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L'amministratore, i suoi rapporti con il condominio e i requisiti per assumere l'incarico sono stati tra gli argomenti sui quali la riforma è intervenuta con maggiore incisività.
In ogni condominio con più di otto partecipanti si deve nominare un amministratore (art. 1129 c.c.).
Si tratta di un soggetto cui la legge demanda una serie di compiti che possono essere così riassunti: l'amministratore è un mandatario del condominio che opera con il fine della gestione e conservazione della parti comuni nell'interesse dei condomini.
Ad oggi si contano circa 40.000 amministratori professionisti, ossia persone che esercitano in modo organizzato e continuativo l'attività di amministrazione condominiale.
È un mercato con forti margini di crescita se si pensa che solo 1/3 del patrimonio immobiliare condominiale è amministrato da professionisti, mentre i restanti 2/3 degli immobili sono gestiti dai c.d. amministratori interni, cioè coloro che vivendo in condominio si interessano della gestione dell'edificio, molto spesso a turnazione, e quasi sempre a puro titolo di cortesia (fonte rapporto CENSIS-ANACI del marzo 2006).
Vediamo più nel dettaglio i requisiti richiesti per svolgere l'attività di amministratore di condominio, le modalità di nomina, revoca e conferma e le sue principali funzioni.
Per essere nominato amministratore, salvo diverse disposizioni del regolamento di condominio, è necessario possedere i requisiti di cui all'art. 71-bis disp. att. c.c.
In poche parole, l'amministratore non deve avere riportato particolari condanne penali, non deve essere protestato e, se non si tratta di amministratore interno, deve aver seguito un corso di formazione iniziale, nonché seguire dei corsi di formazione periodica.
La riforma ha chiarito, sulla scorta dell'orientamento espresso dalla Cassazione, che anche le società di capitali possono assumere l'incarico di amministratori condominiali (cfr. art. 71-bis disp. att. c.c.).
Sebbene fosse da più parti ritenuta auspicabile una regolamentazione minima del settore che introducesse degli standard qualitativi a garanzia della serietà e correttezza dell'attività svolta, la regolamentazione appena sintetizzata non ha convinto appieno.
Si è detto all'inizio che quando i condomini (ossia i proprietari delle unità immobiliari) sono più di nove, l'assemblea deve provvedere alla nomina di un amministratore; per tale atto (così come per molte altre decisioni dell'assemblea di condominio) è necessaria una doppia maggioranza.
A norma dell'art. 1136 c.c., la deliberazione di nomina sarà valida se adottata dalla maggioranza degli intervenuti all'assemblea che rappresentino almeno 500 millesimi. Tale quorum deve essere raggiunto sia in prima che in seconda convocazione.
Se l'assemblea non riesce a nominare l'amministratore, ogni condomino potrà agire giudizialmente per ottenere dal Tribunale competente (ossia quello del luogo in cui è situato l'immobile) la nomina dell'amministratore. Si tratta della c.d. nomina giudiziaria che è subordinata al tentativo, andato a vuoto di nomina da parte dell'assemblea.
Tanto quando si perviene alla nomina per via assembleare, tanto quando si ricorre all'Autorità Giudiziaria, è incontestato che la delibera (assembleare) o il decreto (giudiziale) di nomina fanno sì che tra condominio ed amministratore si instauri un rapporto giuridico; esso va ricondotto nell'ambito del contratto di mandato (cfr. art. 1129 c.c. e in giurisprudenza su tutte si veda Cass. SS.UU 8 aprile 2008 n. 9148).
Tale mandato si presume oneroso ed il compenso dev'essere analiticamente indicato dall'amministratore all'atto dell'accettazione della nomina.
Così salvo diversa deliberazione assembleare l'amministratore che accetta l'incarico avrà diritto ad essere retribuito.
La misura del compenso sarà decisa sulla base dell'accordo delle parti; in mancanza secondo gli usi o dal giudice.
Una volta nominato, l'amministratore dura in carica un anno e, salvo revoca, l'incarico s'intende rinnovato per un periodo di eguale durata (cfr. art. 1129 c.c.): nel corso di questo periodo di tempo egli deve porre in essere tutti quegli atti utili ad adempiere al proprio compito.
La norma di riferimento relativamente alle attribuzioni dell'amministratore è rappresentata dall'art. 1130 c.c.
A mente di tale disposizione l'amministratore, tra le varie cose deve:
a) eseguire le deliberazioni dell'assemblea dei condomini e curare l'osservanza del regolamento di condominio;
b) disciplinare l'uso delle cose comuni e la prestazione dei servizi nell'interesse comune, in modo che ne sia assicurato il miglior godimento a tutti i condomini;
c) riscuotere i contributi ed erogare le spese occorrenti per la manutenzione ordinaria delle parti comuni dell'edificio e per l'esercizio dei servizi comuni;
d) compiere gli atti conservativi dei diritti inerenti alle parti comuni dell'edificio;
e) tenere il registro di anagrafe condominiale;
f) rendere il conto della sua gestione entro 180 giorni dalla chiusura dell'anno di gestione.
L'elenco appena riportato non è esaustivo.
Si tratta di attività che, come si è detto all'inizio, sono finalizzate alla gestione e conservazione delle parti comuni dell'edificio. Così per l'erogazione delle spese per i servizi comuni se i condomini si renderanno morosi potrà agire in giudizio per il recupero del credito; potrà stipulare contratti di assicurazione al fine di compiere atti conservativi dell'immobile, ecc.
Oltre che all'approvazione dei conti di gestione, l'assemblea ordinaria dovrà provvedere alla conferma o alla revoca e di conseguenza alla nomina di un nuovo amministratore.
Per la revoca dell'amministratore sono richieste le stesse maggioranze previste per la nomina. È dubbio se la conferma debba essere equiparata alla nomina o se costituisca un atto autonomo ed indipendente. Nel primo caso per essere confermato in carica l'amministratore dovrà ottenere i voti della maggioranza degli intervenuti all'assemblea che rappresentino 500 millesimi. Nel secondo caso sarà sufficiente, in seconda convocazione, 1/3 dei millesimi che rappresenti 1/3 del valore dell'edificio.
Qualora non si raggiungano le maggioranze richieste, l'amministratore uscente proseguirà provvisoriamente nel suo incarico; ciò fino alla conferma o nomina del nuovo amministratore. È il c.d. caso della prorogatio imperii che trova fondamento nella presunzione di conformità alla volontà dei condomini e nell'esigenza di dare continuità amministrativa al condominio (sul punto si veda Cass. 23 gennaio 2007 n. 1405).
La revoca assembleare oltre che alla fine del mandato potrà intervenire in qualsiasi momento (art. 1129 c.c.).
A parte che per volontà assembleare la rimozione dell'amministratore può essere decretata dall'Autorità Giudiziaria su ricorso proposto da ogni condomino quando:
a) l'amministratore non abbia presentato il conto della propria gestione;
b) quando vi siano gravi irregolarità nella gestione (l'art. 1129, dodicesimo comma, c.c. ne contiene un'elencazione esemplificativa);
c) qualora a seguito della notificazione di un atto di citazione in giudizio o di un provvedimento amministrativo esorbitanti dalle sue funzioni non ne abbia dato avviso all'Autorità Giudiziaria.
Si tratta delle c.d. ipotesi di revoca giudiziaria, che verrà adottata con decreto dal giudice competente, ossia il Tribunale del luogo in cui è situato l'immobile.
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