia, n. 525/2011 e Cass. n. 4203/2006).

Anche se poi, secondo alcune decisioni, in caso di revoca dell'assegnazione della casa familiare, l'aumento dell'importo dell'assegno non deve invece necessariamente corrispondere al detto canone, potendo il coniuge o l'ex coniuge trovare un alloggio meno costoso di quella che è stata la casa familiare, ma ugualmente dignitoso (v. ad es. Cass. n. 15272/2015).


Valore della casa familiare e giurisprudenza


Quanto alla giurisprudenza, l'orientamento è nel senso che il godimento della casa familiare costituisca un valore economico (corrispondente - di regola - al canone ricavabile dalla locazione dell'immobile) e che di tale valore il Giudice debba tener conto ai fini della determinazione dell'assegno dovuto all'altro coniuge per il proprio mantenimento o per quello dei figli (tra tante Cass. n. 4203/2006 e ord. Cass. 25420/2015).

Si segnala anche la recente sentenza n. 15272/2015, con cui in un caso di perdita dell'assegnazione della casa familiare per raggiunta autosufficienza del figlio, alla moglie, in quanto coniuge economicamente più debole, viene riconosciuto un aumento dell'assegno previsto in precedenza.


Abitazione de facto


Si segnala, per la particolarità, una recente decisione dal contenuto decisamente diverso: in un caso particolare relativo all'abitazione della casa familiare definito de facto, cioè non in base a diritto, ma di fatto, il valore della casa in sede di determinazione dell'assegno di divorzio non è stato considerato.

Nella decisione si deroga esplictamente al principio secondo cui In sede di divorzio, ai fini della determinazione dell'assegno divorzile, occorre tenere conto dell'intera consistenza patrimoniale di ciascuno dei coniugi e, conseguentemente, ricomprendere qualsiasi utilità suscettibile di valutazione economica, compreso l'uso di una casa di abitazione, valutabile in misura pari al risparmio di spesa che occorrerebbe sostenere per godere dell'immobile a titolo di locazione.

Tale decisione, con la quale si conferma la sentenza di grado di appello, si basa sulla circostanza che nel caso di specie l'immobile è occupato de facto e, pertanto, la valutazione di una tale utilità fuoriesce dall'ambito valutativo proprio dei valori legalmente posseduti da ciascuno dei coniugi, rimanendo la difficoltà di liberazione dell'immobile da parte del suo proprietario una dato di fatto estraneo alla ponderazione delle rispettive posizioni patrimoniali e reddituali (v. ord. Cass. n. 223/2016).

Nella stessa ordinanza, si afferma altresì che l'occupazione di fatto di un immobile, stante la sua provvisorietà e la sua eliminabilità tramite gli ordinari strumenti giuridici volti a recuperarne il possesso o la detenzione, non può essere considerata ai fini della determinazione dell'assegno divorzile.

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Assegno e valore dell'immobile attribuito al coniuge
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