L'esercizio arbitrario delle proprie ragioni con violenza sulle cose, allorquando tale condotta sia tenuta per evitare che l'abuso di altri condomini renda inutilizzabile il bene comune.
Abuso di condomini che rendono inutilizzabile il bene comune
La Suprema Corte di Cassazione ha reso un'interessante sentenza, la n. 2548 del 21 gennaio 2010, in materia di uso della cosa comune e reati ad esso connessi.
Si tratta, in particolare, di un caso relativo all'esercizio arbitrario delle proprie ragioni con violenza sulle cose, fattispecie di reato prevista e punita dall'art. 393 del codice penale (d'ora in poi anche c.p.), allorquando tale condotta sia tenuta per evitare che l'abuso di altri condomini renda, di fatto, inutilizzabile il bene comune.
Che vuol dire esercizio arbitrario delle proprie ragioni?
L'art. 392 c.p. recita:
Chiunque, al fine di esercitare un preteso diritto, potendo ricorrere al giudice, si fa arbitrariamente ragione da sé medesimo, mediante violenza sulle cose, è punito a querela della persona offesa, con la multa fino a euro 516.
Si tratta, quindi, di un reato comune in quanto la norma usa il termine chiunque, per l'appunto, a voler indicare qualunque persona.
Questo tipo di reato si differenzia da quello così detto proprio perché quest'ultimo può essere commesso solamente da chi riveste una certa qualifica (si pensi al reato di concussione che può essere commesso solamente da un pubblico ufficiale).
La condotta punibile, semplificando al massimo, si sostanzia nel famoso detto farsi giustizia da sé.
In pratica una persona è punibile se ritenendo che sia stato leso un suo diritto al posto di rivolgersi all'Autorità Giudiziaria per ottenere giustizia lo fa da sé usando violenza sulle cose.
Per perseguire questo illecito è necessario che la persona offesa (ossia colui contro il quale il reato è stato commesso) sporga querela all'Autorità Giudiziaria.
La querela deve essere presentata nel termine di 3 mesi che decorrono dal giorno in cui si è avuto notizia del reato (c.d. notizia criminis).
Nel caso sotteso alla sentenza n. 2548, un condomino era stato accusato di aver reciso delle catene e rimosso dei paletti posti, da alcuni suoi vicini, nell'area comune destinata a parcheggio in prossimità della zona di loro pertinenza.
Questa recinzione, a dire di chi l'aveva installata era necessaria per evitare che altri utilizzassero il loro posto auto.
Il condomino accusato del reato, invece, sosteneva che la condotta dei suoi vicini rappresentava un uso illegittimo della cosa comune e quindi di una violazione dell'art. 1102 c.c.
Più nello specifico giustificava il proprio comportamento asserendo che la sua azione in autotutela era necessaria per evitare che la recinzione, rendesse di fatto inutilizzabile l'ingresso all'autorimessa dall'androne comune.
La Corte di Cassazione, nel dare ragione al condomino e quindi mandandolo esente da responsabilità penale, ha affermato che il requisito dell'arbitrarietà della condotta che determina la punibilità [-] non può considerarsi presunto per effetto della sola astratta potenziale ricorribilità al giudice da parte del soggetto che si ritenga vittima dell'altrui indebito contegno lesivo di un suo diritto, ma deve essere apprezzato in concreto dal giudice di merito (così Cass. 21 gennaio 2010 n. 2548).
In sostanza, non si incorre nel delitto di esercizio arbitrario delle proprie ragioni mediante violenza sulle cose (art. 392 c.p.) se il giudice di merito (cioè in primo in o secondo grado) accerta che il ricorso alla magistratura contrastava con quel requisito dell'urgenza di evitare l'abuso della cosa comune da parte di un altro condomino.
Inutile sottolineare che la delicatezza della materia consiglia sempre di agire prudentemente, senza lasciarsi andare a facili soluzioni che potrebbero comunque ritorcersi contro chi le compie.