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La casa, elemento essenziale del rapporto matrimoniale, può divenire uno dei principali elementi di contrasto in caso di separazione e divorzio.
In particolare, ci occupiamo qui di uno dei tanti aspetti, quello relativo al mancato rilascio dell'immobile da parte di uno dei due, quando l'abitazione è stata assegnata all'altro dal giudice della separazione, ed all'azione di rilascio che l'assegnatario dell'immobile potrà esperire.
Tutti noi possiamo immaginare facilmente, se addirittura non l'abbiamo vissuto direttamente, quanto penoso può essere tutto ciò per persone che si sono dette un tempo di amarsi; che hanno vissuto in quella casa, felicemente o no, una parte della loro vita; consideriamo, poi, accanto all'idea del fallimento per il progetto naufragato, del dolore della separazione dagli affetti, si aggiunge la separazione dall'immobile, a suon di atti giudiziari.
Certamente meglio evitare di arrivare a tutto ciò; ma se così non è, quando non bastano le buone, la legge offre a colui che è beneficiario dell'ordine del giudice, tra vari strumenti, anche quello di far uscire di casa l'altro con le cattive.
Sarà dunque possibile sfrattare l'ex coniuge: abbiamo infatti un'occupazione senza titolo giustificativo e una lesione di un altrui diritto ad occupare il detto immobile; conseguentemente, abbiamo l'esperibilità dell'azione di sfratto.
Le norme che prevedono la possibilità che nella separazione e nel divorzio sia assegnata la casa familiare ad uno dei due coniugi (a prescindere dal titolo di proprietà o altro diritto reale sul bene) sono contenute nell'art. 337-sexies c.c. e nell'art. 6, co. 6, L. n 898/1970 (legge sul divorzio).
La casa familiare è la casa dove la famiglia ha vissuto; il luogo che ha rappresentato sia materialmente che moralmente la sede dove il nucleo familiare ha potuto costituirsi e svilupparsi, durante e dopo il matrimonio; dopo, appunto con l'assegnazione dell'abitazione, normalmente al coniuge assegnatario della prole (minorenne, o se maggiorenne non autosufficiente).
Sin dal procedimento di separazione, infatti, la casa coniugale può essere assegnata ad uno dei due coniugi.
Di per sé l'assegnazione della casa familiare non è affatto un provvedimento essenziale: esso viene anzi solitamente emesso alla presenza di figli (soprattutto se minori); l'assegnazione della casa ad uno dei due in assenza di figli non è affatto esclusa, ma è avversata dall'orientamento maggioritario, secondo il quale l'abitazione non può sostituire, nemmeno in parte, l'assegno di mantenimento; dunque, non può essere utilizzata per soddisfare le esigenze economiche della parte economicamente più debole.
Tale assegnazione costituisce titolo esecutivo per il rilascio dell'immobile, nel caso in cui l'altro coniuge si ostini ad occuparlo.
Conseguentemente, il coniuge assegnatario potrà procedere con l'azione di rilascio.
L'assegnazione dell'immobile costituisce titolo esecutivo sin dai primi provvedimenti giudiziali, quelli cioè emessi nell'ambito del giudizio di separazione ex art. 708 c.p.c.
L'assegnazione della casa coniugale ad uno dei due può essere infatti disposta fin dai primi provvedimenti emessi nel giudizio di separazione, cioè quelli di cui all'art. 708, co. 3, c.p.c.
Tale norma prevede, per quanto qui interessa, che il presidente del tribunale, anche d'ufficio, sentiti i coniugi ed i difensori, emette i provvedimenti temporanei e urgenti che ritiene opportuni nell'interesse della prole e dei coniugi; tra tali provvedimenti possono rientrare quelli relativi all'assegnazione della casa coniugale.
I provvedimenti emessi ai sensi dell'art. 708, co.3 c.p.c. costituiscono titolo esecutivo per espressa previsione di legge: in particolare, si tratta della norma contenuta nell'art. 189 disp. att. c.p.c.
Cosa significa ciò? Che il provvedimento consente al beneficiario di attivare in casi di necessità un procedimento volto alla estromissione coattiva dall'abitazione.
La stessa giurisprudenza ha varie volte affermato che l'ordinanza che attribuisce il diritto ad uno dei due coniugi di abitare la casa familiare consente in assenza di adempimento spontaneo, l'azione esecutiva (v. (Cass. n. 1367/2012 e Cass. n. 8317/1997).
Tali provvedimenti possono poi essere revocati o confermati o anche emessi per la prima volta dalla sentenza di separazione.
E invero, si è affermato in sostanza che con il provvedimento di assegnazione dell'abitazione, il coniuge non beneficiario del provvedimento non ha più titolo ad occupare l'immobile; e, al contempo, il coniuge beneficiario ha titolo esecutivo per ottenere il rilascio (v. Trib. Milano ord. 1 ottobre 2013).
Naturalmente l'esecutività vale anche per i provvedimenti emessi successivamente a quelli ex art. 708 c.p.c.
Ad es. la sentenza della Corte di Cassazione n. 1367 del 2012 ha statuito che la sentenza che definisce il giudizio di separazione, costituisce titolo esecutivo per il rilascio dell'immobile.
D'altronde, come evidenzia la sentenza citata, se questo vale già per un provvedimento emesso in via sommaria, cioè quello, già menzionato, di cui all'art.708 c.p.c., a maggior ragione deve valere per quello emesso successivamente, dopo l'esperimento completo del giudizio di cognizione.
Il provvedimento di assegnazione potrà inoltre esser emesso nella sentenza di divorzio.
Anche nel caso in cui sia emesso dalla sentenza di divorzio, il provvedimento di assegnazione della casa familiare può costituire un titolo esecutivo.
Ma, cosa intendiamo per titolo esecutivo? In sostanza, in pratica, si tratta della possibilità, concessa dalla legge al beneficiario di un determinato provvedimento, di fare valere in via esecutiva quanto ivi stabilito, ove colui che è tenuto all'adempimento non lo faccia spontaneamente.
L'esecutività dev'essere prevista espressamente dalla legge; se ne occupa in via generale l'art. 474 c.p.c., secondo cui, per quanto interessa, sono titoli esecutivi le sentenze e i provvedimenti e gli altri atti a cui la legge attribuisce espressamente efficacia esecutiva.
Quello che volgarmente è detto sfratto è, in sostanza, nel caso di specie l'azione volta ad ottenere il rilascio dell'immobile in caso di occupazione senza titolo tramite l'intervento del giudice e con procedure volte ad eseguire, in via coattiva appunto, quanto statuito nel titolo esecutivo.
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