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È sotto i nostri occhi: uno dei settori che patiscono la crisi in cui viviamo è quello della compravendita dei beni immobili.
In particolare, a creare problemi vi sono, oltre alle incertezze del futuro, l'assenza di liquidità.
D'altro canto, anche chi ha un lavoro, e dunque può sostenere il pagamento della rata, spesso non ha potuto mettere da parte l'acconto necessario per ottenere un mutuo (raramente i mutui sono per il 100% e comunque a quel punto sono meno convenienti) oppure quell'acconto lo ha, ma preferisce conservarlo per fare fronte alle incognite del futuro, come perdita del lavoro, nascita di figli, etc.
Viceversa, può esserci chi può pagare l'acconto ma non ha i requisiti per ottenere il mutuo, oppure chi si aspetta di avere in futuro una disponibilità che nel presente non ha (ad es. deve vendere a sua volta una casa).
La legge cerca quindi di promuovere strumenti che consentano la vendita di beni immobili nonostante le circostanze che viviamo.
Tra tali strumenti vi è anche l'affitto con riscatto, detto anche locazione con riscatto, o anche come rent to buy, oggi regolamentato dall'art. 23 del D.L. n. 133/2014, noto come D.L. Sblocca Italia.
L'istituto di cui al D.L. n. 133 consiste sostanzialmente nella locazione con la possibilità riconosciuta al conduttore, un giorno, di acquistare.
Tale figura contrattuale ha oggi con il D.L. n. 133 una regolamentazione, a tratti macchinosa, che, come vedremo, ha dei vantaggi, ma anche degli svantaggi.
Ma andiamo innanzitutto a conoscere le norme di cui al D.L. n. 133/2014, rinviando, come sempre, alla lettura integrale dei testi di legge e consigliano più che mai di rivolgersi a consulenti esperti della materia per la soluzione di casi concreti.
Peraltro, premettiamo che la materia è talmente complessa che non può essere esaurientemente trattata in questa sede.
L'art. 23 disciplina dunque l'affitto con riscatto fornendoci innanzitutto una definizione dell'istituto nel titolo; titolo che riguarda i contratti di godimento in funzione della successiva alienazione di immobili; nel testo, detti contratti ci vengono descritti come quelli, diversi dalla locazione finanziaria, che prevedono l'immediata concessione del godimento di un immobile, con diritto per il conduttore di acquistarlo entro un termine determinato imputando al corrispettivo del trasferimento la parte di canone indicata nel contratto (v. art. 23, co.1, D.L. n. 133/2014).
Dunque, abbiamo l'immediato utilizzo dell'immobile abbinato alla possibilità riconosciuta al conduttore di acquistarlo entro un certo periodo di tempo; in funzione di tale possibilità è modulato il canone mensile, il quale sarà (verosimilmente più alto e) parzialmente imputato al corrispettivo del trasferimento.
Dunque, l'intera struttura contrattuale è condizionata dalla possibilità di acquisto sin dall'inizio.
Possibilità che resta tale, cioè il conduttore comunque resta libero di decidere.
Nel momento in cui egli non esercita il diritto di acquisto, parte del canone pagato, già stabilita dall'inizio nel contratto, gli sarà restituita (v. art. 23, co.1-bis, D.L. n. 133/2014).
Dalla lettera della norma si evince che le parti possono stabilire a contratto quale parte (dunque non tutta) della somma data per l'acquisto debba in tal caso essere restituita.
Al fine di garantire i diritti del concedente è prevista la risoluzione del contratto nel caso mancato pagamento, anche non consecutivo, di un numero di canoni; però, il livello minimo di inadempimento al di sotto del quale il contratto non può prevedere la risoluzione è quantificato in percentuale.
Il D.L. n. 133 cioè, lascia alle parti la totale discrezione quanto al numero dei canoni che non devono essere stati pagati perché vi sia risoluzione e indica invece una percentuale, cioè un livello minimo, corrispondente al ventesimo del numero complessivo dei canoni, al di sotto del quale il contratto non può prevedere la risoluzione (v. art. 23, co.2, D.L. n. 133/2014).
Dunque, anche qui, come nella locazione, vi è la risoluzione del contratto per morosità, che però opera in maniera diversa, perché si tiene conto di un'ipotesi di compravendita.
Il contratto è trascritto nei registri immobiliari ai sensi dell'art. 2645-bis c.c.; tale trascrizione ha anche gli stessi effetti di quella di cui all'art. 2643, co.1, n. 8, c.c. (v. art. 23, co.1, D.L. n. 133/2014).
Cosa significa ciò?
Gli atti indicati riguardanti beni immobili (precisamente, quelli indicati dagli artt. 2643 e ss. c.c.) vanno trascritti; tale operazione garantisce certezza nei rapporti, dà cioè la possibilità di evitare di effettuare operazioni errate: ad es. di stipulare con chi si presenta, ma non è, proprietario dell'immobile o di acquistare beni pignorati; la trascrizione dà anche ordine in caso di vendite successive dello stesso bene da parte della stessa persona: in soldoni, prevale verso i terzi chi trascrive prima.
