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L'espressione abitazione signorile si confonde spesso con un altro, quello di abitazione di lusso; entrambe le espressioni ricorrono nella normativa fiscale, ma non si tratta di sinonimi, come vedremo.
È quindi importante conoscere bene i termini onde potere correttamente applicare le norme.
Vedremo poi alcune norme fiscali per le quali è importante sapere se il nostro immobile è di tipo signorile.
L'abitazione di tipo signorile è quella ricompresa nella categoria catastale A1, cui appartengono le
Abitazioni di tipo signorile. Unità immobiliari appartenenti a fabbricati ubicati in zone di pregio con caratteristiche costruttive, tecnologiche e di rifiniture di livello superiore a quello dei fabbricati di tipo note esplicative tabella categorie catastali note esplicative tabella categorie catastali
Nelle norme troviamo spesso, come vedremo, la categoria A1 associata alle categorie A8 (Abitazioni in ville) e A9 (Castelli, palazzi eminenti).
Chiariamo che la categoria è cosa diversa dalla classe dell'immobile; le categorie sono
specie essenzialmente differenti per le caratteristiche intrinseche che determinano la destinazione ordinaria e permanente delle unità immobiliari stesse DPR 1142/1949;
mentre, le classi indicano, all'interno della stessa categoria, per ogni comune, i gradi di diversa capacità di reddito.
L'abitazione di lusso è invece descritta dal DM 2 agosto 1969, atto normativo dedicato proprio alle caratteristiche delle abitazioni di lusso.
Senza dilungarci in questa sede, possiamo dire che tra i requisiti che il decreto fornisce per la qualificazione della casa in tal senso, vi sono le dimensioni, la presenza di piscina di un certo tipo o di un campo da tennis, la qualifica dell'area operata sugli strumenti urbanistici, la destinazione dell'area, i costi del terreno etc.
Rimandiamo alla lettura integrale del testo per la conoscenza approfondita di tutte le caratteristiche previste per le abitazioni definite di lusso.
I due concetti di abitazione signorile e casa di lusso non sono nettamente distinti dalla normativa.
La distinzione è dunque importante ai fini della corretta applicazione delle norme, soprattutto in vista delle agevolazioni fiscali o comunque delle esenzioni di legge.
Ricordiamo poi, in generale, che l'attribuzione della categoria incide sulla quantificazione della rendita catastale dell'immobile, la quale a sua volta è determinante per il calcolo di imposte come, ad es. l'IMU.
I due concetti rilevano nell'applicazione delle agevolazioni fiscali per la prima casa.
Come sappiamo, le agevolazioni fiscali per la prima casa consistono nella possibilità di acquistare un immobile che verrà utilizzato come prima casa a condizioni fiscali più favorevoli di quelle ordinarie.
In sostanza, in via ordinaria, per le cessioni non soggette a IVA, l'imposta di registro ammonta al 9%, e l'imposta catastale e ipotecaria in misura fissa a 50 euro cadauna; se la cessione è soggetta a IVA sono dovute, oltre all'IVA, l'imposta di registro fissa di 200 euro, l'imposta ipotecaria fissa di 200 euro, l'imposta catastale fissa di 200 euro.
In ogni caso, l'imposta proporzionale (quella in percentuale, per intenderci) non può essere inferiore a 1000 euro.
Con le agevolazioni prima casa si passa, per le cessioni non soggette a IVA, per l'imposta di registro, dalla percentuale del 9% alla percentuale del 2%.
Per quelle soggette a IVA, l'IVA scende al 4%.
Per ulteriori approfondimenti si rimanda alle sezioni del sito dell'Agenzia delle Entrate appositamente dedicate.
La normativa fiscale prevede le condizioni che devono sussistere e le condizioni che, viceversa, non devono sussistere perché si possa fruire delle agevolazioni fiscali.
Tra queste ultime vi è l'appartenenza dell'immobile alle categorie A1, A8 e A9.
Chiariamoci.
Fino al 31 dicembre 2013 da dette agevolazioni erano escluse solo le abitazioni di lusso; e in realtà tale resta ancora la lattera del DPR che nel prevedere le condizioni delle agevolazioni (art.1, nota II-bis, DPR 131/1986) parla infatti di abitazioni non di lusso
Ma il rispetto della nostra legge non è sempre un'operazione semplice ed ecco perché è decisamente utile chiedere, perlomeno, conferma delle proprie convinzioni agli esperti.
