Le tabelle millesimali sono lo strumento indispensabile per la ripartizione delle spese tra tutti i condomini. Che cosa accade se le stesse risultano errate?
Le tabelle millesimali sono lo strumento indispensabile per la ripartizione delle spese tra tutti i condomini.
Che cosa accade in relazione alle suddette spese condominiali se le stesse sono errate?
La questione è stata affrontata, di recente, in una sentenza resa dalla Suprema Corte di Cassazione resa lo scorso 10 marzo (la n. 5690).
Secondo gli ermellini, pur essendo vero che le tabelle millesimali, una volta approvate o revisionate, valgono solamente per le future ripartizione delle spese, ciò non toglie che la compagine possa agire nei confronti del comproprietario che fino ad allora abbia pagato di meno (o non abbia proprio pagato) con un'azione per indebito arricchimento.
Nel testo della pronuncia si legge chiaramente il perché di questa presa di posizione.
In particolare la Corte regolatrice, nel confermare la sentenza di secondo grado oggetto del ricorso per Cassazione, afferma che:
pur essendo possibile una richiesta dì revisione di tabelle, in sede giudiziaria, in mancanza di apposita delibera dell' assemblea dei condomini (per la quale la giurisprudenza prevalente di questa Corte, fino alla decisione delle Sezioni Unite 9 agosto 2010 n. 18477, richiedeva il consenso di tutti i condomini) deve riconoscersi che una modifica delle stesse non avrebbe potuto avere efficacia retroattiva ed anzi avrebbe potuto produrre effetti solo dal momento del passaggio in giudicato della decisione.
Pertanto, nessuna contraddizione è possibile ravvisare nella motivazione della sentenza impugnata nella parte in cui la stessa ha accolto la domanda di arricchimento senza causa, pur dopo aver riconosciuto che una modifica delle tabelle millesimali, in ogni caso, non avrebbe potuto avere efficacia retroattiva.
Secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte, infatti, la sentenza che accoglie la domanda di revisione o modifica dei valori proporzionali di piano nei casi previsti dall' art. 69 disp. att. cod. civ., non ha natura dichiarativa ma costitutiva, avendo la stessa funzione dell'accordo raggiunto all' unanimità dai condomini, con la conseguenza che l'efficacia di tale sentenza, in mancanza di specifica disposizione di legge contraria, inizia a decorrere solo dal passaggio in giudicato (Cass. 8 settembre 1994 n. 7696).
In base a tale considerazioni, non può condividersi la tesi sostenuta dal ricorrente, con il secondo motivo di ricorso, secondo la quale una volta esclusa la retroattività della modifica delle vecchie tabelle, ì giudici di appello avrebbero dovuto rigettare la domanda dì arricchimento senza giusta causa (Cass. 10 marzo 2011 n. 5690).
È utile ricordare che il termine di prescrizione per proporre l'azione d'indebito arricchimento è quello ordinario di 10 anni.
Se da un lato la sentenza ha l'indubbio merito di rendere possibile una sorta di riequilibrio contabile negli esborsi dei condomini per le spese condominiali, dall'altro ridà corpo a quel filone interpretativo che vede nella sentenza di revisione dei millesimi una pronuncia costitutiva e non dichiarativa.
Ciò vorrebbe poter dire, ma solamente il tempo ce lo potrà confermare, che in seno alla Suprema Corte non è ancora unanime quel convincimento che vede nelle tabelle un mero strumento di valutazione del rapporto proporzionale di valore tra unità immobiliare e parti comuni.