L'art. 2645-bis in particolare regolamenta – per quanto qui interessa in primis -, la trascrizione dei contratti preliminari di acquisto di beni immobili: essi vanno trascritti se risultano da scrittura privata con sottoscrizione autenticata o accertata giudizialmente, oppure da atto pubblico (v. art. 2645-bis, co.1 c.c.).
In tal caso, la trascrizione del definitivo (o di altro atto che esegua il preliminare oppure della sentenza che accoglie la domanda diretta ad ottenere l'esecuzione in forma specifica dei contratti preliminari) prevale sulle trascrizioni ed iscrizioni eseguite contro il promittente alienante dopo la trascrizione del contratto preliminare (v. art. 2645-bis, co.2 c.c.).
L'esecuzione in forma specifica è disciplinata dall'art. 2932 c.c. e si ottiene mediante una sentenza che produce gli effetti del contratto non concluso (v. art. 2932 c.c.).
Gli effetti della trascrizione si hanno però solo se entro un anno dalla data pattuita per la conclusione del definitivo o entro entro 3 anni dalla trascrizione del preliminare vi è la trascrizione del contratto definitivo o di altro atto che costituisca comunque esecuzione del contratto preliminare o della domanda giudiziale diretta a ottenere l'esecuzione in forma specifica dell'obbligo di contrarre; altrimenti si hanno per mai avuti ((v. art. 2645-bis, co.3).
Nel caso dell'affitto con riscatto, il co.3 dell'art. 23, D.L. n. 133/2014 estende il termine triennale di cui all'art. 2645-bis c.c. a tutta la durata del contratto e comunque ad un periodo non superiore a dieci anni.
Possono essere trascritti anche i contratti preliminari riguardanti porzioni di edifici da costruire o in corso di costruzione (v. art. 2645-bis, co.4, 5 e 6, c.c.).
Gli effetti dell'art. 2643, co.1, n. 8 c.c. riguardano la trascrizione dei contratti di locazione di durata superiore ai nove anni.
Secondo una guida stilata dal Consiglio Nazionale del Notariato insieme con alcune associazioni di consumatori La trascrizione del rent to buy produce, secondo la legge, un duplice effetto, in relazione alle due fasi nelle quali si articola:
• un effetto di opponibilità ai terzi, con riguardo alla concessione dell'utilizzo;
• un effetto prenotativo simile a quello che si produce con la trascrizione di un contratto preliminare con riguardo all'obbligo del concedente di trasferire la proprietà del bene in caso di esercizio del diritto di acquisto da parte del conduttore.
Inoltre, il citato art. 23, D.L. n. 133/2014, richiama espressamente l'applicazione di alcune norme del codice civile e cioè quelle: sulla cancellazione della trascrizione dei contratti preliminari (v. art. 2668, co.4 c.c.); sul credito per la mancata esecuzione dei preliminari trascritti (v. art. 2775-bis c.c.); e sull'ipoteca del bene oggetto del preliminare (v. art. 2825-bis c.c.) nonché degli artt. da 1002 a 1007 regolanti alcuni aspetti dell'usufrutto e cioè: l'inventario e la garanzia, la mancanza o insufficienza della garanzia, le spese a carico dell'usufruttuario, le riparazioni straordinarie, il rifiuto del proprietario alle riparazioni e la rovina parziale dell'edificio accessorio; degli artt. 1012 e 1013c.c., ancora regolanti aspetti dell'usufrutto e cioè le usurpazioni durante l'usufrutto e le azioni relative alle servitù e le spese per le liti; in quanto compatibili.
In caso di inadempimento è possibile chiedere l'esecuzione del contratto mediante domanda giudiziale ai sensi dell'art. 2932 c.c. (v. art. 23, co.3, D.L. n. 133/2014).
Il D.L. n. 133 estende poi agli immobili interessati dall'affitto con riscatto, se sono abitazioni, il divieto di cui all'art. 8 del D. Lgs. n.122/2005 e specifica che esso opera fin dalla concessione del godimento (v. art. 23, co.4, D.L. n. 133/2014).
Il Decreto n. 122 contiene Disposizioni per la tutela dei diritti patrimoniali degli acquirenti di immobili da costruire.. e all'art. 8 prevede che Il notaio non può procedere alla stipula dell'atto di compravendita se, anteriormente o contestualmente alla stipula, non si sia proceduto alla suddivisione del finanziamento in quote o al perfezionamento di un titolo per la cancellazione o frazionamento dell'ipoteca a garanzia o del pignoramento gravante sull'immobile.
Se il contratto si risolve per inadempimento del concedente, questi deve restituire la parte dei canoni imputata al corrispettivo per il trasferimento, con gli interessi legali; se invece la risoluzione avviene per inadempimento del conduttore, questi deve restituire l'immobile e i canoni pagati rimangono al concedente a titolo di indennità (se non viene diversamente pattuito a contratto) (v. art. 23, co.5, D.L. n. 133/2014).