Tornando a noi, se la lettera della norma menziona ancora le abitazioni di lusso, in realtà non è a quelle che dobbiamo pensare, bensì alle categorie A1, A8 e A9.
Con il D.Lgs. 23/2011, a partire dal 1 gennaio 2014, per gli atti soggetti a imposta di registro, sono state escluse, non più le abitazioni di lusso, ma quelle rientranti nelle categorie A1, A8 e A9: precisamente, l'imposta di registro è al 2% (ed è sull'imposta di registro l'agevolazione sostanziale) se, in presenza di tutte le condizioni previste per la prima casa, l'immobile non appartiene alle categorie A1, A8 e A9.
Sul punto è intervenuta l'Agenzia delle Entrate con la circolare 2E del 21 febbraio 2104.
Per quanto riguarda le cessioni soggette a IVA la situazione è invece cambiata nel 2015, con il D.Lgs. 175/2014: per effetto della modifica, oggi, per le cessioni di Beni in categoria A1, A8 e A9 l'IVA è al 22%; per le altre categorie, in assenza di condizioni prima casa è il 10%; in presenza delle dette condizioni, l'IVA è al 4%.
Parliamo ora dell'IMU, l'Imposta Municipale Propria introdotta con il D.Lgs 23/2011.
Ad oggi, per quanto ci interessa, secondo il D.Lgs. 201/2011 (come modificato nel tempo), l'imposta non è dovuta da chi ha il possesso dell'abitazione principale, e sue pertinenze, non appartenente alle categorie A1, A8 e A9.
Il concetto di abitazione principale, fornito dallo stesso Decreto 201, è diverso da quello di prima casa (indicato dal Decreto sull'imposta di registro); dobbiamo infatti intendere per casa principale
l'immobile, iscritto o iscrivibile nel catasto edilizio urbano come unica unità immobiliare, nel quale il possessore e il suo nucleo familiare dimorano abitualmente e risiedono anagraficamente.
Nel caso in cui i componenti del nucleo familiare abbiano stabilito la dimora abituale e la residenza anagrafica in immobili diversi situati nel territorio comunale, le agevolazioni per l'abitazione principale e per le relative pertinenze in relazione al nucleo familiare si applicano per un solo immobile. D.Lgs. 201/2011
Rimandiamo alla lettura della norma, l'art. 23, D.Lgs. 201/2011, per le ulteriori specificazioni.
Con il già citato decreto 23 del 2011 è stata istituita anche la cedolare secca, il noto regime fiscale, alternativo e facoltativo, dei contratti di locazione di immobili ad suo abitativo.
Optando per la cedolare secca si sostituiscono, con un'unica imposta, l'imposta sul reddito delle persone fisiche (IRPEF) e delle relative addizionali, nonché l'imposta di registro e di bollo applicate alla registrazione del contratto, alla risoluzione e alle proroghe dei contratti di affitto.
A tale regime sono ammessi gli immobili a uso abitativo: dunque, sono esclusi solo gli immobili in A10 (uffici e studi privati, perché non destinati ad uso abitativo), mentre tutti gli altri, quelli da A1a A11 sono ammessi, come peraltro ha osservato espressamente l'Agenzia delle Entrate (nella circolare 26 del 2011).
Per ulteriori approfondimenti sulla cedolare secca rimandiamo all'articolo dedicato su Lavorincasa.it e al sito dell'Agenzia delle Entrate.
Un'ulteriore agevolazione fiscale introdotta negli ultimi anni (cioè con il D.L. 133/2014) è quella relativa agli acquisti di immobili residenziali da locare, o come si dice in gergo, da affittare.
In sostanza, l'agevolazione consiste nella deduzione dal reddito complessivo dell'importo pari al 20% del prezzo di acquisto dell'immobile, con il limite complessivo di spesa di 300.000 euro.
Anche in questo caso, se l'immobile è un'abitazione signorile fa la differenza, perché l'agevolazione non è riconosciuta (per quanto a noi qui interessa) agli immobili in categoria A1, A8 e A9.
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