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La revoca dell'amministratore blocca l'azione di recupero del credito?

La revoca dell'amministratore condominiale, a differenza delle ipotesi di scadenza dell'incarico e di dimissioni, blocca l'azione legale di recupero del credito.
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Se l'amministratore condominiale viene revocato prima del conferimento dell'incarico ad un legale per la presentazione di un ricorso per decreto ingiuntivo di pagamento, egli, nelle more del passaggio di consegne, ha il potere di proseguire nell'azione oppure deve arrestarsi?

Recupero creditiLa questione non è di poco conto perché nel caso di mancanza di potere d'agire, il condomino può opporsi eccependo la carenza di legittimazione attiva (ossia la mancanza del potere di stare in giudizio) e quindi vanificare l'azione ingiuntiva.

La risposta fornita, per lunghi anni, dalla giurisprudenza è la seguente: per comprendere se l'amministratore cessato dall'incarico conserva i propri poteri è necessario distinguere tra cessazione naturale dell'incarico o dimissioni e revoca con nuova nomina.

Nel primo caso il mandatario mantiene intatti i propri poteri, nella seconda ipotesi, no.


Rapporto tra amministratore e condominio


L'amministratore del condominio raffigura un ufficio di diritto privato assimilabile al mandato con rappresentanza: con la conseguente applicazione, nei rapporti tra l'amministratore e ciascuno dei condomini, delle disposizioni sul mandato (così, tra le tante, Cass. SS.UU. n. 9148/08).

Così, per lunghi anni, s'è espressa la giurisprudenza; orientamento sostanzialmente accolto dal legislatore con la riforma del condominio (cfr. art. 1129, quindicesimo comma, c.c.).

L'incarico assunto dall'amministratore ha durata annuale e se non revocato s'intende rinnovato per un periodo di uguale durata (cfr. art. 1129, decimo comma, c.c.).

Questa è una delle novità introdotte dalla riforma: si tratta di una forma di conferma tacita che, però, non incide sulla durata annuale dell'incarico.

Ad ogni buon conto, al termine dell'incarico, l'amministratore è da ritenersi cessato dall'incarico ex lege.

In questo contesto nulla cambia rispetto alla legislazione vigente prima dell'entrata in vigore della legge n. 220/2012.

Ciò vuol dire che l'amministratore di condominio, anche se cessato dalla carica (per scadenza del termine di cui all'art. 1129-2 c.c.) o perché dimissionario, continua ad esercitare i suoi poteri, compresa la rappresentanza in giudizio, fino a che non sia validamente sostituito con la nomina (C. nn. 2293-61, 3727-68, 1137-70, 572 e 2214-76) (così, tra le tante, Cass. 21 dicembre 1987 n. 9501).

Si tratta della così detta prorogatio imperii, ossia della prosecuzione ad interim dell'incarico al fine di garantire la continuità gestionale della compagine.


Revoca, prorogatio e decreto ingiuntivo


Recupero crediti condominialiLeggermente differente la situazione nel caso in cui l'amministratore è stato revocato, insomma quel caso in cui non è stato lui a dimettersi o il mandato non è scaduto per lo spirare naturale del termine.

In tal caso, egli perde i propri poteri di rappresentanza del condominio e, di conseguenza, non può agire in nome e per conto della compagine, firmando, ad esempio, la procura alle lite per il deposito di un ricorso per decreto ingiuntivo.

In tal senso, il Tribunale di Roma, in una propria sentenza resa nel 2011, ha specificato che è da escludere che, una volta nominato il nuovo amministratore, a quello dimissionario fosse ancora consentito esercitare i poteri connessi alla carica. Infatti, il noto principio, in base al quale l'amministratore di un condominio, anche dopo la cessazione della carica per scadenza del termine di cui all'art. 1129 cc. o per dimissioni, conserva ad interim i suoi poteri e può continuare ad esercitarli fino a che non sia stato sostituito da altro amministratore, fondandosi su una presunzione di conformità di una siffatta perpetuatio di poteri all'interesse ed alla volontà dei condomini, non trova applicazione quando risulti, viceversa, (come nel caso in esame) una volontà di questi ultimi, espressa con delibera dell'assemblea condominiale, contraria alla conservazione dei poteri di gestione da parte dell'amministratore cessato dall'incarico (Cass. sent. n. 1445/93 ; n. 9501/87) (Trib. 11 febbraio 2011 n. 2959).

Nel caso sottoposto alla sua attenzione il giudice capitolino ha concluso il proprio ragionamento affermando che l'amministratore sostituito non poteva più agire in rappresentanza del condominio per il recupero coattivo delle quote condominiali, essendo venuto meno, con la nomina del nuovo amministratore da parte dell'assemblea dei condomini, il rapporto di mandato che lo legava al condominio; con la conseguenza che egli non era più legittimato ad esercitare i poteri di cui all'art. 1130 c.c.. e, tra l'altro, a riscuotere coattivamente i contributi condominiali (ved. Cass. sent. n. 3588/93) (Trib. 11 febbraio 2011 n. 2959).


Cessazione dall'incarico, revoca e riforma del condominio


La sentenza citata è del 2011: nel frattempo, è notorio, è stata approvata ed è in vigore la riforma del condominio.

Il nuovo art. 1129 c.c. all'ottavo comma recita:

Alla cessazione dell'incarico l'amministratore è tenuto alla consegna di tutta la documentazione in suo possesso afferente al condominio e ai singoli condomini e ad eseguire le attività urgenti al fine di evitare pregiudizi agli interessi comuni senza diritto ad ulteriori compensi.

La revoca rappresenta una delle cause di cessazione dell'incarico; quella di recupero dei crediti può rappresentare un'attività urgente per evitare pregiudizi agli interessi comuni sì dà legittimare l'amministratore cessato dall'incarico ad iniziare un'azione giudiziaria volta a tale scopo?

Ad avviso di chi scrive la risposta è negativa: con la revoca il mandatario perde la legale rappresentanza del condominio a favore di altra persona.

Insomma la riforma, sul punto, non ha cambiato nulla e devono continuare a considerarsi validi i principi espressi, più volte in passato, dalla giurisprudenza.

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