Se il concedente fallisce il contratto prosegue, fatta salva la norma che prevede che non sono revocati (con revocatoria fallimentare) le vendite ed i preliminari di vendita trascritti ai sensi dell'articolo 2645-bis del codice civile, i cui effetti non siano cessati ai sensi del comma terzo della suddetta disposizione, conclusi a giusto prezzo ed aventi ad oggetto immobili ad uso abitativo, destinati a costituire l'abitazione principale dell'acquirente o di suoi parenti e affini entro il terzo grado, ovvero immobili ad uso non abitativo destinati a costituire la sede principale dell'attività d'impresa dell'acquirente, purché alla data di dichiarazione di fallimento tale attività sia effettivamente esercitata ovvero siano stati compiuti investimenti per darvi inizio (v. art. 67, co.3, lett. c., R.D. n. 267/1942).
Se invece fallisce il conduttore si applicano le norme sui rapporti pendenti di cui all'art. 72, R.D. n. 267/1942 - alla cui lettura si rinvia – che sostanzialmente prevede che è il curatore a decidere (con l'autorizzazione del comitato dei creditori) se proseguire oppure no nel rapporto.
Se il curatore fallimentare sceglierà di sciogliersi dal contratto, si applicheranno le norme sulla risoluzione di cui al citato co. 5, art. 23, D.L. n. 133/2014 (v. art. 23, co.6, D.L. n. 133/2014).
Sul contratto di affitto con riscatto è poi stata emessa la Circolare dell'Agenzia delle Entrate n.4/E del 19 febbraio 2015, intitolata Regime fiscale applicabile, ai fini delle imposte dirette e delle imposte indirette, ai contratti di godimento in funzione della successiva alienazione di immobili - Articolo 23 del D.L. 12 settembre 2014, n. 133.
Insomma, l'affitto con riscatto sembra offrire una soluzione a chi non ha l'acconto per accedere al mutuo; per un certo periodo di tempo, quello in cui il rapporto si svolgerà come una locazione alle norme indicate, l'affitto sostiturà il mutuo.
Certo, il canone comprenderà sia la voce della locazione sia una parte di corrispettivo dato a titolo di acquisto.
Al termine di tale periodo, il conduttore o acquista o se ne va.
A quel punto, se vuole acquistare, avrà comunque bisogno di richiedere il mutuo, anche se di importo inferiore a quello iniziale, a meno che non abbia una liquidità che prima non aveva; è poi da vedere se nel frattempo ha potuto mettere da parte qualcosa da versare a titolo di acconto del mutuo, cosa difficile, dovendo pagare nei mesi un canone alto (comprensivo sia dell'affitto che dell'acquisto).
I vantaggi del contratto di locazione con riscatto sono evidenti: l'aspirante acquirente usa ma non compra subito, e intanto comincia a pagare l'importo per l'acquisto; l'aspirante venditore comincia subito a mettere a reddito il bene di sua proprietà, che di questi tempi non è così facile da vendere.
Quali sono invece i rischi che si corrono con l'affitto con riscatto?
Qui ne indicheremo alcuni.
Per il proprietario vi è innanzitutto lo svantaggio di non poter vendere subito, ottenendo dunque la somma complessiva, ma solo un pagamento periodico.
Se quindi ha bisogno di liquidità non è questa la soluzione.
Se per un verso l'inquilino dovrebbe avere una particolare cura dell'immobile, visto che un giorno potrebbe essere suo, per un altro verso vi è il rischio di ogni locazione, cioè che l'inquilino dopo un po' diventi inadempiente; a quel punto il concedente dovrà ricorrere al giudice.
Per il conduttore lo svantaggio è di pagare un canone più alto della media, pagando sia l'affitto che l'acquisto e di dovere comunque alla fine pagare una maxi rata, se vuole comprare. Certo, se decide di non comprare può riavere indietro quanto stabilito a contratto.
Ma nel complesso la procedura appare un po' macchinosa e comunque la legge prevede che per contratto le parti stabiliscano che il conduttore possa riavere indietro una parte di quanto dato come corrispettivo del trasferimento (e non tutto) (v. art. 23, co.1-bis, D.L. n. 133/2014).
Il contratto di affitto con riscatto poi può, ma non deve, essere redatto da un notaio e può, ma non deve, essere trascritto: l'assenza di tali elementi rende però più rischiosa l'intera operazione.
Il contratto non è assistito dalla tutela in materia di acquisto di immobili da costruire, come ad es. l'obbligo di garanzia fideiussoria da parte del costruttore (v. art. 2, D.Lgs. n. 122/2005).
Alla luce di quanto detto, sicuramente è preferibile farsi due conti, considerare di avvalersi di tale formula contrattuale potenzialmente utile se al momento non si può comprare, ma in futuro ci si aspetta di sì, dal momento che l'operazione è più costosa di un semplice contratto di locazione; e comunque si consiglia di rivolgersi a consulenti esperti, affidarsi ad un notaio sin dall'inizio e chiedere la trascrizione del contratto, sin dall'inizio.
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