|
La revoca dell'amministratore condominiale può essere disposta:
- dall'assemblea, in ogni momento, con il voto favorevole della maggioranza dei condòmini presenti in assemblea che rappresentino almeno la metà del valore millesimale dell'edificio (art. 1129, undicesimo comma, e 1136 c.c.);
- dall'Autorità Giudiziaria su ricorso di ciascun condòmino qualora l'amministratore abbia commesso gravi irregolarità.
Al riguardo, leggendo i provvedimenti giudiziali in materia, si può arrivare alle seguenti conclusioni, ossia, che le gravi irregolarità:
- consistono in tutti quei comportamenti che portino a sospettare una gestione anomala da parte dell'amministratore di condominio ovvero che siano indici di una condotta poco trasparente da parte sua;
- tali irregolarità, comunque, devono consistere in supposizioni che trovino riscontro in elementi e dati oggettivi, insomma in qualcosa che sia documentabile non bastando un dubbio o una mera impressione (si veda al riguardo Trib. Milano 20 giugno 2018 n. 1963).
Esempio: non basta dire che l'amministratore di condominio non sua correttamente il conto corrente condominiale, ma per arrivare ad un provvedimento di revoca è necessario che la stessa contestazione sia provata.
L'art. 1129 c.c. contiene un'elencazione – che la dottrina e la giurisprudenza hanno qualificato come meramente esemplificativa – delle gravi irregolarità che possono portare alla revoca giudiziale dell'amministratore di condominio.
Queste sono:
- omessa comunicazione all'assemblea dei provvedimenti giudiziari o amministrativi esulanti dalle sue attribuzioni;
- omessa rendicontazione della gestione;
- gravi irregolarità fiscali (previo tentativo di revoca assembleare);
- omessa apertura e/o utilizzazione del conto corrente condominiale (previo tentativo di revoca assembleare);
- l'omessa convocazione dell'assemblea per l'approvazione del rendiconto condominiale, il ripetuto rifiuto di convocare l'assemblea per la revoca e per la nomina del nuovo amministratore o negli altri casi previsti dalla legge;
- mancata esecuzione di provvedimenti giudiziari e amministrativi, nonché di deliberazioni dell'assemblea;
- la gestione secondo modalità che possono generare possibilità di confusione tra il patrimonio del condominio e il patrimonio personale dell'amministratore o di altri condomini;
- aver acconsentito, per un credito insoddisfatto, alla cancellazione delle formalità eseguite nei registri immobiliari a tutela dei diritti del condominio;
- nel caso di azione giudiziaria promossa per la riscossione delle somme dovute al condominio, l'aver omesso di curare diligentemente l'azione e la conseguente esecuzione coattiva;
- inottemperanza agli obblighi di cui tenuta dei registri condominiali e di fornire a chi l'ha richiesto attestazione dei pagamenti e delle liti in corso;
- l'omessa, incompleta o inesatta comunicazione dei propri dati e dei dati utili alla consultazione dei registri condominiali, così come previsto dall'art. 1129, secondo comma, c.c.
Questo l'elenco del codice: come si diceva, però, esso non è tassativo, ma aperto. Ciò sta a significare che le gravi irregolarità possono essere individuate anche in comportamenti non tipizzati, ma che siano comunque in grado di accendere un faro su una gestione poco trasparente o addirittura dannosa per il condominio.
Se l'amministratore di condominio non presenta il rendiconto di gestione entro i termini previsti dalla legge (180 gg, così come previsto dell'art. 1130 n. 10 c.c.), ovvero se non esegue le deliberazioni assembleari, oppure ancora se non s'interessa in modo costante e tempestivo della situazione contabile e dei versamenti dei condòmini, allora la revoca, dimostrato la ricorrenza della grave irregolarità, dovrà decretata automaticamente dall'Autorità Giudiziaria, ovvero questa ha un margine di discrezionalità nella valutazione del caso concreto?
La formulazione letterale della norma che disciplina la revoca giudiziale, sembrerebbe portare a concludere per la seconda ipotesi. L'art. 1129, undicesimo comma, c.c., specifica che a fronte del ricorso per revoca questa può essere disposta del giudice adito.
Può, ossia un potere che si estrinseca nella valutazione della situazione concreta che ha portato alla domanda giudiziale, non un obbligo di rimozione dell'amministratore all'avversarsi di una condizione posta dalla legge.
Non tutti sono d'accordo con questa conclusione, almeno non lo sono quei giudici secondo i quali lo sforamento del termine di presentazione del rendiconto, comporta la commissione di una grave irregolarità in re ipsa, ossia esistente per il solo mancato rispetto del suddetto termine, cui deve conseguire la decretazione della revoca. Chi scrive si domanda: davvero basta presentare il rendiconto il cento ottantunesimo giorno, anziché il centottantesimo per revoca l'amministratore?
Come stabilisce l'art. 1129, tredicesimo comma, c.c. l'amministratore di condominio revocato dall'Autorità Giudiziaria non può essere nominato dall'assemblea.
La norma, inserita nell'art. 1129 c.c. che è tra quelli assolutamente inderogabili, lascerebbe intendere che:
- l'amministratore revocato dal giudice non può mai più essere nominato dall'assemblea;
- una deliberazione contraria, ossia la nomina dell'amministratore di condominio revocato al giudice, dovrebbe essere considerata nulla, perché contraria ad una disposizione inderogabile di legge.
L'amministratore di condominio che subisse la revoca giudiziale del proprio incarico avrebbe possibilità di reclamare contro quel provvedimento. Così è stabilito dell'art. 64 delle disposizioni di attuazione del codice civile, il quale precisa che avverso il decreto motivato col quale il Tribunale adito dovesse disporre la revoca, l'amministratore ha facoltà di presentare reclamo alla Corte d'appello nel termine di dieci giorni dalla notificazione o dalla comunicazione.
Tale facoltà è riconosciuta anche al condòmino o ai condòmini ricorrenti che abbiano visto il loro ricorso rigettato.
A far data dal 31 ottobre 2021 il ricorso per la revoca dovrà essere presentato al Giudice di pace, mentre il reclamo al Tribunale.
|
||