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Quando c'è un'agevolazione, c'è sempre qualche furbetto che vuol cercare di approfittarsene.
Dopo un anno intenso e molto proficuo per i bonus edilizi, sono infatti state riscontrate frodi al Superbonus che riguardano principalmente cessioni del credito e sconto in fattura. Con spese oltremodo gonfiate, se non addirittura inesistenti.
Ciò è quanto stato denunciato dall'Agenzia delle Entrate che, in questo modo, ha lanciato l'allarme frodi al Superbonus.
Ernesto Maria Ruffini, direttore dell'Agenzia delle Entrate, ha parlato di crediti richiesti ma inesistenti, prevalentemente indotti proprio da sconti in fattura e passaggi di cessione del credito. Si parla di cifre esorbitanti. Si è infatti ormai superato il miliardo di euro.
Il meccanismo, purtroppo, è ormai rodatissimo. Soltanto a Roma sono state intercettate – e segnalate - fatture per 200 milioni di euro che sono state messe dentro al cassetto fiscale di persone ignare, con l'aiuto di commercialisti complici
Proprio per questo, nelle scorse settimane, il Governo ha messo a punto il c.d. decreto antifrode, così da frenare gli abusi incrociando i dati delle fatture con quelli degli operatori.
Ruffini ha spiegato che, sulle fatture false, sono in corso molte verifiche. In molte parti d'Italia sono state coinvolte molte Procure della Repubblica. Sono in corso indagini penali perché si tratta di vere e proprie frodi e di danno alla collettività.
Si tratta di una situazione inammissibile. Quello dell'evasione è un fenomeno da stroncare sul nascere. Purtroppo, però, nella fattispecie, le cose vengono complicate e rallentate dalle norme sulla privacy.
L'Agenzia delle Entrate, infatti, ha a disposizione tutti i dati della fatturazione elettronica. Tuttavia, non li può utilizzare in modo pieno ai fini dell'analisi del rischio e a fine del contrasto all'evasione. In altre parole, ciò significa che il Fisco non può accedere ai dati contenuti nelle fatture perché non si è ancora trovato un punto di equilibrio tra la privacy del contribuente e il diritto del recupero di risorse pubbliche da parte del contribuente stesso.
Sempre per ragioni di privacy, l'Agenzia delle Entrate non ha un accesso generalizzato ai dati dei conti correnti. Può infatti accedere a dati quali, il saldo iniziale e finale, nonché la giacenza media, soltanto nel caso in cui vi siano profili di rischio o indici di evasione fiscale, ovvero in caso di accertamenti.
Ruffini ha affermato che si sta cercando di risolvere tale problema attraverso l'interlocuzione con il Garante della Privacy.
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